Comitato Esecutivo CISL Lombardia in sessione di studio – 29 settembre e 01 ottobre 2025

«Non è un Esecutivo come tutti gli altri. Ci troviamo in un tempo che ci interroga, che ci chiede un salto di maturità collettiva e quindi non possiamo limitarci alla routine della rappresentanza: dobbiamo fermarci, ascoltarci, porci domande. È un esercizio che appartiene alla nostra storia, alla nostra tradizione. Sospendere il ritmo non significa sottrarsi alla realtà, ma poterla guardare meglio e più a fondo» – con queste parole Fabio Nava, Segretario Generale della CISL Lombardia, ha aperto il suo intervento al Comitato Esecutivo della CISL Lombardia, che si è tenuto martedì 30 settembre e mercoledì 1 ottobre 2025 a Cavenago Brianza (MB)

L’Esecutivo ha visto la partecipazione di Nando PagnoncelliPresidente di IPSOS – che ha fornito alla platea uno spaccato sul ruolo dei corpi intermedi e sul loro ruolo per ridare fiducia al Paese; di Massimiliano Valerii Direttore Generale Censis – che invece ha parlato di rappresentanza all’interno della società; di Emmanuele MassagliPresidente Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori – che ha illustrato metodo, contenuti e prospettive della Legge 76/2025 sulla partecipazione dei lavoratori e di Massimiliano BranchiChief People, HSEQ and Sustainability officer di Saipem, Francesco LuccisanoCountry Director di Syensqo e Fabrizio LeopardiDirettore Risorse Umane di Leroy Merlin, che hanno portato una testimonianza di come la partecipazione è declinata all’interno delle loro aziende ed è stato concluso dall’intervento di Daniela Fumarola, Segretaria Generale CISL

Nella sua relazione introduttiva alla due giorni di studio, il Segretario ha affermato che «viviamo un tempo in cui le crisi non si susseguono più una dopo l’altra, ma si intrecciano, si sovrappongono e si alimentano a vicenda. Vediamo guerre che pensavamo sepolte tornano a bruciare alle porte d’Europa, crisi energetiche e climatiche che non restano più solo statistiche ma entrano nei portafogli delle famiglie, nelle casse delle imprese, nei bilanci pubblici, migrazioni che ci interrogano profondamente su cosa significhi davvero la parola comunità, democrazie che, in molti Paesi, vengono sfidate da populismi, polarizzazione e astensionismo crescente. È come se la storia fosse tornata a correre all’indietro»

Eppure, Nava invita a non rassegnarsi: «non possiamo essere un Paese che vive di rendita o di lamento. Dobbiamo ritrovare il coraggio del “sì”: sì all’innovazione, sì alle transizioni governate e giuste, sì a un’economia che premia responsabilità e merito. Solo così l’Italia torna a essere un Paese che non ha paura del futuro, ma lo costruisce»

Sulla pace, le sue sono state parole nette: «noi non siamo “filo” nessuno, siamo solamente “filo speranza”, l’unico filo che non diventa spinato col tempo. La pace non è mai un atto calato dall’alto, ma un percorso che vive solo se chi ne paga il prezzo più alto viene ascoltato e coinvolto. Per questo promuoviamo iniziative concrete, sottoscrizioni, momenti di ascolto e di dialogo. Perché la pace non si delega, si costruisce»

Il suo sguardo si è poi allargato all’Europa: «l’Unione Europea è uno spazio in cui competitività, welfare e democrazia possono rafforzarsi a vicenda, ma serve un’Europa capace di decidere, capace di investire insieme, capace di proteggere il lavoro e le regole sociali; serve una politica industriale comune, servono strumenti comuni di investimento, serve il coraggio di condividere debito e destino»

Accanto alla geopolitica, Nava ha affrontato il tema della crisi della democrazia: «cresce l’idea pericolosa che la democrazia sia lenta, inefficace, incapace di reggere il ritmo del cambiamento. Noi, come sindacato, sappiamo invece che si può decidere insieme, senza cedere né al populismo né all’oligarchia. È questo il patrimonio prezioso della nostra esperienza: ricordare che il potere è servizio, che la fiducia va coltivata giorno dopo giorno. Perché senza fiducia nessun patto regge. Mentre con la fiducia, anche la sfida più difficile diventa percorribile»

La partecipazione è stata il cuore dell’intervento: «dopo 77 anni, l’articolo 46 della Costituzione ha finalmente una Legge attuativa. Oggi quella Legge c’è, ma la domanda è: cosa ne facciamo? Una norma può restare lettera morta oppure può diventare il motore di una stagione nuova. Per questo dobbiamo trasformarla in prassi quotidiana: nei contratti, nelle aziende, nei territori. La partecipazione non è un
elenco di adempimenti, è democrazia economica che entra nei luoghi dove si decide e si produce valore. È un cambio di cultura: per le imprese, che possono vedere nei lavoratori partner strategici; per i lavoratori, che possono sentirsi corresponsabili delle scelte e per il sindacato, che può così passare dall’avere un ruolo rivendicativo ad un ruolo generativo
»

Il Segretario ha poi fatto un forte richiamo al lavoro e alle sue fragilità: «la Lombardia genera oltre il 22% del PIL nazionale e più di un quarto della spesa privata in ricerca e sviluppo. Ma non basta: non siamo immuni dagli scossoni globali. Non basta contare i posti di lavoro, serve guardare alla loro qualità. Contratti stabili, salari dignitosi, sicurezza e formazione e l’obiettivo di zero morti sul lavoro non è un’utopia: è un dovere civile»

L’intervento si è chiuso con un appello: «non possiamo limitarci a descrivere i problemi, dobbiamo cercare di risolverli insieme. Nessuno basta da solo: né governo, né imprese, né sindacato. La Lombardia può essere laboratorio di un nuovo metodo, perché il nostro compito non è solo difendere ciò che c’è, ma generare ciò che manca: comunità, fiducia, futuro. Dopo due giorni di confronto non possiamo tornare a casa a mani vuote: partecipazione, salari, sicurezza, sanità, giovani, transizioni, pace non sono capitoli separati, ma pezzi di un’unica storia e il momento di scriverla è adesso»