Milano, 16.10.2017
Reduce dal premio a Cannes è arrivato sui nostri schermi l’opera di Robin Campillo, marocchino naturalizzato in Francia, già noto come sceneggiatore di film di successo (a tempo pieno, la classe, ecc.) che si era fatto conoscere con un precedente film che già affrontava il tema della ambiguità sessuale (eastern boys). Ora ritorna sul tema con 120 battiti al minuto, ambientato agli inizi degli anni’90, quando l’Aids mieteva vittime nell’indifferenza della società nonostante i tentativi dei gay e delle lesbiche di risvegliare le coscienze. Il film racconta come l’associazione Act Up–Paris lavorava per contrastare la passività della gente e ripropone la velocità degli avvenimenti nelle vite di giovani che avevano poco tempo davanti a sé, visto che le speranze di vita dei malati di Aids all’epoca erano di pochi mesi. Un film “politico”, un dibattito lungo più di 2 ore ma avvincente che affronta i temi dei tabù sessuali, della ricerca farmaceutica ed il dramma dei giovani e della loro identità di fronte alla malattia, senza mai scadere nel pietismo ma emozionando comunque lo spettatore. Un film collettivo che a tratti si concentra sulle storie individuali per ricordare al pubblico che si tratta di persone che hanno vissuto realmente quei drammi visto che esso racconta storie vere ed interroga le istituzioni in merito al loro operato.