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Cinema e lavoro nel 2010

Le donne protagoniste

Milano, 29.8.2019

Il 2010 è caratterizzato, dal punto di vista economico, dalla crisi della Grecia iniziata ufficialmente nell’autunno del 2009, quando viene rivelato che i bilanci economici trasmessi all’Unione europea erano stati falsificati per permettere l’ingresso della Grecia nella Zona Euro. Altro avvenimento significativo il rilascio da parte del sito WikiLeaks di oltre 100.000 documenti del governo statunitense contrassegnati come “segreti” o “confidenziali”. In Italia inoltre si aggrava la situazione occupazionale giovanile.
Dal punto di vista cinematografico il successo di pubblico arride a pellicole come Alice in Wonderland di Tim Burton, Benvenuti al Sud regia di Luca Miniero, un film come Inception di Christopher Nolan con Leonardo Di Caprio che parla anche di spionaggio industriale, Io, loro e Lara del nostro Carlo Verdone e Toy Story 3 – La grande fuga per la regia di Lee Unkrich.
Dal punto di vista della qualità vanno segnalati titoli come Nostalgia della luce, uno splendido documentario di Patricio Guzmán sui campi di concentramento cileni durante la dittatura di Pinochet, Hereafter di Clint Eastwood sull’aldilà e la vita futura, Uomini di Dio di Xavier Beauvois, il film sui monaci algerini vittima del terrorismo islamico premiato anche a Cannes e L’uomo nell’ombra di Roman Polanski. La nostra cinematografia si impone con Noi credevamo di Mario Martone ed il lento e difficile Le quattro volte di Michelangelo Frammartino, osannato dalla critica ma snobbato dal pubblico.

Veniamo al nostro tema partendo come di consueto dalla produzione americana. Il drammatico The Company Men del regista John Wells vede come protagonisti i dirigenti di un cantiere navale, acquisito da una potente compagnia finanziaria interessata agli utili sempre più alti che alla produzione. Loro perdono il posto e la ricerca di un altro lavoro è il tema del film. Qualcuno è out ed uno dei nostri protagonisti da dirigente deve ricollocarsi come operaio scoprendo la soddisfazione del lavoro manuale. Un film sul capitalismo umanitario di stampo protestante dove prevale l’ottimismo anche nelle tragedie della perdita del lavoro. D’altronde è tipico della produzione hollywoodiana. Diverso il caso del documentario Freakonomics – Le divertenti verità sula crisi, opera della regia collettiva di Heidi Ewing, Alex Gibney, Seth Gordon, Rachel Grady e Morgan Spurlock. Il titolo è un incrocio fra freak (deforme, anomalo) e economics, intesa come scienza sociale. In realtà parla di dinamiche sociali e delle loro influenze sull’economia anche se con qualche forzatura.
La commedia drammatica Amore e altri rimedi invece analizza l’industria farmaceutica avente come protagonista un donnaiolo rappresentante di una ditta che vende il Viagra ed una giovane affetta dal morbo di Parkinson. Il regista è Edward Zwick.

Passiamo alla produzione della Gran Bretagna che ci presenta uno dei film più interessanti della stagione: We Want Sex di Nigel Cole. E’ la cronaca della protesta di 187 donne della Ford di Dagenham nel 1968 che, addette alla cucitura dei sedili, vedono le loro condizioni di lavoro peggiorare costantemente. La loro protesta coinvolge l’intera nazione fino ad ottenere la legge sulla parità di retribuzione. Si tratta di un film spiritoso ed ironico su una lotta operaia che ha cambiato la storia delle donne.

Giungiamo in Francia per analizzare la produzione del paese transalpino partendo da Potiche – La bella statuina del regista François Ozon con Catherine Deneuve e Gérard Depardieu. Si tratta del ritratto di una donna sottomessa ad un marito fascistoide antisindacale costretta a sostituirlo nella direzione aziendale. Essa riuscirà non solo a trovare l’accordo con i sindacati ma anche a risanare l’azienda. Una bella commedia riuscita quella di Ozon con una grande Deneuve. Passiamo al fim di Jean-Pierre Améris Emotivi anonimi che parla del rapporto tra due persone emotive, l’uno proprietario di una fabbrica di cioccolata e l’altra assunta come rappresentante, che saprà rilanciare l’azienda, incapaci di confessare il loro amore. Ne esce un film rilassante dove il mondo del lavoro fa solo da sfondo ma che, come in Potiche, rilancia la potenzialità delle donne. Terminiamo l’analisi della produzione francese con Mammuth, un dramma diretto dai registi Benoît Delépine e Gustave Kervern. Si tratta del ritratto di un operaio, interpretato da Gérard Depardieu, che andando in pensione scopre che molti suoi datori di lavoro hanno evaso i contributi e quindi decide di andare a recuperarli inforcando la sua vecchia moto. Nel viaggio scopre con delusione come i suoi compagni avessero una bassa considerazione nei suoi confronti creandogli qualche frustrazione che solo una sua nipotina saprà farla superare. Un ottimo film sul rapporto tra vita e lavoro.

Ed eccoci alla produzione italiana che si caratterizza per l’edizione di alcuni buoni film ma soprattutto degli ottimi documentari. Partiamo dal film che ha avuto maggior successo nelle sale ossia Figli delle stelle di Lucio Pellegrini. E’ la storia di un rapimento sbagliato nei confronti di un ministro; rapimento dovuto alla necessità di risarcire la famiglia di un operaio di Porto Marghera morto sul lavoro. Nella evoluzione della vicenda si scopre la frustrazione e le carenze di una vita dei protagonisti. Molto interessante, ma penalizzato dal pubblico, il film di Pasquale Scimeca tratto dal romanzo di Verga I malavoglia. Sempre la nota vicenda della famiglia di pescatori quella portata sullo schermo ma questa volta con l’inserimento di un tunisino clandestino nella parte di ‘Ntoni. Sarà proprio il nostro tunisino, al quale hanno trovato lavoro nelle serre, che risolve i problemi i problemi della famiglia dopo il naufragio della loro barca. Un film quasi invisibile per una distribuzione quasi inesistente.

Miglior destino ha avuto Hai paura del buio di Massimo Coppola sul confronto tra due donne: una immigrata rumena ed una italiana che la ospita in Basilicata. Molti i temi affrontati nel film tra i quali il precariato del lavoro e l’immigrazione. Sempre di immigrazione e di disoccupazione parla una simpatica commedia della milanese Paola Randi che si trasferisce a Napoli tra la comunità dello Sri Lanka dove si rifugia uno scienziato dopo essere stato licenziato ed, alla ricerca di una occupazione, si era rivolto ad un politico coinvolto con la camorra finendone ricercato dalla stessa. Il titolo risponde ad Into Paradiso; si tratta di un film leggero che però racconta molto del rapporto tra politica e criminalità cosi come, pur essendo quasi invisibile, la camorra diventa la protagonista è Gorbaciov di Stefano Incerti. Qui si tratta di debiti che si gonfiano e di sogni folli che puntano sempre più in alto e di gioco e transazioni di denaro. Anche qui appare la Napoli, dei quartieri dagli immigrati orientali e dove la corruzione e la violenza hanno delle radici. Ma veniamo al genere documentario dove vi sono alcune opere veramente meritevoli a partire da RCL – Ridotte capacità lavorative per la regia di Massimiliano Carboni. Attraverso una docufiction affronta il tema dei rapporti tra i lavoratori e la Fiat di Marchionne nello stabilimento di Pomigliano d’Arco quando viene imposto un nuovo contratto di lavoro. Nella parte fiction si racconta del progetto di un film che prevede un’astronave che possa portare in salvo gli operai su un pianeta dove non esiste il capitalismo. Un film che parla di fabbrica ma che non ha potuto essere girato alla Fiat per mancanza di autorizzazione. Passiamo ad altro tipo di lavoro: quello nelle vigne che viene mostrato dal bel documentario di Ermanno Olmi Rupi del vino. Girato in Valtellina, mostra i lavori che ruotano attorno alla coltivazione dell’uva; dalla costruzione dei muri a secco alla preparazione della vite fino alla produzione dei vini. Vini che sono anche simbolo di sacralità e di amicizia.
Altra interessantissima opera è Scuola Media di Marco Santarelli girata in una scuola della periferia tarantina che racconta il lavoro quotidiano degli insegnanti appassionati in un quartiere degradato. Il documentario è stato presentato al Torino Film Festival dove la vittoria della sezione è andata ad un’altra opera significativa come Bakroman dei fratelli Gianluca e Massimiliano De Serio. Si trasferiscono ad Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, per raccontare la storia di un’associazione che aiuta i ragazzi di strada a ritrovare dignità e lavoro in una realtà dove lo stordimento dovuto alla colla sniffata od alle incursioni dei pedofili non toglie la speranza di un futuro migliore.
Sempre di Africa, in questo caso del Senegal, si occupa il documentario Il sole non ignora alcun villaggio con la regia di Silvio Soldini e Giorgio Carini. Riporta l’esperienza di un’unione di contadini che, grazie alla ricerca di soluzioni per rendere più dignitoso il proprio lavoro, sono approdati agli impianti solari che hanno cambiato la loro vita permettendo di raggiungere l’autosufficienza alimentare. Ritornando al nostro Paese, nello specifico a Venezia, lo sguardo va al docufilm di Carlo Mazzacurati Sei Venezia, frutto di un lungo lavoro del regista per raccontare la città attraverso le storie di cinque veneziani. Tra di loro anche un anziano, archeologo di sera e operaio in fabbrica di giorno.
Nel complesso il 2010 cinematografico ha promosso fiction che hanno mostrato la caparbietà e le capacità del genere femminile ed una serie di interessanti documentari sul mondo del lavoro sia in Italia che in Africa.

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