Cinema e lavoro – Dalle Terre di Nessuno

Milano, 10.2.2020

Regia: Elvio Annese (documentario) – Soggetto, sceneggiatura, fotografia: Elvio Annese – Durata: 53′ – Contatti: elvio.annese@fastwebnet.it

Quante Milano ci sono? C’è la Milano patinata, lanciata verso l’Expò, c’è la Milano delle periferie, ci sono le tante Milano clandestine che ci passano quotidianamente a fianco e che non conosciamo. Se fossimo veramente capaci di guardare gli altri scopriremmo che ogni volto racconta una storia. Spesso nelle periferie questa storia si svolge negli spazi lasciati vuoti dalla città. Lì nessuno viene a controllare. Ma quando tira una brutta aria è meglio nascondersi, magari in una buca sottoterra, per attendere tempi migliori.
Alcuni, come i rom sopravvissuti all’olocausto, garantiscono che la buca sottoterra non è una metafora. Altri ogni venerdì si sentono sempre più piccoli e si inchinano all’immensità di Allah. Prima di loro qui c’erano gli operai che la Milano post-industriale ha cancellato. Mentre stavano scomparendo hanno trasformato la più disperata delle lotte in manifestazione di vitalità. Oggi, come un archeologo, un giovane va nelle fabbriche abbandonate a caccia di reperti. Ripara i vecchi macchinari e li rimette in funzione nella sua piccola officina. Siamo in Bovisa, periferia di Milano, nelle terre di nessuno nate da una dismissione industriale che ha regnato per trent’anni.

Ambientato alla Bovisa (vecchio quartiere industriale dove Visconti aveva girato Rocco ed i suoi fratelli) il documentario rappresenta l’opera di un regista che si era formato alla scuola di Ermanno Olmi. Un film che descrive con poche parole i cambiamenti geografici e sociali nella periferia milanese e girato in realtà marginali (campo rom, orti abusivi, aree dismesse, ecc.)

DICHIARAZIONI DEL REGISTA

Ero un ragazzino quando ho fatto le prime riprese in super8 in una fabbrica abbandonata. Ci sono tornato dieci anni dopo e, con telecamere preistoriche, ho registrato la vita che si svolgeva negli stessi luoghi. Poi sono andato a pochi passi di distanza a riprendere gli ultimi giorni delle ultime fabbriche. Oggi i capannoni sono stati abbattuti. Al loro posto è arrivata l’università e gli studenti hanno sostituito gli operai. Ho filmato anche questo. Nelle ortaglie abbandonate ho ripreso, a distanza di vent’anni, le stesse persone che continuano a coltivare abusivamente, incuranti delle ruspe che incombono… intanto nel deserto lasciato vuoto dalla più grande fabbrica chimica della zona, trent’anni dopo, si è insediato un campo rom illegale. Ma non c’è quasi tempo per raccontarlo, il villaggio è già sgomberato. La vita della città va avanti. Ho sempre lavorato da solo perché volevo incontrare gli altri come un essere umano spinto da semplice curiosità. Se fossi andato con una troupe, per quanto contenuta, sarebbe stato diverso. Ho fatto tutto da solo, anche il montaggio, perché volevo essere libero come volevo liberi i soggetti che riprendevo. (Elvio Annese)