Euronote – Una svolta pericolosa

Controversa decisione dell’Ue di inviare armamenti all’Ucraina

Milano, 1.3.2022

«Un altro tabù è caduto. Il tabù che l’Unione europea non fornisse armi in una guerra. Sì, lo stiamo facendo. Perché questa guerra richiede il nostro impegno per sostenere l’esercito ucraino. Viviamo tempi senza precedenti. Siamo di fronte alla peste della guerra, come ai tempi biblici. Questa sarà la prima volta nella storia che l’Ue fornirà attrezzature letali a un Paese terzo». L’Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, Josep Borrell, ha così spiegato la decisione dell’Ue di finanziare l’acquisto e la consegna di armi e altre attrezzature all’Ucraina, al fine di supportarne la difesa di fronte all’attacco dell’esercito russo. «Un momento di svolta» lo ha definito la presidente della Commissione europea, Ursula von der Layen. Una svolta tanto storica quanto pericolosa. Da un’Unione europea che «si prefigge di promuovere la pace» e che «nelle relazioni con il resto del mondo (…) contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile» (art. 3 del Trattato dell’Ue), ci si attenderebbe una decisa azione diplomatica, al limite un’interposizione di peacekeeping, non certo l’invio di armamenti a una parte del conflitto mentre l’altra solleva la delirante minaccia delle armi nucleari. Una decisione, quella dell’Ue, che ha dato via libera a iniziative di supporto militare all’Ucraina da parte di vari Stati membri (compresa l’Italia), innescando una sorta di gara europea di “solidarietà armata” il cui unico beneficiario certo è il settore produttivo di armamenti, in costante crecita negli ultimi anni e i cui titoli sono i soli al rialzo nel crollo generale dei mercati azionari di questi primi giorni di guerra.  

Contro la guerra e contro l’invio di armi

Intanto si mobilita in tutta Europa il movimento pacifista, schierato contro l’invasione dell’Ucraina ma anche contro l’escalation militare e l’invio di armi da parte dell’Ue, contro il riarmo e l’illusione della “guerra giusta”. «Ancora una volta si sceglie la follia della guerra, i cui impatti più devastanti ricadranno sui civili e le popolazioni inermi, per colpa di sete di potere, rivendicazioni nazionaliste, interessi particolari legati al profitto armato» dichiara la Rete italiana pace e disarmo, che rivolge alcune richieste alle Istituzioni internazionali. Innanzitutto prodigarsi per una cessazione degli scontri con tutti i mezzi della diplomazia e della pressione internazionale ed «evitando qualsiasi pensiero di avventure militari insensate». Alla Russia è chiesto il ritiro delle forze militari da tutto il territorio ucraino e la revoca immediata del riconoscimento dell’indipendenza delle Repubbliche del Donbass, mentre all’Ucraina il riconoscimento dell’autonomia del Donbass prevista dagli accordi di Minsk e mai attuata, il rispetto della popolazione russofona, la cessazione dei bombardamenti in Donbass, lo scioglimento delle milizie. La Rete pace e disarmo chiede poi di garantire un passaggio sicuro alle agenzie internazionali e alle Ong per l’assistenza umanitaria.

Raggiunto un cessate il fuoco, sostiene la Rete, va attuata una de-escalation della crisi nel pieno rispetto del diritto internazionale, affidandone la gestione alle Nazioni Unite. Inoltre, devono cessare le ingerenze indebite in Ucraina e deve essere favorito l’avvio di trattative per un sistema di reciproca sicurezza che garantisca sia l’Ue che la Federazione Russa.

L’Onu finalmente affronta la questione ucraina

È dovuto scoppiare il conflitto perché l’Onu si occupasse seriamente della questione. Così, dopo il veto della Russia a un progetto di risoluzione del Consiglio di sicurezza che avrebbe «deplorato l’aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina», lo stesso Consiglio ha adottato un provvedimento di convocazione per una sessione speciale di emergenza dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite sull’operazione militare russa. Trattandosi di un testo procedurale, nessuno dei cinque membri permanenti del Consiglio (Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti) poteva usare il veto, così il provvedimento è stato adottato con 11 voti favorevoli, il voto contrario della Russia e l’astensione di Cina, India ed Emirati Arabi Uniti. Dal 1950 vi erano state solo altre 10 sessioni speciali di emergenza dell’Assemblea generale, convocate in base alla risoluzione 377A(V) nota come “Uniting for Peace”. Un testo che conferisce all’Assemblea il potere di affrontare questioni di pace e sicurezza internazionale quando il Consiglio non è in grado di agire per mancanza di unanimità tra i suoi membri permanenti. Le risoluzioni dell’Assemblea non sono vincolanti, ma hanno un peso politico poiché esprimono la volontà di gran parte dei 193 Paesi membri.

Aprendo l’Assemblea, il presidente Abdulla Shahid ha sottolineato che l’offensiva militare della Russia è una violazione dell’integrità e della sovranità dell’Ucraina e costituisce un affronto alla Carta delle Nazioni Unite, secondo cui i Paesi devono risolvere le controversie con mezzi pacifici, senza la minaccia o l’uso della forza. «La violenza deve finire. Il diritto umanitario internazionale deve essere rispettato e la diplomazia e il dialogo devono prevalere» ha dichiarato il presidente dell’Assemblea. «I soldati devono tornare nelle caserme, i leader devono passare alla pace, i civili devono essere protetti, il diritto internazionale umanitario e dei diritti umani deve essere rispettato. Il mondo sta affrontando quella che è una tragedia per l’Ucraina, ma anche una grave crisi regionale con implicazioni potenzialmente disastrose per tutti» ha affermato il segretario generale dell’Onu, António Guterres, sottolineando come la messa in allerta russa delle forze nucleari sia «uno sviluppo agghiacciante. Niente può giustificare l’uso di armi nucleari». Per quanto riguarda le parti direttamente interessate, l’ambasciatore ucraino Sergiy Kyslytsya ha osservato che «se l’Ucraina non sopravvive, la pace internazionale non sopravviverà, le Nazioni Unite non sopravviveranno», mentre l’ambasciatore russo Vassily Nebenzia ha affermato che le azioni del suo Paese sono «distorte e contrastate» da media e social network, che l’obiettivo dell’operazione militare è «proteggere le persone a Luhansk e Donetsk, oggetto di tormenti e genocidi dal regime di Kiev» e che le Nazioni Unite possono aiutare «ad avvicinare le posizioni delle parti interessate e a sradicare le cause del conflitto».