
Secondo la rete europea anti-povertà servono scelte politiche forti ed efficaci
Una persona su cinque è a rischio di povertà o di esclusione sociale nell’Unione europea. I dati forniti da Eurostat mostrano infatti 93,3 milioni di persone che nel 2024 vivevano in famiglie con almeno uno dei tre rischi di povertà ed esclusione sociale: rischio di povertà, grave deprivazione materiale e sociale e vita in una famiglia con un’intensità di lavoro molto bassa. Si tratta di un numero in leggero calo rispetto ai 94,6 milioni stimati l’anno precedente, con una percentuale sulla popolazione complessiva scesa quindi di circa 0,3 punti percentuali dal 21,3% al 21%. Tra i 93,3 milioni di persone a rischio di povertà o esclusione sociale nel 2024, spiega Eurostat, circa 5,6 milioni vivevano in famiglie che presentavano contemporaneamente tutti e tre i rischi di povertà ed esclusione sociale. Vivevano invece sia a rischio di povertà che in famiglie con un’intensità di lavoro molto bassa, ma non in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale, circa 11,4 milioni di persone. Erano a rischio di povertà e in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale, ma non con famiglie a bassa intensità di lavoro, circa 8,4 milioni. Mentre quasi 1,5 milioni di persone vivevano in famiglie con un’intensità di lavoro molto bassa e al contempo in condizioni di grave deprivazione materiale.
Per quanto riguarda i diversi livelli di rischio povertà ed esclusione tra gli Stati membri dell’Ue, Bulgaria (30,3%), Romania (27,9%) e Grecia (26,9%) hanno fatto registrare le quote più elevate di persone a rischio, mentre al contrario Paesi Bassi, Slovenia e Repubblica Ceca presentavano percentuali inferiori al 16%.
Soprattutto donne, giovani e disoccupati
Tendenzialmente si tratta di un rischio più elevato tra le donne che tra gli uomini (21,9% rispetto al 20%), tra le persone disoccupate rispetto a quelle che lavorano (66,6% rispetto al 10,9%) e tra le famiglie con figli a carico (21,9%). Per quanto riguarda l’età, il rischio più elevato di povertà o esclusione sociale nell’Ue è stato registrato tra i giovani adulti di età compresa tra 18 e 24 anni (26,2%), mentre il rischio più basso ha riguardato gli adulti di età compresa tra 25 e 49 anni (19,2%). Per le persone di età pari o superiore a 65 anni il rischio è stato del 19,4%, del 20,8% invece tra la popolazione di età compresa tra 50 e 64 anni. Anche la fascia d’età più giovane, quella inferiore a 18 anni, presentava però un rischio relativamente elevato (24,2%). Un impatto notevole sul rischio di povertà o esclusione sociale è rappresentato dal livello di istruzione, con oltre un terzo (33,9%) di tutte le persone di età pari o superiore a 18 anni con un basso livello di istruzione a rischio, rispetto al 19,3% delle persone nella stessa fascia di età con un livello di istruzione medio e al 10,2% delle persone con istruzione terziaria.
Oltre ai disoccupati, che con il 66,6% registrano un rischio particolarmente elevato di povertà o esclusione sociale, anche le persone inattive (non in pensione) presentano un rischio elevato con il 43%. Più basso invece il rischio tra i pensionati (18,1%) e gli occupati (10,9%).
C’è bisogno di una strategia anti-povertà
Pur essendo sostanzialmente stabile e in leggera diminuzione il numero delle persone a rischio di povertà ed esclusione sociale, l’Ue è ancora lontana dal raggiungere gli obiettivi del 2030 per la riduzione della povertà di 15 milioni di persone, così come dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite per l’eliminazione di tutte le forme di povertà. «Questi progressi insignificanti dimostrano che le misure dell’Ue stanno producendo scarsi risultati per porre fine alla povertà. A questo ritmo, come possiamo riuscirci?» sostiene la rete europea di lotta alla povertà European anti-poverty network (Eapn), secondo cui «non possiamo celebrare una piccola diminuzione delle persone a rischio di povertà o esclusione sociale quando ciò che vediamo è un aumento delle persone che vivono per strada, code più lunghe per il cibo e un crescente bisogno di assistenza sociale».
La rete europea si dice «particolarmente preoccupata» per gli anni a venire, ritenendo insufficienti gli investimenti dell’Ue e dei suoi Stati membri nello stato sociale, nei servizi essenziali e nella protezione sociale. L’Eapn osserva come le politiche attuali non riescano a ridistribuire la ricchezza o a far uscire le persone dalla povertà: «Gli sforzi attuali sono ben lungi dall’essere sufficienti. Abbiamo urgente bisogno di una strategia anti-povertà globale dell’Ue, fondata sui diritti umani, che risponda alla complessità della povertà, che vada oltre la nozione di deprivazione materiale, non escluda nessuno e sia supportata da risorse finanziarie adeguate. È urgente che l’Ue faccia una scelta politica per porre fine alla povertà».
«Sradicare la povertà è una scelta politica»
In risposta all’annuncio dato lo scorso anno dalla Commissione europea della definizione di una prima Strategia europea contro la povertà, il cui lancio è previsto per il 2026, l’Eapn ha presentato un documento intitolato Verso l’Eradicazione della Povertà. Si tratta di una sorta di appello a un cambiamento nell’approccio dell’Ue: passare cioè dall’idea di riduzione a quella di eliminazione della povertà. Gli scarsi risultati ottenuti in questi anni nella lotta alla povertà, osserva l’Eapn, rafforzano anche la narrativa dannosa secondo cui la povertà è inevitabile e non può essere sradicata. Invece la rete europea respinge fermamente questa idea: «Per noi, sradicare la povertà è una scelta politica. Una scelta che dipende da decisioni collettive sulla distribuzione della ricchezza, sull’allocazione delle risorse e sulla partecipazione democratica dei più emarginati. E ambizioni audaci richiedono azioni audaci».
Per questo l’Eapn propone alcune raccomandazioni, come ad esempio la creazione di una figura di Coordinatore europeo per la lotta alla povertà, necessaria per migliorare l’efficacia di una strategia che deve essere globale e trasversale, date le caratteristiche di multidimensionalità e complessità della povertà. Così come la definizione di meccanismi chiari di governance, l’introduzione di indicatori efficaci e l’istituzione di un Comitato delle persone in povertà, per garantire che la loro esperienza vissuta influenzi la strategia anti-povertà