Cinema e lavoro nel 1996

Milano, 8.1.2015
 
Nessun capolavoro in un anno nel quale il box office premia titoli quali A spasso nel tempo di Carlo Vanzina (una commediaccia ampiamente scopiazzata) o il film antipacifista Indipendence day di Roland Emmerich. Uniche pellicole garbate e decenti campioni di incassi saranno Il ciclone di Leonardo Pieraccioni ed Il paziente inglese di Anthony Minghella. Eppure qualche opera significativa, in genere penalizzata dal botteghino, si registra da Briganti, briganti per la regia di Otar Iosseliani a Crash, produzione canadese di David Cronenberg, fino alla presa in giro della imbecillità della violenza messa in mostra in Fargo di Joel e Ethan Coen o da Abel Ferrara in Fratelli. Significative anche opere quali Microcosmos – Il popolo dell’erba dei registi Claude Nuridsany e Marie Perennou (questa con un buon riscontro di pubblico) e Ritratto di signora di Jane Campion.
 
Tra le opere anomale senza dialogo nè musica vale la pena ricordare Voci nel tempo, opera poetica di Franco Piavoli che naturalmente non ha registrato incassi. Tra i film che parlano di lavoro ed economia va segnalato il bel Ci sarà la neve a Natale? del quale tratteremo più avanti.
 
Ed eccoci a parlare di lavoro come viene trattato nelle opere uscite sui nostri schermi nel corso dell’anno. Partendo dagli Stati Uniti si segnala un film drammatico che affronta un lavoro particolare come  Twister di  Jan de Bont. In questo caso si parla della rischiosa professione dei cacciatori di uragani ma anche di ecologia e di destini del pianeta. Da registrare anche  una serie di commedie alle prese con il tempo tiranno per chi ha troppo lavoro (Mi sdoppio in 4 di Harold Ramis con una bella interpretazione di Michael Keaton) o lo stress che lo stesso provoca  tra i manger (Un giorno, per caso di Michael Hoffman) Il tema del rapporto vita/lavoro si riscontra nella riflessione cinematografica in Amori & disastri di David O. Russell anche se qui gioca maggiormente il tema della crisi di identità del protagonista e nel sentimentale Amare è… (Bed of Roses) di Michael Goldenberg.  Un film sulla classe  operaia sbandata è invece il minimalista Mosche da bar  diretto da  Steve Buscemi, esordio non disprezzabile alla regia.
La ragazza di Spitfire Grill di Lee David Zlotoff si rifà invece alla vicenda di una ex carcerata impiegata appunto nel locale.
 
Nient’altro dagli Usa mentre un  film “filosofico” fatto di piccole storie  proviene dal Canada. Si tratta di Cosmos con la regia di Andrè Turpin, Manon Briand, Marie-Julie Dallaire, Jennifer Aleyn ed Arto Paragamian. La città che viene indagata è Montreal sotto l’aspetto del lavoro, delle amicizie e dei problemi come l’Aids. Tra gli episodi anche quello di una ragazza in carriera che si è rifatta il seno.
 
Ed eccoci in Europa, partendo dalla Cecoslovacchia dove Jan Sverak dirige Kolya, film sul rapporto tra un musicista ed un bambino che parlano lingue diverse ma che illustra anche il lavoro in una realtà come quella dell’ex paese comunista e soprattutto il mestiere più difficile: quello di essere padre.
 
Dall’Inghilterra, sempre attenta al cinema sociale, tre opere interessanti da segnalare. La lotta contro la sclerosi multipla di un operaio in Go Now di Michael Winterbottom; l’arte di arrangiarsi di fronte alla disoccupazione in Due sulla strada di Stephen Frears (parabola anche sul mondo della tifoseria calcistica) e la commedia proletaria avente al centro alcuni lavoratori durante lo sciopero dei minatori in  Grazie, signora Thatcher di Mark Herman.
 
Dalla Finlandia arriva la puntuale voce di Aki Kaurismaki che con Nuvole in viaggio che pur parlando di disoccupazione riesce ad impostare una commedia ottimistica  tra agenzie di collocamento  e perdite al casinò e scommesse sulla ripresa di un ristorante.
 
Il dramma di un operaio paralizzato in seguito ad un incidente sul lavoro è invece raccontato nel film di Lars von Trier Le onde del destino che vince al festival di Cannes e fa conoscere al grande pubblico il regista danese dato anche il discreto successo nelle sale.
 
Due splendidi film dalla Francia. Il già citato Ci sarà la neve a Natale? di  Sandrine Veysset che vede protagonista una madre con sette figli in una piccola fattoria alle prese con un padre-padrone dispotico in un film dove i ruoli si intersecano tra figli, madre, padrone ed operai e dove  il  lavoro sembra una condanna.
Poi dal paese transalpino e dal Belgio arriva La promesse che vede l’esordio al cinema di finzione dei documentaristi Jean-Pierre e Luc Dardenne che diventeranno i maggiori esponenti del cinema sociale di lingua francese. Il film affronta temi importanti come quello del lavoro clandestino in Belgio ed il relativo sfruttamento.
Da citare tra il cinema franco-belga dell’anno anche L’ottavo giorno di Jaco Van Dormael dove il tema è l’amicizia tra un uomo d’affari ed un mongoloide che gli insegnerà a cambiare registro. Altro film sul rapporto tra lavoro e vita.
 

 

Veniamo nella nostra Italia per segnalare uno dei migliori film di Ricky Tognazzi Vite strozzate sul rapporto tra lavoro ufficiale e strozzinaggio. Si tratta di uno dei più bei film di denuncia civile sull’usura. Un film sul cinema ed il suo lavoro è invece Nitrato d’argento il canto del cigno di Marco Ferreri che morirà l’anno successivo.  Commedia sulla disoccupazione giovanile è anche Cresceranno i carciofi a Mimongo di Fulvio Ottaviano e di lavoro parla anche Italiani di Maurizio Ponzi girato su di un treno che da Palermo va a Milano negli anni Sessanta e trent’anni dopo col ritrovo degli stessi personaggi. I sogni di una grassa trentenne cucitrice in una piccola fabbrica  sono invece il tema del film Isotta di Maurizio Fiume mentre è da segnalare in chiusura il poco riuscito film di Lina Wertmuller Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e politica dove protagonista è un cassintegrato di sinistra che si invaghisce di una militante leghista.