Cinema e lavoro nel 2006

Milano, 9.4.2018

Il 2006 è l’anno di inizio della crisi economica mondiale con la bolla immobiliare statunitense. Già il cinema aveva affrontato alcune tematiche legate agli scandali economici (Enron, Wall street, ecc.) ma sarà negli anni successivi che approfondirà le ragioni e gli scandali legati alla crisi. Di film legati alla realtà politico-economica italiana si distingue Il caimano di Moretti ma sono anche importanti alcuni documentari dei quali accenneremo. Altro tema che si impone nei film girati in casa nostra è quello dell’emigrazione.

La stagione vede imporsi, dal punto di vista degli incassi, film dignitosi (Pirati dei CaraibiLa maledizione del forziere fantasma di Gore Verbinski; Notte prima degli esami di Fausto Brizzi; Una notte al museo di Shawn Levy, Il mio miglior nemico di Carlo Verdone) ed altri decisamente scarsi come il solito cinepanettone Natale a New York di Neri Parenti.
Dal punto di vista della qualità l’anno si segnala per l’opera di Martin Scorsese The Departed – Il bene e il male che conquisterà 4 Oscar o di Pedro Almodóvar Volver – Tornare, un film sulla famiglia e sulla sorellanza che invece si limiterà a conquistare 3 premi Goya (gli Oscar spagnoli)

Ma veniamo al nostro excursus mondiale sulle pellicole che parlano di economia e lavoro partendo, come di consueto, dagli Usa. Pochi titoli da segnalare compreso il film di Muccino prodotto in America. Il più interessante risulta essere un documentario: Frank Gehry, creatore di sogni per la regia di Sydney Pollack che impiegò 5 anni per un ritratto del famoso architetto (il progettista del Museo Guggenheim di Bilbao ed altre opere importanti). E’ un film sul lavoro dell’architetto, sulla fantasia, sulla scelta dei materiali ma anche sulle critiche all’esibizionismo.

Un buon film che da noi è quasi passato inosservato è stato invece 10 cose di noi di Brad Silberling. Piccolo film che narra l’incontro di un famoso attore in declino con una cassiera che si sente inadeguata e che aiuterà a vincere la paura. Ambientato in una realtà multietnica parla del mondo del lavoro, delle aspirazioni personali e delle implicazioni sociali.
La ricerca della felicità del nostro Gabriele Muccino invece ottiene un buon successo di pubblico. Parla di un ragazzo-padre che perde il lavoro e la casa e dopo una esperienza da stagista non retribuito presso una società di consulenza finanziaria diventa homeless ma non demorde approdando poi a Wall street. Un film sulle due facce dell’America di Reagan anche se forse troppo sentimentale.
Chiudiamo l’esame della produzione statunitense con Tu, io e Dupree, una commedia, solo parzialmente riuscita, di Anthony e Joe Russo che racconta di due giovani sposini che devono ospitare un amico rimasto senza lavoro che non riesce a ricollocarsi disertando i colloqui. Inoltre appare anche il tema dell’autoritarismo nei rapporti di lavoro.
 
 
 

Cambiamo continente per andare in Cina esaminando Still life col quale il regista Jia Zhang-ke ha vinto il leone d’oro veneziano. Si parla del del progetto idrico Tre Gole che prevede la costruzione di una grande diga e della più grande centrale idroelettrica del mondo con l’evacuazione di una antica città che rimarrà sommersa. Si tratta di un film che affronta il tema delle implicanze sociali del progresso attraverso le storie di un minatore e di una giovane infermiera.

Ci trasferiamo nei paesi nordici con una produzione danese/svedese. Si tratta de Il grande capo diretto da Lars von Trier che anticipa alcune problematiche legate alla spersonalizzazione della rete. Non esiste un direttore della fotografia ma è tutta gestita da un computer ed il film parla di un imprenditore che si è inventato un capo virtuale irraggiungibile dai dipendenti. Peccato che quando dovrà vendere l’azienda questo diventa un problema …. Una bella riflessione sulla distruzione dei rapporti da parte del capitalismo avente come priorità solo il profitto.

Ed eccoci in Inghilterra dove Shane Meadows dirige This is England. E’ un film ispirato alla autobiografia del regista ed ambientato nel 1983 nell’Inghilterra di Margaret Thatcher dopo la guerra delle Falkland dove il padre del protagonista perde la vita. Il ragazzo viene poi coinvolto in un gruppo razzista che utilizza la crisi economica che colpisce soprattutto il proletariato per scagliarsi contro gli immigrati. Un buon ritratto di una società dove gli effetti del liberalismo selvaggio si scaricano sulle persone più deboli senza nessuna prospettiva di futuro. Ad oltre dieci anni di distanza, potremmo definirlo un ritratto di alcune periferie del nostro Paese.

Il ritratto di una donna che sopravvive a Sarajevo dopo le ferite della guerra jugoslava, facendo l’operaia di giorno e la cameriera di notte è il soggetto del film Il segreto di Esma diretto dalla documentarista bosniaca Jasmila Zbanic. Il film è tutto al femminile, e racconta le problematiche delle donne reduci dalla guerra appena trascorsa che ne ha condizionato la vita. Un film che ha trionfato a festival di Berlino e che apre una speranza sul futuro proprio grazie alla sensibilità femminile.

E veniamo al nostro Paese dove si segnala un certo numero di opere interessanti non solo di fiction. Partiamo da un film sulla emigrazione italiana presentato a Venezia dove ebbe il leone d’argento rivelazione dal titolo Nuovomondo. Il regista è Emanuele Crialese che, dopo aver raccolto una notevole documentazione nel museo di Ellis Island e basandosi anche sulle lettere scritte o dettate dagli esuli analfabeti, racconta il passaggio da una Sicilia povera e primitiva ad un paese che seleziona i migranti dopo una quarantena all’isola di Ellis Island per poi accoglierli nel nuovo mondo. Per raccontare questo il regista segue le orme di Salvatore durante la lunga traversata; una traversata che trasforma gli uomini. Non manca la figura femminile che anticipa le donne che animeranno poi il femminismo americano.

Altra opera che si impone all’attenzione è La stella che non c’è di Gianni Amelio. Qui il viaggio è quello di un manutentore che per riparare un difetto nell’altoforno che la sua azienda in smobilitazione ha venduto ai cinesi si reca in Mongolia a sue spese. Un film morale sulla dignità del lavoro che si esprime anche attraverso la precisione e la qualità dello stesso. Lo accompagna nel viaggio una ragazza madre cinese che lo aiuterà a ritrovare se stesso ed a convivere con i suoi sogni.
E’ anche il ritratto di una Cina industriale con i cantieri a cielo aperto ma anche le zone rurali annegate dall’acqua della diga più grande del mondo che riprende in qualche modo il tema di Still Life del quale si è detto prima. Insomma si parla di quel capitalismo selvaggio esportato in oriente dove il lavoro non è più “la stella” di un tempo.
Il regista romano Marco Simon Puccioni dirige invece la storia di una proprietaria di una fabbrica di scarpe che convive con una sua dipendente e dell’accoglienza un ragazzo tunisino clandestino che loro stesse hanno aiutato ad entrare nel nostro paese. Il titolo del film è Riparo e si dimostra un’opera importante nell’affrontare i temi dell’immigrazione, della diversità anche sessuale e dei conflitti sociali. Ancora una volta la figura femminile è protagonista del film trasmettendo quella tenerezza che è caratteristica delle due protagoniste.
Anche la milanese Marina Spada si impone con un film che ha fatto incetta di premi che è il ritratto di una 30enne insoddisfatta del proprio lavoro in una agenzia di viaggi che si lega ad un immigrato ucraino ospitando in casa la cugina fino alla loro scomparsa. A questo punto il film diventa una specie di poliziesco ma resta una bella testimonianza sulla Milano delle periferie e della precarietà. Ancora un film con al centro la figura femminile e la periferia dal momento che la regista nasce in una famiglia operaia. Il titolo del film è Come l’ombra.
Di lavoro (questa volta in Polonia) parla anche Davide Ferrario nel ripercorrere La strada di Levi; cioè quel tragitto che Primo Levi alla fine del febbraio 1945 dal lager di Auschwitz percorse per tornare a Torino rivisto con gli occhi odierni. Qui entriamo nel genere documentaristico che offre molte opere interessanti in tema di lavoro.
Anzitutto è da segnalare Le mani raccontano di Luigi Faccini che si basa sulla testimonianza di 10 donne liguri che parlano della fatica del lavoro ma anche delle lotte per la loro dignità.
Altrettanto notevole il documentario Stirru – Racconti di zolfo di Alberto Nicolino con la testimonianza di vecchi ex minatori che parlano di se stessi e dei loro padri. Si dà voce anche alle donne mogli e figlie di minatori.
Sul versante dell’emigrazione un richiamo si ha con il documentario di Agostino Ferrente su un collettivo musicale multietnico nel quartiere romano dell’Esquilino. Si tratta de L’orchestra di Piazza Vittorio che racconta anche il lavoro precario di alcuni suoi componenti. Il film viene poco visto anche se l’orchestra poi godrà di una certa fama. Poco visto anche il documentario di Vittorio De Seta Lettere dal Sahara che segue un giovane senegalese nel suo viaggio con il naufragio in mare, lo sbarco a Lampedusa, ed un lavoro in nero come bracciante agricolo.
Ancora qualche segnalazione prima di chiudere, La terra di Sergio Rubini che affronta il problema della vendita di una azienda agricola quando in famiglia vi è divisione, Salvatore – Questa è la vita di Gian Paolo Cugno, ambientato in Sicilia, dove si parla del lavoro minorile a scapito dell’istruzione e Ma che ci faccio qui!, opera prima di Francesco Amato che parla del conflitto adolescenziale tra lavoro e voglia di libertà e di viaggiare.
Chiudiamo l’ampio panorama del cinema di casa nostra con Il caimano di Nanni Moretti che invece ottiene un bel successo in sala. E’ il ritratto di un imprenditore miliardario che fonda un partito e diventa capo del governo con evidenti riferimenti a Berlusconi ed alla sua epoca.