Frontalieri, Cisl: istituire un ente bilaterale transfrontaliero

Milano, 31.3.2017
Istituire un ente bilaterale transfrontaliero, in grado di generare numerose opportunità per i lavoratori frontalieri, il mondo dell’impresa e le comunità di frontiera. E’ la proposta lanciata da Mirko Dolzadelli (a destra nella foto, con Gianluca Lodetti, responsabile internazionale Inas ), segretario regionale Cisl Lombardia e presidente del Coordinamento frontalieri Cisl, che nel suo intervento al tavolo di lavoro interministeriale sul frontalierato, riunitosi questa mattina nell’ambito dei lavori dell’assemblea plenaria del Consiglio generale degli italiani all’estero, ha presentato il documento di Cgil, Cisl, Uil “Verso lo Statuto dei lavoratori frontalieri”. “Diversi potrebbero essere i settori di intervento dell’ente bilaterale – ha spiegato Dolzadelli – dalla formazione e aggiornamento professionale per i lavoratori alle politiche attive per l’occupazione, dalla gestione del mercato del lavoro alla tutela sociale, maternità e welfare locale”. Sono oltre 100mila i lavoratori italiani frontalieri. Di questi, circa 50mila sono lombardi che si recano a lavorare in Svizzera.  Un segmento del mondo del lavoro che ha bisogni specifici e richiede un’attenzione normativa particolare, tanto che Cgil, Cisl e Uil stanno lavorando da tempo alla definizione di uno Statuto del lavoro frontaliero.
“Il lavoratore frontaliero – ha ricordato Dolzadelli nel suo intervento – è presente quotidianamente, o quasi, in entrambi i Paesi, quello di lavoro e quello di residenza. Questo fa sì che i lavoratori frontalieri siano assoggettati contemporaneamente a due ordinamenti nazionali diversi e tale peculiarità può rivelarsi particolarmente problematica”. “Se, infatti, i due ordinamenti nazionali non sono sufficientemente disciplinati oppure tra loro opportunamente coordinati facilmente – ha aggiunto – possono dare origine a doppie pretese (per esempio sul piano fiscale), a doppie negazioni di diritti (per esempio sul piano della sicurezza sociale), oppure a discriminazioni (per esempio sul piano della legislazione sul lavoro) nei confronti dei medesimi lavoratori”. Tre sono dunque gli ambiti principali che possono costituire specifici ostacoli alla mobilità per i lavoratori frontalieri: sicurezza sociale e vantaggi sociali, fiscalità diretta e vantaggi fiscali, legislazione sul lavoro. Su ognuno di questi i sindacati hanno presentato proposte al governo e alle istituzioni regionali e territoriali.
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