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Euronote – L’Ue deve garantire lavoro e salari dignitosi

Milano, 10.10.2016
 
 
 
 
 
 
 
 
L’Ue deve garantire lavoro e salari dignitosi
La richiesta della Ces in occasione della Giornata mondiale del lavoro dignitoso
 
«I giorni in cui le aziende fabbricavano e vendevano i propri prodotti stanno scomparendo. Oggi l’outsourcing, il subappalto e il franchising sono sempre più comuni, e costituiscono la causa di tanta miseria sui luoghi di lavoro. L’Ue dovrebbe impegnarsi per aumentare i bassi salari, beneficiando così i lavoratori e le famiglie in tutta Europa e oltre». In occasione della Giornata mondiale per il lavoro dignitoso, il 7 ottobre, la Confederazione europea dei sindacati (Ces) ha voluto rivolgere un appello all’Unione europea affinché agisca per contrastare le condizioni che rendono sempre più difficoltoso raggiungere per tutti livelli dignitosi di lavoro, data la globalizzazione dei mercati e delle produzioni.
 
Le lunghe catene di subappalto, osserva la Ces, distruggono il lavoro dignitoso perché abbassano i salari e le condizioni dei lavoratori in ogni fase della catena. Così come vari accordi di franchising, che codificano tutto tranne le retribuzioni e le condizioni dei lavoratori costringendo i più vulnerabili ad una drammatica corsa verso il basso.
 
Secondo i sindacati europei, «le aziende che traggono profitto da questi accordi non possono essere autorizzate a lavarsi semplicemente le mani rispetto alle loro responsabilità nei confronti dei lavoratori coinvolti. Non è tollerabile che gli amministratori e coloro che presiedono tali accordi fingano di non essere a conoscenza delle conseguenze».
 
Responsabilità delle imprese nelle catene di fornitura
 
I salari potrebbero essere migliorati, osserva la Ces, se alle aziende e alle organizzazioni fosse data la responsabilità legale di garantire che le imprese nella catena di fornitura (da cui acquistano prodotti o servizi) sono legittime e offrono retribuzioni dignitose. Il problema del lavoro dignitoso riguarda non solo i Paesi meno sviluppati ma anche l’Europa, come evidenzia la Confederazione europea dei sindacati:
 
• lavoratori del settore agro-alimentare italiano guadagnano solo 25 euro per giornate di lavoro di 12 ore nella raccolta dei pomodori;
 
• camionisti che lavorano in Francia per la fornitura di imprese francesi, ma in subappalto da società con sede in Europa orientale, guadagnano il 40% rispetto ai colleghi occupati in Francia;
 
• in Macedonia lavoratori che producono scarpe per i marchi comunitari guadagnano il 25% di un salario di sussistenza;
 
• lavoratori assunti in Romania, alle dipendenze di imprese slovacche, sono mandati a lavorare nell’industria della carne tedesca, così i datori di lavoro pagano contributi sociali, sanitari e pensionistici molto più bassi di quelli previsti dalla legislazione tedesca;
 
• nei Paesi Bassi un lavoratore su tre impiegato nella cosiddetta sharing economy (svolgendo lavori sulla base di piattaforme on-line) guadagna meno di 18.000 euro all’anno;
 
• la multinazionale McDonalds afferma di offrire ai clienti uova di gallina fuori gabbia, ma non è in grado di garantire che i lavoratori ricevano un salario di sussistenza nel proprio sistema di franchising.
 
«I sistemi e gli accordi su base volontaria non sono sufficienti» afferma la Ces, secondo cui deve essere obbligatoria la responsabilità nella catena di fornitura: «L’Ue dovrebbe approvare una legge che renda l’appaltatore principale responsabile delle retribuzioni e dei contributi sociali dei subappaltatori; la normativa europea sugli appalti pubblici dovrebbe richiedere agli enti pubblici di rispettare gli accordi collettivi e di garantire condizioni dignitose nelle aziende da cui acquistano beni e servizi; i responsabili dei franchising dovrebbero essere obbligati ad insistere su retribuzioni e condizioni dignitose, non solo sulla qualità di beni e servizi; l’Ue deve garantire lavoro e salari dignitosi in tutta Europa».

Ilo: condizioni del lavoro peggiorate, intervengano i governi
 
L’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil-Ilo), nel corso della sua 105esima sessione svoltasi a Ginevra nel giugno scorso, ha adottato un Rapporto stilato da una commissione interna creata proprio per analizzare il lavoro dignitoso nelle catene di fornitura mondiale. Secondo questa analisi le catene di forniture possono rappresentare un motore di sviluppo, promuovendo il trasferimento di tecnologie, l’adozione di nuove pratiche di produzione, lo sviluppo delle competenze, la produttività e la competitività. Tuttavia, gli errori a tutti i livelli all’interno delle catene di fornitura hanno contribuito a peggiorare la situazione dei mercati del lavoro per quanto concerne la salute e sicurezza sul lavoro, il salario, l’orario di lavoro e le protezioni, contribuendo anche all’indebolimento dei diritti dei lavoratori rispetto a libertà di associazione e contrattazione collettiva.
 
Così, sono diffusi il lavoro informale, forme non convenzionali di impiego e l’utilizzo di intermediari. In alcuni segmenti di queste catene è acuta la piaga del lavoro minorile e del lavoro forzato, sono frequenti varie forme di discriminazione mentre la protezione legale è limitata o inesistente. In molte zone franche di esportazione (Export Processing Zone – Epz), poi, l’obiettivo di attrarre investimenti e creare posti di lavoro porta a esenzioni dalle leggi sul lavoro e dalla fiscalità e permette restrizioni alle attività sindacali e alla contrattazione collettiva.
 
L’Ilo ha avviato una vasta gamma di politiche, strategie, azioni e programmi per garantire che lo sviluppo economico e il lavoro dignitoso nelle catene di approvvigionamento globali vadano di pari passo. Nonostante ciò continuano a persistere gravi deficit nelle politiche dei governi. L’Ilo ricorda che le imprese hanno la responsabilità di rispettare i diritti dei lavoratori nelle loro operazioni, come stabilito nei Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani, mentre i governi hanno il dovere di attuare e far rispettare leggi e regolamenti nazionali. «Gli sforzi di altri soggetti e organizzazioni interessati a promuovere il rispetto sui luoghi di lavoro possono supportare, ma non sostituire, l’efficacia e l’efficienza dei sistemi di governance pubblica» conclude l’Ilo.
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