Cinema e lavoro nel 1960

L’inizio degli anni ’60 è anche l’inizio di una nuova stagione per il cinema italiano. La stagione nella quale autori che si erano
affacciati alla settima arte si confermano come grandi a partire da Federico Fellini che, con "La dolce vita", fa un affresco della
borghesia romana e racconta, meglio di certi saggi, un certo periodo della storia del nostro paese. Nello stesso anno sale alla ribalta
Michelangelo Antonioni con ben due suoi film: "L’avventura" e "La notte", film sulla crisi esistenziale e sentimentale che conquistano
il primo una serie di premi compreso il gran premio della giuria a Cannes ed il secondo l’Orso d’oro a Berlino. Roberto Rossellini
nel frattempo gira "Era notte a Roma", film civile sulla resistenza e l’ospitalità del popolo romano ai ricercati dopo l’8 Settembre
1943 mentre Luigi Comencini, sullo stesso periodo storico, gira "Tutti a casa", traversata da nord a sud dell’Italia da parte di un
sottotenente e di alcuni soldati del suo reparto scioltosi per mancanza di ordini. Anche il cinema americano produce alcuni film importanti
come il saggio di Richard Brooks sulla religione degli americani, "Il figlio di Giuda", il manifesto di un nuovo cinema come "Ombre"
di John Cassavetes e un film di culto come "Psyco", di Alfred Hitchcock. Dalla Francia continuano a giungere opere importanti da parte
dei registi della Nouvelle Vague come "Fino all’ultimo respiro", opera prima di Jean Luc Godard, o "Lola" di Jacques Demy. "Locandina"LocandinaIn Europa va segnalata anche la produzione inglese di "Peeping Tom", ovvero "L’occhio che uccide" di
Michael Powell, film-scandalo su voyerismo, erotismo e sadomasochismo. Sul fronte del lavoro e dell’economia si distinguono anzitutto
tre commedie americane: L’appartamento (Billy Wilder),
Ragazzo tutto fare (Jerry Lewis) e
Dalla terrazza (Mark Robson). Il film di Wilder ha come protagonista un impiegato che per fare carriera presta il suo appartamento
ai superiori per le loro avventure extraconiugali; film amarissimo pur nel divertimento della commedia. "Ragazzo tutto fare" è invece
un film pieno di gag su un portiere d’albergo, mentre "Dalla terrazza" è la storia di una carriera nel mondo finanziario, ma anche
il ritratto della corruzione di tale mondo. Dagli Stati Uniti arriva anche "Jack Diamond" gangster di Budd Boetticher sul periodo "sindacale"
della criminalità degli anni ’30. Particolarmente importanti i film inglesi di questo periodo, a partire dall’esordio di Karel Reisz
"Sabato sera, domenica mattina", forse uno delle migliori opere sulla classe operaia inglese. Il figlio di un minatore è il protagonista
di "Figli e amanti", diretto da Jack Cardiff, ed un film sulle organizzazioni anarchiche di inizio secolo è il poco conosciuto "L’assedio di Sidney Street",
girato a quattro mani da Robert S. Baker e Monty Berman. "LocandinaIn Francia Claude Chabrol racconta
la vita di quattro commesse in "Donne facili" ed il grande regista teatrale Peter Brook realizza il non eccelso "Moderato cantabile",
sul rapporto tra un giovane operaio e la moglie di un industriale. Arriva invece dal Belgio il bel film di Paul
Meyer
Già vola il fiore magro su una famiglia di immigrati siciliani
in una regione carbonifera con le miniere vicine alla chiusura. Si tratta di un film sulla memoria collettiva e sulla cultura operaia
vista da un poeta del cinema. "La lettera non spedita" di Michail K. Kalatozov è invece una pellicola russa che prende spunto da una
missiva rivolta alla moglie da parte di un geologo alla ricerca di giacimenti diamantiferi in Siberia. Un film che fa del rapporto
uomo/natura il tema centrale. Anche il Giappone nel corso del 1960 presenta tre pellicole molto interessanti: il resoconto dell’ultimo
decennio di lotte dalla sinistra giapponese fatto da Nagisa Oshima dal titolo "Notte e nebbia del Giappone" (uno dei migliori film
su una generazione di giovani), "I cattivi dormono in pace di Akira Kurosawa" e "L’isola nuda" di Kaneto Shindo. "LocandinaIl film di Kurosawa è
una denuncia della corruzione nell’ambiente finanziario giapponese mentre "L’isola nuda" è il resoconto lirico e drammatico del lavoro
e della vita di una famiglia contadina che vive su un’arida isola e rappresenta una specie di manifesto, dato anche il suo basso costo,
per la produzione indipendente giapponese. Esaurita la panoramica mondiale della rappresentazione del lavoro al cinema, arriviamo alle
opere italiane. Naturalmente è quasi d’obbligo partire dalla saga di Luchino Visconti
Rocco e i suoi fratelli, racconto delle vicende di una famiglia lucana emigrata a Milano.
Un film osteggiato quanto non mai dai politici che però ebbe molto successo nelle sale di provincia e contribuì a far conoscere i drammi
dell’emigrazione interna. L’opera di Visconti ottenne inoltre il maggior premio a Venezia. Oltre al film di Meyer un’altra opera parla
di minatori emigrati in Belgio, anche se per raccontare la storia d’amore di uno di loro con una prostituta: "La ragazza in vetrina",
di Luciano Emmer. Come non registrare poi l’esordio nel lungometraggio di Ermanno Olmi con "Il tempo si è fermato", sulla convivenza
di due guardiani di una diga sull’Adamello! Si tratta di un piccolo film concentrato sulla comunicazione quotidiana nelle giornate
invernali tra i due operai. Un giovane disoccupato con ragazza e neonato a carico alla ricerca di lavoro è il protagonista de "La giornata balorda"
di Mauro Bolognini mentre degli operai sbandati o disoccupati sono al centro de "La legge della tromba" film folle di Augusto Tretti
che fu proiettato nel giro dei cineforum. In chiusura il ricordo di due colleghi d’ufficio particolari: Peppino Colabona e Antonio
Guardialavecchia, alias Peppino De Filippo e Totò nel film "Chi si ferma è perduto". Un film sui disastri che la smania di carriera
crea nei rapporti tra amici di vecchia data. Concludendo, il 1960 è un anno particolarmente ricco nel raccontare storie di lavoro al
cinema. Rispecchia l’evoluzione di una società che, per quanto riguarda l’Italia, vede per la prima volta gli occupati dell’agricoltura
superati numericamente da industria e servizi.