Cinema e lavoro nel 1993

Milano, 13.1.2014
 
Anno senza grandi capolavori ma con interessanti esperimenti e grandi successi commerciali quali L’ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci, Philadelphia di Johnatan Demme o Schindler’s list di Steven Spielberg. A modo loro anche questi ultimi due film parlano di lavoro: il primo, pur avendo come tema principale l’omosessualità e l’Aids, in realtà parla anche di discriminazione sul posto di lavoro nel raccontare il licenziamento del brillante avvocato protagonista della pellicola. Il film di Spielberg racconta invece  la vicenda di Oskar Schindler, un industriale tedesco in buoni rapporti con i nazisti che utilizza inizialmente gli ebrei come forza-lavoro da sfruttare diventandone poi il loro salvatore.
Tra i film più interessanti dell’anno si annoverano opere come Lezioni di piano della australiana Jane Campion ma anche film anomali quali due biografie innovative. Parliamo di Wittgenstein dell’inglese Derek Jarman e di Trentadue piccoli film su Glenn Gould del canadese François Girard.
Anche il nostro Pupi Avati gira un film inusuale e riuscito come Magnificat, tra il laico ed il religioso per illustrare il medioevo con le superstizioni e le violenza di un’epoca. Lo stesso Marco Ferreri gira Diario di un vizio, forse il suo film più antinarrativo, su un venditore di detersivi.
 
Ma tornando al tema del lavoro e dell’economia partiamo come di consueto con le produzioni statunitensi dove, oltre ai film già citati, altre quattro opere affrontano, a modo loro, questi temi.
L’apprendistato della vita in un quartiere difficile dove la scelta è tra il lavoro (quello del padre) o la criminalità è il tema del primo film diretto da Robert De Niro che risponde al titolo di Bronx e rappresenta anche un omaggio agli italoamericani della sua infanzia.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Loschi traffici economici sono invece alla base del racconto de Il socio diretto da Sydney Pollack che opera sul romanzo di  John Grisham adattandolo con una trama avvincente che parla di denaro sporco e di omicidi raccontando come un laureato con lode di Harvard, decide di  far parte dello staff di un gruppo di esperti in diritto commerciale che in realtà rappresentano la faccia presentabile per il crimine organizzato.
The Music of Chance è invece un film di Philip Haas che parla di avidità prendendo spunto da una partita di poker che vede due miliardari alle prese con due giocatori professionisti ai quali l’azzardo finisce male.
La grande depressione vista con gli occhi di un bambino infine sono il tema del film, in verità non eccezionale, Piccolo grande Aaron di Steven Soderbergh.
 
Due film di grande interesse arrivano invece dalla produzione inglese. Sono le opere dei due maggiori registi “sociali”: Ken Loach e Stephen Frears. Il primo dirige Piovono pietre, uno dei suoi migliori film avente come protagonista un operaio disoccupato che si arrangia con qualsiasi lavoro (in nero naturalmente) gli venga a tiro, compreso il furto di pecore. Si tratta di un film ironico e divertente che si schiera con i nuovi poveri alle prese con il liberismo thatcheriano.
 
 
 
 
 
 
 
 
Frears invece racconta della gravidanza inattesa di una ragazza ventenne che lavora in un supermercato e che appartiene ad una famiglia operaia irlandese nel film The Snapper. Anche in questo caso si tratta di una commedia vivace ed impertinente servita da ottimi interpreti teatrali che sa descrivere l’ambiente proletario come pochi autori sanno fare.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Andiamo in Russia per fare la conoscenza con Artur Aristakisjan ed il suo primo film (in pratica la sua tesi di laurea) Ladoni – La palma della mano. Qui si parla di emarginazione sociale seguendo la vita dei mendicanti moltiplicatosi dopo la caduta dell’impero sovietico. Un film che guarda con rispetto alle loro vite fino a farne un’opera che si oppone al materialismo ed alle aberrazioni storiche delle varie dittature. Un film quasi documentaristico di oltre due ore che richiede molta attenzione e di non facile visione che è arrivato da noi solo in formato video.
 
Dalla Polonia arriva invece un altro film sul disadattatamento con le vicende di Karol, dapprima vittima dell’attaccamento insano da parte della madre che successivamente lo abbandonerà e poi alle prese con un lavoro come sguattero nella cucina di una mensa alle dipendenze di un superiore cattivo e violento che arriva a cercare di bruciarlo vivo. Il film dal titolo Conversazione con l’uomo dell’armadio è opera del regista Mariusz Grzegorzek.
 
Due film da segnalare anche tra le produzioni d’oltralpe dalla Francia. Il primo, Il profumo della papaya verde diretto da Tran Anh Hung ed ambientato nel Vietnam patria del regista, è un atto di accusa sulle condizioni lavorative delle donne e sulla loro collocazione sociale. Un film tenero su una giovane contadina che lascia i genitori per trovare lavoro in città.
Uno sciopero di minatori ambientato nel nord della Francia nel 1863 è alla base del romanzo di Émile Zola Germinal che il regista Claude Berri porta sullo schermo in una versione della durata di quasi tre ore. Film politico di ideali socialisti è stato a suo tempo accusato di populismo. Per quanto ben realizzato l’eccessiva lunghezza non giova al film.
 
Dal nostro paese non arrivano opere memorabili ma destano interesse alcuni film che parlano di immigrazione e di speranze deluse di cambiamento. Il primo è L’articolo 2 di Maurizio Zaccaro, uno dei primi film che pone al centro la figura di un operaio immigrato. Il nostro protagonista è un algerino ben integrato ed apprezzato ma con due mogli come è uso nel suo paese. Peccato che per la legge italiana possa essere accusato di bigamia…
Il ritorno dietro la macchina da presa del regista  Vittorio De Seta avviene invece con un documentario su una terra depressa che ha pagato i prezzi di una industrializzazione selvaggia. Si tratta de In Calabria, film sulle speranze deluse e sulla disgregazione anche morale di una civiltà contadina.
Una simpatica commedia sui possibili lavori nella testa di un giovane carabiniere è invece Stefano Quantestorie di Maurizio Nichetti. Un film dalla costruzione piuttosto anomala con le storie del protagonista alle prese con le possibili occupazioni che si incastrano a volte tra di loro.
Quattro disoccupati, compreso un immigrato, che occupano un seggio elettorale sono invece i personaggi di Sud di Gabriele Salvatores.

 

Le aspirazioni di carriera nel mondo delle assicurazioni sono invece il tema di Bonus Malus diretto da Vito Zagarrio mentre la saga di una famiglia contadina ed della avidità congenita sta alla base di Fiorile dei fratelli Paolo e Vittorio Taviani.