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Euronote – Lavoratori poveri: problema europeo

Un Rapporto della Rete europea delle politiche sociali evidenzia il fenomeno

Milano, 4.6.2019

Il lavoro è generalmente considerato il modo migliore per evitare la povertà, ma ciò non è vero per una parte rilevante della forza lavoro europea, in continuo aumento in molti Paesi dell’Ue. È il problema della povertà lavorativa (in-work poverty – Iwp), a cui la Rete europea delle politiche sociali (European Social Policy Network – Espn) ha recentemente dedicato un Rapporto che chiede un’azione politica più efficace a livello europeo e nazionale per affrontare il fenomeno come parte dell’obiettivo generale di ridurre la povertà nell’Ue.

Nel 2017, anno di rilevazione cui fa riferimento il Rapporto, il 9,4% circa di tutti i lavoratori dell’Ue era a rischio di povertà, cioè 20,5 milioni di lavoratori vivevano in famiglie a rischio di povertà. Il tasso di Iwp è aumentato significativamente (oltre l’1%) in 9 Stati membri, è rimasto stabile in 16 e diminuito in soli 3 Paesi. Un tasso che varia da un minimo del 2,1% in Finlandia a un massimo del 17,1% in Romania.

A rischio lavoratori precari, poco istruiti e genitori single

È noto che in alcuni gruppi di popolazione il rischio di povertà è significativamente maggiore e per alcuni di loro il rischio di povertà lavorativa è aumentato sensibilmente negli ultimi anni. Il tasso di Iwp è più elevato tra le persone con bassi livelli di istruzione e i giovani, mentre in alcuni Paesi i livelli sono almeno doppi o addirittura tripli tra le persone con background migratorio. Naturalmente, osserva il Rapporto, la situazione occupazionale individuale incide molto, soprattutto per i lavoratori autonomi e gli occupati con contratti temporanei. Tra i lavoratori part time il tasso Iwp è doppio rispetto ai lavoratori a tempo pieno. Il rischio di Iwp è oltre 4 volte più alto per le persone con istruzione primaria rispetto a quelle con istruzione terziaria. Nell’Ue, tra il 2012 e il 2017, il rischio di Iwp è cresciuto molto tra i lavoratori con basso livello di istruzione, quelli con contratti temporanei, lavoratori part time, lavoratori migranti e genitori single. Il tasso di Iwp è al 22,2% tra i lavoratori autonomi, al 16,2% nel lavoro temporaneo e al 15,5% nel lavoro part time.

Dal 2012 c’è stato un largo incremento dell’Iwp tra le famiglie povere con intensità lavorativa media e anche alta, un dato «sorprendente e preoccupante» osserva l’Espn perché dovrebbero essere famiglie più sicure rispetto all’Iwp. Un cambiamento probabilmente causato dallo sviluppo di forme di lavoro non standard in seguito alla crisi e alla relativa stagnazione dei salari e delle indennità sociali in questo periodo.

I salari minimi infatti, formula applicata in 22 Stati membri (non in Italia, Austria, Danimarca, Finlandia, Svezia e solo parzialmente a Cipro), costituiscono uno strumento chiave per prevenire la povertà dei lavoratori, anche se non sono sufficiente per contribuire alla fuoriuscita dalla povertà delle famiglie soprattutto se costituite da più di un membro.

Varie misure, ma il fenomeno è complesso

Il quadro europeo delle misure che incidono in qualche modo sulla povertà lavorativa che emerge dal Rapporto dell’Espn è vario ed eterogeneo. Tra il 2012 e il 2018 molti Paesi dell’Ue hanno adottato misure per contrastare i bassi redditi familiari ed estendere la copertura delle indennità familiari. Anche i sistemi di reddito minimo garantito vanno in questa direzione, pur con un impatto «inadeguato» o «poco incisivo» per contrastare l’Iwp secondo alcuni Stati membri, mentre in altri per i lavoratori poveri è possibile cumulare il basso reddito da lavoro con il reddito minimo. Le politiche attive del mercato del lavoro sono poi ampiamente utilizzate in Europa contro la disoccupazione, con l’obiettivo di far tornare le persone al lavoro il più presto possibile e quindi combattere la povertà. Vari Paesi segnalano l’importanza del contrasto alla segmentazione del mercato del lavoro, ad esempio limitando l’utilizzo dei contratti a tempo parziale stabilendo un requisito di ore minime. Sono state introdotte anche misure per limitare l’abuso dei contratti a termine oppure regolamentazioni sulla flessibilità dell’orario di lavoro, così da rendere possibile la partecipazione al mercato del lavoro anche delle persone che hanno responsabilità familiari. Esistono poi altre politiche e misure (come l’assistenza all’infanzia, all’alloggio e l’assistenza sanitaria) che possono avere un impatto indiretto sull’Iwp, a dimostrazione dell’estrema complessità di questo problema.

La persistenza della povertà lavorativa evidenzia però che «il lavoro non costituisce sempre una garanzia di uscita dalla povertà» osserva l’Espn, cosa che favorisce la disaffezione dei cittadini verso le politiche economiche e sociali esistenti, portando alla crescita di movimenti populisti e alla crescente ostilità rispetto al progetto europeo.

Contro la povertà lavorativa serve un approccio politico olistico

Il Rapporto dell’Espn presenta quindi alcune raccomandazioni per rendere l’azione politica più efficace, a livello europeo e nazionale, con l’obiettivo di affrontare la povertà lavorativa.

Secondo la Rete europea delle politiche sociali, ridurre il fenomeno dell’Iwp dovrebbe essere un obiettivo politico trasversale per tutti i Paesi dell’Ue, essere inserito tra gli scopi principali di tutte le politiche e strategie nazionali. Così, i decisori politici e le parti sociali «dovrebbero mobilitarsi per sviluppare un approccio politico olistico» sulla povertà lavorativa. Gli Stati membri dell’Ue dovrebbero combinare questo approccio olistico con misure mirate e ben progettate per i gruppi a maggior rischio di Iwp. Forme di lavoro non standard dovrebbero essere sviluppate in modo da bilanciare flessibilità e sicurezza per evitare che si incrementi la povertà lavorativa. I Paesi dovrebbero inoltre portare le varie politiche e azioni intraprese all’interno del Pilastro europeo dei diritti sociali, dando così una definizione comune di inclusione attiva che assicuri una vita dignitosa, lavori di qualità e sostenibili, salari equi, adeguata protezione sociale e accesso a servizi pubblici di qualità. Dovrebbero poi essere utilizzati a pieno i fondi europei per supportare le varie iniziative tese a contrastare la povertà lavorativa, come parte dell’obiettivo principale di questi fondi.

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