Euronote – Il difficile percorso verso la Brexit

Milano, 26.11.2018

L’Unione europea è alle prese con una questione di indubbia rilevanza, che segnerà una tappa storica del progetto europeo: l’uscita dall’Unione del Regno Unito e la conseguente fine del suo status di Stato membro dell’Ue, la cosiddetta Brexit.

Si tratta di un percorso complesso, avviato con il referendum consultivo britannico del 23 giugno 2016 e che dovrebbe concludersi, dopo un lungo periodo transitorio, con l’uscita definitiva del Paese dall’Ue il 1° gennaio 2021. Un passaggio intermedio consiste nella sottoscrizione di un accordo tra le parti, raggiunto lo scorso 14 novembre con il “sì” del governo britannico e che dovrà essere approvato dai leader politici degli altri 27 Stati membri dell’Ue riuniti nel Consiglio europeo del prossimo 25 novembre.

Le altre tappe principali prevedono poi entro il 29 marzo 2019 le ratifiche da parte dei 27 Paesi e delle istituzioni dell’Ue, ma soprattutto quella non scontata del Parlamento britannico diviso su questa decisione, come del resto l’intero Paese. In caso di ratifica generale, dal giorno successivo dovrebbe iniziare un periodo di 21 mesi in cui il Regno Unito continuerà ad applicare le regole dell’Ue ma senza più potere decisionale, mentre saranno avviati negoziati per gli accordi commerciali con gli altri Paesi. Periodo che dovrebbe terminare il 31 dicembre 2020, quando cesserà del tutto l’applicazione del diritto dell’Ue nel Regno Unito che dal giorno successivo diventerà così a tutti gli effetti un Paese terzo.

La decisione del governo britannico di accettare i termini dell’accordo negoziato con l’Ue non è stata indolore per lo stesso governo, provocando le dimissioni di due ministri direttamente interessati quali il ministro per la Brexit e quello per l’Irlanda del Nord, ma secondo la prima ministra Theresa May si è trattato del «meglio che si potesse avere in questo negoziato nell’interesse nazionale», dal momento che l’alternativa sarebbe stata «tornare alla casella iniziale e rischiare di non attuare il mandato referendario». Soddisfazione è stata espressa dal negoziatore dell’Ue, Michel Barnier, soprattutto per l’aver scongiurato «una frontiera fisica sull’isola d’Irlanda», pur nella consapevolezza che si debba fare «un cammino ancora lungo e forse difficile per garantire un ritiro ordinato e, aldilà del ritiro, per costruire una partnership ambiziosa e durevole con il Regno Unito».

I termini dell’accordo

L’accordo raggiunto tra i negoziatori dell’Ue e del Regno Unito stabilisce i termini del ritiro del Paese dall’Ue, assicurando che ciò avverrà «in modo ordinato e offrendo certezza giuridica». Molte le aree interessate dall’accordo, tra le quali lo status del Regno Unito che durante il periodo di transizione sarà trattato dall’Ue come se fosse ancora uno Stato membro, ma che non potrà più prendere parte alle istituzioni europee e alle strutture di governance.

Indubbiamente però le questioni più sensibili della Brexit riguardano i diritti dei cittadini e la condizione dell’Irlanda del Nord. Sul primo tema, l’accordo intende tutelare le scelte di vita di oltre 3 milioni di cittadini dell’Ue residenti nel Regno Unito (tra i quali circa mezzo milione di italiani) e oltre un milione di cittadini britannici che risiedono nell’Ue, salvaguardando il loro diritto a rimanere e «assicurando che possano continuare a contribuire alle loro comunità». I cittadini dell’Ue residenti da almeno cinque anni nel Regno Unito potranno infatti richiedere il diritto di residenza permanente (settled status), che garantirà loro il diritto di vivere e lavorare, il ricongiungimento familiare, l’accesso al servizio sanitario nazionale e ai sussidi statali britannici. L’accordo consente dunque sia ai cittadini dell’Ue che ai cittadini britannici, nonché ai loro familiari, di continuare ad esercitare i loro diritti derivati dal diritto dell’Ue nei rispettivi territori, «qualora siano basati su scelte di vita fatte prima della fine del periodo di transizione». Lo stesso avverrà in ambito lavorativo, dove saranno mantenuti tutti i diritti dei lavoratori in base al diritto dell’Ue: il diritto a non essere discriminati in base alla nazionalità per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e altre condizioni di lavoro; il diritto di intraprendere e svolgere un’attività conformemente alle norme applicabili ai cittadini dello Stato ospitante; il diritto all’assistenza all’impiego alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato ospitante; il diritto alla parità di trattamento in relazione alle condizioni di occupazione e lavoro; il diritto a vantaggi sociali e fiscali, diritti collettivi e diritto ai bambini di accedere all’istruzione.

La delicata questione irlandese

È stato poi concordato un sistema di protezione legale per garantire che non si creino «confini rigidi» tra Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord, con controlli doganali su persone e merci. Il protocollo contiene anche impegni del Regno Unito a non ridurre i diritti stabiliti nell’Accordo del Venerdì Santo (Belfast) del 1998 e a proteggere la cooperazione Nord-Sud. Si tratta di una questione politica ed economica al tempo stesso, perché la pace che mise fine al conflitto tra protestanti e cattolici irlandesi fu favorita proprio dalla volontà di tutti di porre fine a barriere e divisioni tra le due Irlande. Ma i termini dell’accordo a questo proposito hanno creato grandi discussioni nel Regno Unito. In pratica, i negoziatori dell’Ue hanno voluto l’introduzione di un meccanismo di backstop (arresto-barriera) che evitasse appunto il rischio di confini rigidi in caso di mancato accordo finale. Tale meccanismo prevede l’istituzione di un’unione doganale tra Ue e Regno Unito che potrà venir meno solo con il consenso di entrambe le parti, cosa che di fatto non permetterà mai al Regno Unito una totale autonomia commerciale dall’Ue e che per questo ha creato forti tensioni nel Parlamento britannico. Una seconda clausola prevede inoltre norme specifiche per l’Irlanda del Nord che la terranno più integrata al mercato unico europeo rispetto al resto del Regno Unito, senza cioè controlli doganali con la Repubblica d’Irlanda che fa parte dell’Ue, ma che invece saranno mantenuti tra Irlanda del Nord e il resto del Regni Unito.

Contenuti dell’accordo su cui daranno battaglia i fautori della Brexit.