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Cinema e lavoro – Il petroliere

Un film di Paul Thomas Anderson (Usa 2007)

Milano, 7.1.2019

REGIA: Paul Thomas Anderson SOGGETTO: Upton Sinclair (romanzo) SCENEGGIATURA: Paul Thomas Anderson FOTOGRAFIA: Robert Elswit MUSICHE: Jonny Greenwood MONTAGGIO: Tatiana S. Riegel, Dylan Tichenor SCENOGRAFIA: Jack Fisk Arredamento: Jim Erickson COSTUMI: Mark Bridges EFFETTI: Steve Cremin, Grady Cofer, Paul Graff, Industrial Light & Magic (ILM) INTERPRETI: Daniel Day-Lewis – Daniel Plainview, Paul Dano – Eli Sunday, Kevin J. O’Connor – Henry Brands, Ciarán Hinds – Fletcher Hamilton, Russell Harvard – H.W. Ailman, Mary Elizabeth Barrett – Fannie Clark, Colleen Foy – Mary Sunday, Rhonda Reeves – Madre di Elizabeth, Paul F. Tompkins – Prescott, Hans R. Howes – Bandy, Hope Elizabeth Reeves – Elizabeth, David Willis – Abel Sunday, Coco Leigh – Sig.ra Bankside PRODUZIONE: Ghoulardi Film Company, Paramount Vantage, Miramax Films, Scott Rudin Productions DISTRIBUZIONE: Buena Vista International Italia (2008) DURATA: 158’

Nel 1898 il minatore d’argento Daniel Plainview accidentalmente scopre un giacimento di petrolio in una delle sue miniere. In poco tempo guadagna abbastanza soldi da poter mettere in piedi una sua piccola compagnia di estrazione. Uno dei suoi lavoratori rimane ucciso in un incidente sul lavoro e Plainview prende con sé il figlio rimasto orfano facendolo passare per suo e affermando che la moglie è morta dandolo alla luce. Inizialmente il petroliere si vuole servire della presenza del ragazzo per presentarsi come un padre affettuoso e dedito alla famiglia per influenzare positivamente e convincere alla vendita i proprietari dei terreni con depositi di petrolio, ma successivamente si affezionerà al ragazzo. Nel 1911 Plainview è ormai diventato uno dei petrolieri più importanti della California quando viene contattato da un giovane di nome Paul Sunday, il quale gli vende un’informazione circa un giacimento di petrolio nella proprietà della sua famiglia a Little Boston, in California. Plainview e il figlio H. W. vi si recano e, presentandosi come cacciatori di quaglie, verificano la presenza del petrolio e cercano quindi di comperare la proprietà, senza però rivelare al padre di Paul, Abel, la presenza del petrolio; tuttavia il gemello di Paul, Eli, è a conoscenza del giacimento di petrolio e fa lievitare il prezzo a 10.000 dollari, che intende impiegare per la fondazione di una sua chiesa. Plainview paga 5.000 dollari immediatamente e promette altri 5.000 come donazione alla chiesa. In breve, i rapporti tra Plainview ed Eli si deteriorano: il primo manca di onorare il proprio debito con la famiglia Sunday e accusa il secondo di essere un commediante, un falso profeta. Nel frattempo l’esplosione di un pozzo di petrolio priva H. W. dell’udito. Inoltre un uomo di nome Henry visita Plainview, dichiarandogli di essere suo fratello. Plainview, che ha in odio gli uomini ed è dannato dalla sua stessa sete di potere, sembra vedere nel fratello una possibilità di mutamento. H. W., prostrato dalla perdita dell’udito, curiosa nel diario di Henry e a causa della gelosia decide di dare fuoco all’abitazione dove i due fratelli dormono. A motivo di ciò, viene allontanato e messo in cura in un ospedale specializzato. Henry e Daniel iniziano a lavorare assieme ma in occasione di un viaggio, Plainview scopre che Henry è un impostore che, avendo conosciuto il suo vero fratello, ha attinto dal suo diario una storia credibile per coprire l’inganno. Trovandosi accampati e isolati, Plainview uccide Henry con una pistolettata a bruciapelo alla testa e lo seppellisce. Per far fruttare i suoi affari a Little Boston, Plainview ha bisogno di ottenere una concessione da un riottoso contadino della zona, per far attraversare il terreno di quest’ultimo da un oleodotto. Il proprietario gli darà il permesso ma a condizione che egli si converta alla chiesa di Eli. Ottenuta la concessione gli viene però rimproverato l’abbandono del figliolo che Plainview richiamerà a sé. La storia si conclude poco prima della grande depressione del 1929. Daniel è ormai un alcolista quando il figlio decide di abbandonarlo per mettersi a perforare in proprio in Messico. Stizzito e in preda alla sete di vendetta, Plainview rivela a H. W. che egli è in verità un orfano, un «bastardo trovato in un cesto», rimanendo però in realtà deluso dall’abbandono del ragazzo. Quando ormai la situazione dei risparmiatori statunitensi è disastrosa, Plainview riceve la visita di Eli, il quale ormai ridotto al lastrico da una vita dissoluta gli offre di entrare insieme in affari. Tuttavia, la competizione fra i due è talmente forte che Plainview non rinuncia a vendicarsi dei torti subiti nel passato. Pone come condizione all’impresa commerciale che Eli dichiari se stesso un falso profeta e l’inesistenza di Dio. Eli, uomo ormai corrotto dal peccato, accetta di proclamare a gran voce la propria apostasia e solo a quel punto Daniel gli rivela l’inconsistenza degli affari da lui proposti. A questo punto, la furia di Plainview si scatena e, dopo averlo malmenato, uccide Eli fracassandogli il cranio.

Un film sul potere economico e sugli intrecci con gli altri poteri a partire da quello religioso ma anche della solitudine che lo stesso potere comporta. Una lettura quasi brechtiana del capitalismo americano.

LA CRITICA

….. quanto all’ambizione di definire il magnate che, facendosi da sé, ha fatto anche l’America: siamo dalle parti dell’ ‘Uomo che non sapeva amare’ di Edward Dmytrik e del suo prologo, apparso successivamente: ‘Nevada Smith’ di Henry Hathaway. (Maurizio Cabona, ‘Il Giornale’, 9 febbraio 2008)

Il regista Paul Thomas Anderson (quello di ‘Boogie Nights’, di ‘Magnolia’ e del più recente, e più deludente, ‘Ubriaco d’amore’) ha sfrondato il romanzo ‘Petrolio!’ di Upton Sinclair di tutta la parte politica sullo scandalo Harding e dell’umanitarismo socialista a favore dei lavoratori per concentrarsi sulla figura di Plainview. In questo modo lo spirito epico di un periodo di svolta per la civiltà americana, con l’innovazione modernizzatrice che passa attraverso il trivellamento (lo sventramento?) dei territori della frontiera, viene riassunto nello scavo dentro le ossessioni di un uomo che piano piano sostituisce l’entusiasmo con l’avidità e il rispetto con l’egoismo. Girato in Cinemascope e in scenari di ruvida bellezza, il film finisce così per concentrarsi sulla faccia di Daniel Day-Lewis, davvero ammirevole nel lavoro mimetico che gli permette di esprimere con la forza dello sguardo, l’incurvatura del corpo, la mobilità delle mani quello che stava trasformando lo spirito e l’animo di tutta una nazione. Anderson sembra non volersi staccare mai dal suo attore, lo pedina con lunghe carrellate laterali, lo inquadra in primissimo piano come per incorniciare quello che accade sullo sfondo e a volte sembra perdere di vista il flusso del racconto. O, meglio, finisce per sottolineare soprattutto uno dei protagonisti in scena, affascinato dall’attore che lo interpreta e insieme ossessionato dalla determinazione del personaggio che incarna. I meriti e i difetti del film sono tutti qui, nella prova forse troppo grande di Daniel Day-Lewis e nello sforzo che fa il regista per non perderne nemmeno un grammo (il film dura 158 minuti), a scapito dei personaggi – il «figlio», il predicatore invasato, il falso fratello, l’assistente – e dei temi – gli affetti, la superstizione, l’avidità – che pure sono presenti nel film. (Paolo Mereghetti, ‘Corriere della Sera’, 9 febbraio 2008)

E’ il racconto delle radici primitive, delle origini di un capitalismo selvaggio che finiscono per essere sovrastrutture materiali di potere, di necessità di violento dominio in barba al senso della vita e ai basilari sentimenti d’affetto verso il prossimo. Plainview “venderebbe anche la madre pur di…”, intanto attorno a lui si creano le basi per la frontiera geografico/politica di più recente nascita, quella americana, imbevuta di fanatico revivalismo religioso e prepotente lotta di competizione economica senza regole. Fondamenta di un dna culturale dallo strascico sociale che ancora decide gli indirizzi politici dei governanti statunitensi odierni. (Davide Turrini, ‘Liberazione’, 9 febbraio 2008)

Parte della critica ha descritto ‘There will be blood’ come un film che tenta di raccontare la famiglia e la religione negli Stati Uniti all’inizio del XX secolo. Il co-protagonista è il giovane e bravo Paul Dano che interpreta la figura ambigua di un giovane pastore evangelico che inizialmente tenta di redimere Plainview per poi rivelarsi anch’esso assetato di denaro. ‘There will be blood’ è stato candidato ad otto Oscar. Ma questa pellicola prima di tutto ha confermato che Daniel Day Lewis, già insignito del Golden Globe per questa interpretazione, è un attore in grado di trasformare in eroe, positivo o negativo che sia, qualunque personaggio interpreti. (Vincenzo Savignano, ‘Avvenire’, 9 febbraio 2008)

‘Il Petroliere’ è un film al tempo stesso epico e minimale. Il primo quarto d’ora – magistrale! – sembra un cortometraggio muto di Griffith, altro regista che sul capitalismo e sulla nascita delle nazioni aveva idee ben precise. (…) E la storia è sempre quella – molto cinematografica – di un uomo solo schiacciato dalla propria ricchezza. In questo il cinema è spesso inferiore alla realtà, perché i grandi capitalisti non sono mai soli: sono uomini di apparato e di relazioni, anche quando sembrano matti come Hughes, e il rischio è sempre quello di restituirne una visione fin troppo romantica. Proprio per questo il personaggio più inquietante del ‘Petroliere’ finisce per essere non Plainview, che Lewis rende con gigioneria a volte eccessiva, ma il giovane predicatore Eli Sunday interpretato da un prodigioso 23enne che si chiama Paul Dano. (Alberto Crespi, ‘L’Unità’, 9 febbraio 2008)

“Il film ha qualcosa di distaccato e lontano che non somiglia alle opere precedenti di Anderson (‘Sidney’, ‘Boogie Nights’, ‘Magnolia’) ma che cerca e trova una forza inconsueta, energia mai vista”. (Lietta Tornabuoni, ‘La Stampa’, 15 febbraio 2008)

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