“Cala il sipario sulla Maratona per la Pace e, mentre rientro verso casa, rivedo la sala gremita, risento le voci, ripenso ai volti incrociati in queste settimane.
E mi torna una sensazione intensa e semplice: l’Italia migliore è quella che non fa rumore, ma che tiene insieme.
La pace non è materia da chiacchiere o da proclami.
È un modo di stare al mondo.
E si riconosce nei gesti veri, nelle piccole azioni quotidiane.
L’ho vista nelle donne e negli uomini che hanno portato storie più grandi di loro.
L’ho vista nelle famiglie che fanno fatica ad arrivare a fine mese, ma che non si arrendono alle difficoltà.
L’ho vista in chi arriva da terre ferite e continua a credere che la libertà sia più forte della paura.
L’ho vista nei missionari, nelle comunità che resistono, in chi ogni giorno colma il vuoto lasciato da chi avrebbe il dovere di esserci.
E l’ho vista anche nei nostri luoghi di lavoro: in chi mette in sicurezza un collega prima di finire il turno, in chi difende un diritto senza alzare la voce, in chi sceglie la cura anche quando costa più fatica.
Fuori da qui il mondo sembra sempre più duro, a tratti disumano.
Viviamo un tempo in cui le potenze si fronteggiano, i regimi avanzano, le guerre scuotono intere comunità.
È un tempo in cui non ci si può permettere ambiguità: la pace non è neutralità. La pace chiede responsabilità e verità, anche quando brucia.
Eppure – in mezzo a tutto questo – c’è un punto fermo che è emerso chiarissimo: la pace si costruisce dal basso.
Nei paesi, nei quartieri, nelle fabbriche, negli ospedali, nelle RSA, negli uffici dove le persone si incontrano ogni giorno.
La pace è ascolto.
È dignità.
È attenzione.
È tenerci su, a vicenda.
È non lasciare indietro chi fa più fatica.
È accogliere le differenze senza paura.
È soprattutto restare umani. Sempre.
Penso che questa Maratona abbia unito, in un immaginario testimone, migliaia di persone.
Ognuno ha portato un pezzetto.
È stata davvero una staffetta: un pensiero passato di mano in mano, senza competizione, senza protagonismi, senza riflettori.
E se qualcosa resta — almeno per me — è proprio questo: nessuno costruisce pace da solo.
Ci vuole una comunità.
Ci vogliono legami.
Ci vuole fiducia.
Da domani, questa eredità preziosa torna nelle nostre mani.
Nei luoghi dove viviamo e lavoriamo, dove le decisioni non fanno notizia ma cambiano la vita delle persone.
Continuiamo così.
Con passo semplice, ma deciso.
Un chilometro alla volta.
Un gesto alla volta.
Perché la pace non si dichiara: si semina.
E oggi abbiamo visto che, insieme, possiamo renderla viva.
Grazie CISL!”
Fabio Nava – Segretario Generale CISL Lombardia





