Cinema e lavoro – Secretary

Milano, 3.5.2017

REGIA: Steven Shainberg SCENEGGIATURA: Steven Shainberg, Erin Cressida Wilson FOTOGRAFIA: Steven Fierberg  MONTAGGIO: Pam Wise  MUSICHE: Angelo Badalamenti INTERPRETII: Maggie Gyllenhaal, James Spader, Jeremy Davies, Patrick Bauchau, Stephen McHattie, Oz Perkins, Jessica Tuck, Sabrina Grdevich, Julene Renee, Lily Knight, Lesley Ann Warren, Lacey Kohl, Mary Joy, Amy Locane, Michael Mantell PRODUZIONE: Double a Films – Sloughpond – Twopound Bags Productions DISTRIBUZIONE: Eagle Pictures  DURATA: 104 Min
Lee Holloway, giovane e timida ex paziente di un istituto per cure mentali, dper sfuggire all’alcolismo del padre molto amato, comincia a cercarsi un lavoro. Quando le frustrazioni sono superiori alle sue forze si dedica al suo passatempo: infliggersi dolore nei modi più svariati. Terminato con successo un corso di dattilografia, Lee viene assunta come segretaria dal freddo ed esigente avvocato Edward Grey, nel cui sadismo sembra aver trovato proprio quello che fa per lei…
Secretary è una commedia briosa diretta da  Steven Shainberg che  affronta temi come il sadisno e la  sottomissione in una realtà come quella del rapporto tra datore di lavoro e dipendente occupandosi comunque in modo anomalo di quello che viene considerato mobbing .
LA CRITICA
 
Shainberg prende la cosa con seria ironia. Così, senza troppi dettagli, dà ai suoi protagonisti (bravissimi) un minimo di retroterra psicologico. (…) Naturalmente siamo lontani dal verismo allarmante del severo ‘La pianista’, il film-choc con Isabelle Huppert dell’austriaco Michael Haneke. Ma anche dalla psicopatologia dell’America profonda abbozzata nei film di Todd Solondz con sconcerto e pietà (‘Fuga dalla scuola media’, ‘Happiness’, ‘Storytelling’). ‘Secretary’ parla infatti, volutamente, un linguaggio assai medio, limitandosi semmai a incrociare i generi (l’ufficio simil-horror di Spader) e le aspettative dello spettatore. Ma pur giocando la carta di un divertito paradosso, non bara e non mistifica. Portandoci a sorpresa verso un happy end al limite dell’assurdo che è al tempo stesso la parodia di ogni possibile lieto fine. (Fabio Ferzetti, ‘Il Messaggero’, 4 aprile 2003)
Tratto da un racconto di Mary Gaitskill, nonostante le chiacchiere del regista il film non è affatto metaforico, non presume di fornire filosofie sul sesso, sull’amore e sul potere, non arriva a dare lezioni etiche. È una commedia divertente, carina, lieve, senza nulla di inquietante né di cupo, interpretata benissimo: Maggie Gyllenhaal, che compare anche ne ‘Il ladro di orchidee’, è una vera rivelazione. (Lietta Tornabuoni, ‘La Stampa’, 4 aprile 2003)
 
Invece di scrivere un saggio o comporre un patinato libro fotografico sulla componente sadomasochista dei rapporti umani, Shainberg ha diretto un film sugli spostamenti progressivi dell’intimità e del potere tra assistente e assistito, nella forma professionale della segretaria e dell’avvocato, riuscendo a restituire, nel paradosso erotico, la verità della psiche. (…) La scoperta della compatibilità dei due è divertente e fondata sulla grande disponibilità degli attori, che hanno anche il fisico del ruolo: la Gyllenhall, sottomessa a partire dallo sguardo e dagli abiti, è un’energia pronta a esplodere; Spader, dopo anni di carriera, ha trovato il ruolo che corrisponde alla sua faccina da sadico. La misura è il pregio del film, premiato al Sundance. (Silvio Danese, ‘Il Giorno’, 5 aprile 2003)
Fare un film sul mobbing aziendale o sulle prevaricazioni in ufficio, però, è l’ultima delle intenzioni di Shainberg. (…) Tratto dal racconto omonimo di Mary Gaitskill, Secretary ribalta con brio paradossale un argomento tradizionalmente drammatico, spezzando una lancia a favore delle pulsioni sessuali meno conformiste, purché esercitate tra adulti consenzienti. La protagonista femminile è spiritosa; James Spader (altra eredità del cinema soderberghiano) si sforza di esserlo altrettanto, ma gigioneggia troppo. (Roberto Nepoti, ‘la Repubblica’, 5 aprile 2003)
 
Vincitore al Sundance Film Festival 2002 di un premio speciale della giuria per l’originalità, Secretary ha per “eroina” una segretaria/dattilografa appena dimessa da una clinica psichiatrica dopo un tentativo di suicidio. Piuttosto bruttina trova impiego in uno studio legale dove viene strapazzata, anche fisicamente, da un odioso avvocato con tendenze sadomaso. Tra l’uomo e la donna si instaura un perverso rapporto di carnefice-vittima al quale quest’ultima si abbandona sempre più compiaciuta ricercando meticolosamente le punizioni che il primo gli infligge con sempre crescente ferocia fisica e sessuale. Il gelido avvocato, vinto dal senso di colpa, ricorrerà infine al classico gesto riparatore.
Commedia insolita, briosa e paradossale ha stregato la critica americana anche per aver sdrammatizzato un tema “tabu” e di eccezionale attualità: il mobbing e la persecuzione sui luoghi di lavoro. (MyMovies)
 

“Secretary” non è altro che una storia d’amore assolutamente tradizionale. Tradizionale nella struttura, certo; particolare nel modo. Lee scopre di avere bisogno di essere dominata, di voler obbedire, di voler interpretare il ruolo di segretaria/schiava, e di provare piacere nel masochismo; mentre Mr. Grey lotta contro la sua stessa natura di sadico dominatore, cercando di soffocarla e di nascondere i propri sentimenti, tra cura delle piante, trappole per topi, esercizi fisici e pennarelli rossi. Per quanto la materia appaia perversa e cupa, in realtà si tratta di un sadomasochismo gioioso, divertito, e di un film sotteso da una costante ironia, e (anche se sembra un ossimoro) perversa dolcezza. L’amore tra i due diventa infatti un gioco fatto di errori commessi volutamente, rituali feticisti, e messaggi criptati. (Onda Cinema)