Cinema e lavoro nel 1966

"Locandina"LocandinaBasterebbero due film a definire l’importanza
del 1966 nella storia del cinema. Uno è Au hasard Balthazar di Robert
Bresson
ed il secondo l’Andrej Rublëv di Andrej
Tarkovskij
. Due film che, a modo loro, parlano anche di lavoro e di senso di una vita. Il capolavoro di Bresson
racconta semplicemente la vita dell’asino Balthazar e quello della sua prima padroncina. Un film pessimistico sulla vicenda umana e
sullo sfruttamento e malvagità dell’uomo. Un linguaggio essenziale come quello di Bresson rende ancora più dura la pessimistica visione
dell’esistenza. La scelta di un asino come punto di vista ma anche giudizio delle vicende terrene è per se stessa una presa di posizione.
Quella di un animale legato al lavoro nei campi o nel traino, comunque sia un animale che rappresenta la fatica di un’esistenza dedicata
al lavoro. Il film di Tarkovskij è anch’esso il racconto di una vita: quella del monaco Rublëv, uno dei maggiori pittori russi, vissuta
a cavallo tra la fine del 1300 e l’inizio del 1400 in una Russia sconvolta dalle invasioni delle orde asiatiche. Il film, che si snoda
attraverso 9 capitoli, inizia con il racconto della costruzione di una campana, un’opera complessa che, come quella del pittore, è
destinata a rimanere ben oltre la vita dell’artista. Una specie di monito verso un paese che non tollerava il dissenso ma anche la
speranza che gli uomini passano ma il risultato del loro lavoro resta. Dopo questa breve disamina dei due grandi film dell’anno passiamo
al consueto panorama prima di addentrarci nella segnalazione delle altre opere che parlano di lavoro. Restando in Francia, paese produttore
dell’opera di Bresson, va segnalato "La guerra è finita" di Alain Resnais, racconto della crisi di un militante comunista
spagnolo scettico nei confronti della lotta che si sta conducendo verso il franchismo. Film politico nel senso alto del termine, quello
che vede nelle idee e nel rapporto tra esse e la realtà il senso di un’azione. Altro film politico girato in Francia è "La presa del potere di Luigi XIV"
del nostro Roberto Rossellini, film che mentre svela i consigli di Mazarino e l’opera di Colbert a sostegno del giovane re,
rievoca le radici economiche di una pagina di storia. Dal paese oltralpe va segnalata anche la produzione poliziesca con "Tutte le ore feriscono… l’ultima uccide"
di Jean-Pierre Melville. Diventa più politico anche il genere western che ci consegna "I professionisti", opera americana
di Richard Brooks su un sequestro, mentre il teatro filmato di marca inglese produce il suggestivo "Marat – Sade" di Peter
Brook
. In Inghilterra inizia a girare anche Roman Polanski che consegna un film pieno di colpi di scena: "Cul-de-sac".
Il ritratto di un pittore, Morgan, è l’occasione per Karel Reisz per fare le pulci alle illusioni della sinistra nel film
"Morgan matto da legare". "LocandinaIn Svezia nel frattempo
Igmar Bergman gira il pessimistico "Persona" mentre Orson Welles si affida ad una produzione spagnola per realizzare
una specie di summa shakespeariana come il "Falstaff". Una pellicola su una strage durante la resistenza ungherese è "Giorni freddi"
di András Kovács: si tratta di un’opera rigorosa ed efficace. Anche l’Italia è al centro della produzione di film politicamente
schierati come nel caso de La battaglia di Algeri di Gillo
Pontecorvo
, Leone d’oro alla Mostra di Venezia o nella drammatica contraddizione tra concezione intellettuale
dei valori e morale collettiva nel film di Vittorio De Seta "Un uomo a metà". Politico a modo suo anche il "Francesco d’Assisi"
di Liliana Cavani mentre Mario Monicelli rinnova la commedia storica con "L’armata Brancaleone". Tornando ai film
sul lavoro vale la pena di ricordare il bel ritratto di Nadezda Pervukina, ex pilota di aerei mai rassegnata ad esercitare un’altra
attività, nel film "Ali" della russa Larisa Sepit’ko. Ma la più interessante commedia sul tema viene da Cuba con "La morte di un burocrate"
di Tomás Gutiérrez Alea. La surreale vicenda è quella di un operaio morto sul lavoro e seppellito con la propria tessera sindacale,
tessera che è però necessaria per far ottenere alla vedova la pensione… Negli Usa Billy Wilder riflette sul comportamento
economico in "Non per soldi… ma per denaro" mentre John Frankenheimer racconta di un industriale che è disposto a tutto
pur di cambiare identità in "Operazione diabolica". "LocandinaIn Inghilterra vengono
girate le vicende erotiche di un proletario con "Alfie" di Lewis Gilbert mentre si affaccia il nuovo cinema tedesco con le
vicende, anche lavorative, di una giovane ebrea in "La ragazza senza storia" di Alexander Kluge. Godard in Francia
gira il ritratto di una donna per parlare della società dei consumi in "Due o tre cose che so di lei" ma anche un film sulla condizione
giovanile, compresa la ricerca del lavoro, in "Il maschio e la femmina". La rivolta verso la società avviene anche attraverso il furto
ne "Il ladro di Parigi" di Louis Malle. Prima di passare alla produzione italiana, da segnalare un’opera australiana diretta
da un regista inglese come Michael Powell su di un emigrante italiano in cerca di lavoro. Si tratta di "Sono strana gente",
film non eccezionale ma che mostra un certo feeling verso i nostri connazionali. Da noi quasi niente da segnalare, se non il destino
del proletariato ben presente nell’opera di Pasolini Uccellacci
e uccellini
premiato a Cannes. Film originale, più poetico che realistico, rappresenta però una delle poche opere nazionali
che riflette sulla crisi di una società in trasformazione nell’anno considerato. Un anno comunque che vede nel cinema politico un elemento
di forza. Opere significative sul lavoro nel nostro cinema sono ancora in attesa.