Euronote – Serve un’azione contro i discorsi di odio

Milano, 20.1.2020

 

«Di fronte all’internazionalizzazione della cattiveria, dell’odio e della violenza discriminatoria, xenofoba e razzista, la società civile e le forze politiche democratiche sono chiamate a rispondere con narrazioni proattive, autonome e indipendenti, ma soprattutto con prassi sociali e proposte convincenti sulle politiche strutturali, economiche e sociali». Questo l’appello lanciato da un gruppo di associazioni europee che hanno curato un dossier sull’hate speech (discorso di odio) nel dibattito pubblico, frutto di analisi svolte in Austria, Cipro, Francia, Grecia, Italia e Spagna. Intitolato Words are stones (Le parole sono pietre), il dossier analizza il flusso di comunicazione e propaganda politica violenta contro migranti e minoranze che attraversa l’Europa, documentando come i gruppi bersaglio, gli argomenti utilizzati e la “cultura politica” dei suoi protagonisti presentino caratteristiche comuni. Ne emerge così un quadro piuttosto inquietante di retorica politica discriminatoria, xenofoba e razzista, improntata sulla semplificazione diffusa del “prima gli europei”, che prende di mira le varie minoranze considerate estranee a priori rispetto al gruppo dominante.

Gli autori del dossier sono per l’Italia Lunaria, anche promotrice del progetto, Adice per la Francia, Antigone-Centro di informazione e documentazione su razzismo, ecologia, pace e ambiente per la Grecia, Grenzenlos in Austria, Kisa a Cipro e Sos Racisme per la Spagna. Essi ritengono che i movimenti nazionalisti, populisti e xenofobi che combinano strumentalmente euroscetticismo, intolleranza, odio e razzismo per aumentare il consenso rappresentano «un pericolo per la costruzione di una società europea democratica, coesa e pacifica». Questo perché, sostengono, «la diffusione di una retorica pubblica sempre più aggressiva ha un impatto che va ben oltre gli effetti diretti provocati sulle vittime o sui gruppi bersaglio. Tende a legittimare la reiterazione dei comportamenti denigratori, discriminatori e violenti sulla rete e nella vita reale, e contribuisce a polarizzare progressivamente l’opinione pubblica minando il sistema di confronto e di dialogo democratico».

Manca un monitoraggio istituzionale

«I musulmani sono inviati a Cipro dalla Turchia come cosiddetti rifugiati con l’intenzione di modificare la nostra identità nazionale e culturale», Cipro, dicembre 2017. «È in corso un’invasione, il colore della pelle non c’entra e c’è un pericolo molto reale: secoli di storia che rischiano di sparire se prende il sopravvento l’islamizzazione finora sottovalutata», Italia, gennaio 2018. «#PrimaiFrancesi #viaimigranti in questa Francia del 2018 che abbandona il suo popolo per prendersi cura degli altri», Francia, agosto 2018. «Le ong sono complici dei criminali, agiscono come taxi», Spagna, agosto 2018. «Non sono rifugiati, questo è un afflusso di persone che cercano di ingrassare in Europa. C’è un piano per rovinarci», Grecia, ottobre 2018. «I nostri soldi per la nostra gente», Austria, 2018.

Queste sei frasi, una per ogni Paese preso in esame, sono solo alcuni esempi dei molteplici messaggi pronunciati e/o propagati sui social media da persone che rivestono incarichi pubblici di rilievo a livello politico, istituzionale e persino religioso. È inevitabile prendere in esame alcuni contenuti dell’hate speech, perché un’analisi quantitativa è impraticabile: come evidenzia il Rapporto, manca una normativa europea condivisa in merito e c’è difformità nei metodi di rilevazione. Ogni Paese adotta metodologie diverse, ma soprattutto nessuno tra quelli considerati dispone di un sistema ufficiale di raccolta dati sui discorsi di odio.

Gruppi bersaglio e concetti della retorica violenta

Migranti, richiedenti asilo e rifugiati, musulmani e rom sono i gruppi bersaglio privilegiati dalla retorica politica discriminatoria e violenta, con alcune particolarità: in Italia e Spagna l’ostilità contro le persone nere rievoca espressioni e lessico del razzismo biologico; i musulmani sono il gruppo più colpito dalla retorica in Italia, Austria, Francia e Spagna, ma non mancano discorsi di matrice antisemita; in Grecia l’ostilità contro migranti e profughi si accompagna a quella contro le comunità albanesi; a Cipro la retorica antimusulmana si sovrappone a quella contro i nuovi flussi di migranti provenienti dalla Turchia. «Si osservano inoltre tentativi di criminalizzazione della società civile solidale con i gruppi più vulnerabili» notano gli autori dell’analisi, sottolineando come i concetti chiave su cui si concentra la retorica pubblica discriminatoria e xenofoba siano la sicurezza, l’invasione, l’incompatibilità culturale/religiosa, i costi economici e sociali delle migrazioni, la competizione tra nazionali e non nazionali nel welfare e nel mercato del lavoro, il pericolo di diffusione del terrorismo islamico. Tutti argomenti «utilizzati per rappresentare migranti e minoranze come una minaccia per l’equilibrio sociale, culturale e economico della società europea».

Narrazione alternativa, non solo difesa

La propaganda xenofoba e razzista sembra offrire «una risposta allo spaesamento di società attraversate dalla crisi di un modello di sviluppo e di democrazia che sta moltiplicando le diseguaglianze e tende ad ampliare le fasce di popolazione che restano escluse dal godimento effettivo di alcuni fondamentali diritti di cittadinanza economica e sociale». Proprio per queste ragioni le associazioni che hanno curato il Rapporto ritengono fondamentale il coinvolgimento diretto dei diversi attori sociali e il rafforzamento delle politiche pubbliche strutturali di inclusione sociale, non solo per una lotta efficace contro l’hate speech ma più in generale contro la diffusione della xenofobia e del razzismo. Per fermare questa «tempesta di cattiveria» è però necessaria una forte iniziativa civile e culturale, abbandonando l’approccio unicamente difensivo e cessando di subire i tempi e i temi dell’agenda dettata dal dibattito pubblico, producendo invece «una narrazione alternativa proattiva, curata, originale, coinvolgente e centrata sulle storie delle persone». Superando la frammentazione, innovando i linguaggi e la comunicazione, informando correttamente e collaborando con i mondi della scuola, della cultura, dell’informazione, dello sport, dello spettacolo.