Euronote – Strategia europea contro i rifiuti di plastica

Milano, 29.1.2018

«Se non modifichiamo il modo in cui produciamo e utilizziamo le materie plastiche, nel 2050 nei nostri oceani ci sarà più plastica che pesci. Dobbiamo impedire che la plastica continui a raggiungere le nostre acque, il nostro cibo e anche il nostro organismo. L’unica soluzione a lungo termine è ridurre i rifiuti di plastica riciclando e riutilizzando di più. Si tratta di una sfida che i cittadini, le imprese e le amministrazioni pubbliche devono affrontare insieme». Con queste parole, il vicepresidente della Commissione europea responsabile per lo Sviluppo sostenibile, Frans Timmermans, ha presentato il 16 gennaio scorso la prima strategia europea sulla plastica, iniziativa che intende proteggere l’ambiente dall’inquinamento da plastica e contemporaneamente promuovere crescita e innovazione, cercando così di trasformare un problema in una sfida per il futuro dell’Europa.

Come osserva la Commissione europea, ogni anno gli europei generano 25 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, ma meno del 30% è raccolta per essere riciclata. Le materie plastiche rappresentano l’85% dei rifiuti sulle spiagge di tutto il mondo e colpiscono ulteriormente i cittadini con la presenza di microplastiche nell’aria, nell’acqua e nel cibo i cui effetti sulla salute umana restano sconosciuti.

Conseguenza dello stop cinese

La proposta della Commissione, che per diventare prassi europea dovrà essere approvata dal Consiglio dell’Ue e dall’Europarlamento, nasce certo dalla forte sensibilità ambientale europea ma probabilmente è stata anche influenzata dalla decisione del governo cinese di bloccare le importazioni di materiali da riciclare tra cui la plastica. Un problema rilevante, dal momento che come ricordato da un articolo de “Il Sole 24 Ore” il 13 gennaio scorso che ha citato dati dell’Onu, «nel 2016 i produttori cinesi e di Hong Kong avevano importato dai Paesi industrializzati – compresi Europa, Usa e Giappone – 7,3 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, pari al 70% dei rifiuti plastici raccolti e selezionati». Materiali che poi tornavano in Europa come imballaggi dei prodotti cinesi, ma che ora la Cina ha deciso di non importare più perché già satura dal mercato interno e soprattutto per evitare di ricevere le sostanze pericolose che troppo spesso arrivavano nei porti cinesi insieme ai rifiuti da riciclare.

Obiettivi e contenuti della strategia

Secondo la Commissione, la nuova strategia sulla plastica dovrebbe cambiare la progettazione, la realizzazione, l’uso e il riciclaggio dei prodotti nell’Ue: «Troppo spesso il modo in cui le materie plastiche sono attualmente prodotte, utilizzate e gettate non permette di cogliere i vantaggi economici derivanti da un approccio più circolare e arreca danni all’ambiente. Il duplice obiettivo è quello di tutelare l’ambiente e, al tempo stesso, di porre le basi per una nuova economia delle materie plastiche, in cui la progettazione e la produzione rispettano pienamente le necessità del riutilizzo, della riparazione e del riciclaggio e in cui sono sviluppati materiali più sostenibili».

Con questa strategia, spiega il comunicato della Commissione, l’Ue intende: rendere il riciclaggio redditizio per le imprese; ridurre i rifiuti di plastica; fermare la dispersione di rifiuti in mare; orientare gli investimenti e l’innovazione; stimolare il cambiamento in tutto il mondo. Al fine di rendere più efficace l’iniziativa la Commissione ha anche avviato una consultazione online per ridurre i rifiuti marini, aperta fino al prossimo 12 febbraio a chiunque voglia fornire contributi, pareri e dati «per la preparazione del seguito da dare alla strategia sulla plastica in relazione ai rifiuti marini».

Le nuove misure si iscrivono nell’ambito del pacchetto sull’economia circolare adottato dalla Commissione nel dicembre 2015 e dovrebbero contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile 2030 e degli obiettivi dell’accordo di Parigi in materia di cambiamenti climatici. Inoltre, l’Ue ha già stabilito l’obbligo per gli Stati membri di adottare misure per ridurre l’utilizzo di sacchetti di plastica e di monitorare e ridurre i rifiuti marini.

Una petizione per «salvare il mare dalla plastica»

«Riduci, riusa e poi ricicla» sono invece le tre parole d’ordine di una petizione online promossa dall’organizzazione Greenpeace Italia, con la quale si chiede all’attuale ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti di: garantire che la revisione delle norme europee consenta agli Stati membri di ridurre al minimo la produzione di plastica; adottare tutte le misure utili a ridurre la produzione di plastica e imballaggi “usa e getta” e di incoraggiare le buone pratiche e l’innovazione.

L’Ue infatti, ricorda Greenpeace, sta rivedendo le direttive sui rifiuti e questo rappresenta «un’occasione da non perdere». Al governo italiano, seppur in scadenza, è chiesto di schierarsi «contro l’invasione della plastica» e di adottare misure che risolvano il problema della plastica alla fonte. «Non abbiamo molto tempo: il momento di cambiare è ora» sostiene l’organizzazione ambientalista, ricordando che «il mare sta soffocando: in media 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono ogni anno nei mari di tutto il mondo. Produciamo sempre più plastica “usa e getta”, molta più del necessario e riciclarla non basta. L’80% dell’inquinamento marino è fatto di plastica. Quest’invasione sta rapidamente trasformando i nostri mari nella più grande discarica del mondo».

Un disastro che però «può essere fermato», sostiene la petizione di Greenpeace, approfittando del fatto che l’Ue sta rivedendo le sue normative in materia di rifiuti.

«Non lasciare che tutta questa plastica soffochi i nostri mari: uccide la fauna marina, contamina la catena alimentare e persiste nell’ambiente per centinaia di anni. Nel Mediterraneo, residui di plastica sono stati trovati nello stomaco di pesci, uccelli marini, tartarughe e cetacei» afferma Greenpeace, esortando tutti i cittadini a «cambiare rotta: il momento per farlo è adesso».