
Lunedì 4 novembre 2024, presso la sede CISL Lombardia in via Vida a Milano, si è tenuto il convegno “Dati e disparità – le differenze di genere fra retribuzioni e previdenza”, organizzato dalla CISL Lombardia, in collaborazione con il suo Coordinamento Donne, la FNP CISL Lombardia e il suo Coordinamento Politiche di Genere, per discutere della significativa differenza che ancora persiste nelle retribuzioni – e conseguentemente nei trattamenti pensionistici – fra donne e uomini, come confermano anche i dati contenuti nel rendiconto sociale INPS, recentemente presentato
I lavori sono stati moderati dalla Coordinatrice Donne CISL Lombardia Angela Alberti e hanno visto la partecipazione di Raffaele Bruni, partner di BM&C società benefit, oltre che di Roberta Vaia e Dino Perboni, Segretari Regionali CISL Lombardia, di cui di seguito alcuni passaggi dei loro interventi:











Dino Perboni:
“Il quadro che emerge dai dati del mercato del lavoro, segna un tasso di occupazione nel 2023 del 69,3%, in crescita rispetto al 2022, che aveva toccato il 68,2%. Questo è un fatto positivo, tuttavia vi sono elementi di criticità: il mondo giovanile, nella fascia d’età dai 15-24 anni, è decisamente meno impiegato rispetto alle altre fasce e presenta un’occupazione del 28,1% nel 2023 (nel 2022 era del 28,6%). Medesima situazione si verifica nel mondo femminile, dove solo il 22,6% sono occupate, dunque, la differenza occupazionale oltre che anagrafica è di genere: in tutte le fasce d’età l’occupazione femminile è inferiore a quella maschile.
Altro dato molto interessante è la retribuzione media settimanale, che non solo si differenzia fra donne e uomini, ma anche fra cittadini comunitari ed extracomunitari. Infatti, per una donna comunitaria la retribuzione media settimanale è 565,4 euro mentre quella di una donna extracomunitaria è 326,7 euro. Se poi confrontiamo il mondo maschile il divario aumenta: la retribuzione media settimanale di un uomo comunitario è 770,2 € per un extracomunitario è 460,4 €.
Dunque, risulta evidente, che il mondo del lavoro presenta delle disomogeneità sia nelle condizioni e sia nei trattamenti, con innegabili effetti sociali ed economici. Il limite del contesto italiano è la scarsa partecipazione dei lavoratori all’economia: detto in altri termini, nel nostro Paese vige un deficit di democrazia economica che supera le distorsioni nel mondo del lavoro. Partecipazione al lavoro e democrazia economica sono tra di loro strettamente connesse, ed oggi con le innovazioni dei processi tecnologici ed organizzativi viene richiesta una partecipazione attiva dei lavoratori (donne e uomini), poiché sono fattori decisivi per la competitività ed il raggiungimento degli obiettivi.
In ambito sindacale e politico il dibattito è avviato da tempo: la proposta di legge della CISL, che ha raccolto oltre 400.000 firme e che ha visto la condivisione e la convergenza di tutte le forze parlamentari, ha l’intento di responsabilizzare i lavoratori nel buon andamento dell’azienda e allo stesso tempo realizza una dimensione dello sviluppo integrale senza prevaricare l’interesse delle persone e della società. Siamo persuasi che questo disegno debba tradursi in Legge proprio per generare un cambiamento culturale verso un modello di relazioni industriali che determini non solo un nuovo rapporto fra capitale e lavoro, ma anche una nuova e moderna stagione nel mondo lavoro che superi le differenze retributive e i trattamenti previdenziali; insomma, per aprire una nuova pagina di sviluppo della persona bisogna partire dalle questioni del lavoro a partire dalle differenze retributive e previdenziali“


Roberta Vaia:
“La fondazione World Economic Forum ogni anno analizza l’evoluzione della parità in 146 Paesi del mondo e la fotografia del 2023 ci dice che all’attuale ritmo di progresso, ci vorranno 131 anni per raggiungere la piena parità. Ecco noi 131 anni non li abbiamo però non possiamo non contribuire a far sì che questo cambiamento sia inarrestabile e magari anche un po’ più veloce.
E allora cosa si può fare?
Innanzitutto bisogna cominciare a guardare al genere non come ad una difficoltà da sistemare quanto ad una ricchezza da curare e sviluppare, un lavoro che deve trovarci tutti coinvolti e consapevoli che può generare un vero cambiamento.
I dati che ci ha presentato Dino evidenziano le persistenti disparità nel mercato del lavoro e nella previdenza; nonostante il progresso verso l’uguaglianza di genere permangono ancora significative differenze che hanno profonde conseguenze sulla stabilità economica delle donne, tanto durante la carriera lavorativa quanto nella fase delle pensioni.
Se vogliamo veramente superare queste differenze bisogna agire su più fronti: innanzitutto, servono politiche di supporto familiare più incisive: è fondamentale promuovere una cultura aziendale che rimuove i pregiudizi di genere garantisca pari opportunità di avanzamento e di carriera; e poi soprattutto è urgente rendere più equo il sistema previdenziale, riconoscendo il valore di cura e garantendo la pensione dignitosa anche chi ha interrotto il proprio percorso professionale per dedicarsi alla famiglia“

