
Le nuove tecnologie stanno cambiando ma non migliorando i posti di lavoro
Nell’era delle nuove tecnologie e dell’intelligenza artificiale, la salute e la sicurezza sul lavoro dovrebbero essere ormai acquisite e gli infortuni sul lavoro solo accidentali. Invece, in occasione della Giornata mondiale per la sicurezza e la salute sul lavoro del 28 aprile scorso e alla vigilia della Festa dei lavoratori del 1° maggio, sia l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil-Ilo) che le Confederazioni sindacali internazionale (Csi-Ituc) ed europea (Ces-Etuc) hanno lanciato un monito su una situazione certo in cambiamento, ma non positivo.
Secondo le ultime stime globali dell’Ilo, riferite al 2019, ogni anno quasi 3 milioni di persone nel mondo perdono la vita per cause legate al lavoro. La maggior parte di questi decessi correlati al lavoro (2,6 milioni, quasi il 90%) è attribuita a malattie professionali, ma i decessi causati da infortuni sul lavoro sono comunque stimati in circa 330.000, il che significa più o meno 900 lavoratori al giorno, oltre 37 ogni ora. Un numero di decessi aumentato del 12% nell’ultimo decennio preso in considerazione dall’Ilo, dovuto all’aumento della forza lavoro globale (+28%) e a un miglior monitoraggio, ma che testimonia come i rischi restino elevati.
Nei Paesi dell’Ue, le ultime stime di Eurostat riportano 2,97 milioni di infortuni sul lavoro non mortali nel 2022, che hanno causato assenze dal lavoro di almeno 4 giorni, mentre sono stati mortali ben 3.286 infortuni sul lavoro. Significa che, mediamente, ogni giorno nell’Ue 9 persone muoiono per incidenti correlati al lavoro. All’interno dell’Ue, la Germania è la prima per infortuni non mortali (più di 700 mila), seguita da Francia, Spagna e Italia, mentre il numero più alto di decessi per lavoro si registra in Francia, Italia, Spagna e Germania.
Per quanto riguarda l’Italia, l’Inail segnala 590.323 infortuni denunciati nel 2023, di cui 1187 mortali, cioè mediamente ogni giorno in Italia 3 persone muoiono sul lavoro. Le denunce di infortunio per lavoro nel primo bimestre 2025 sono scese del 5,2% rispetto al 2024, riporta l’Inail, attestandosi a 61.641 casi. Tuttavia, sono aumentate le denunce con esito mortale: 97 nei primi due mesi del 2025, contro le 91 del 2024.
Ilo: problemi derivanti da IA e digitalizzazione
L’Ilo ha focalizzato l’attenzione con un Rapporto sul tema dell’intelligenza artificiale e della digitalizzazione, che stanno avendo un impatto su milioni di posti di lavoro in tutto il mondo. «L’automazione e i sistemi di monitoraggio intelligenti possono ridurre l’esposizione a rischi, prevenire infortuni sul lavoro e migliorare le condizioni di lavoro generali» osserva l’Ilo, sottolineando però come siano necessarie politiche per affrontare i rischi. Che sono molti e di vario genere. Dai possibili guasti meccanici, ai rischi ergonomici, fisici e psicosociali; dalla tutela della privacy allo stress da monitoraggio continuo; dai rischi di visibilità limitata, affaticamento visivo e sovraccarico cognitivo, all’eccessiva sorveglianza fino all’intensificazione del lavoro. Per massimizzare i benefici della digitalizzazione in ambito di salute e sicurezza sul lavoro, mitigandone i rischi, «è essenziale un approccio proattivo, basato sull’evidenza scientifica e partecipativo» sostiene l’Ilo, auspicando il coinvolgimento attivo di governi, datori di lavoro, lavoratori e loro rappresentanti, «per garantire che la trasformazione digitale rafforzi, anziché compromettere, la sicurezza e la salute sul lavoro».
Danni fisici e psicosociali, secondo Csi e Ces
Allo stesso tema è dedicato un nuovo Rapporto della Csi-Ituc, che tratta dei danni fisici e psicosociali sul lavoro quando le nuove tecnologie vengono introdotte senza consultare i lavoratori. «L’IA sta trasformando il mondo del lavoro a una velocità senza precedenti. Ma dietro la promessa di innovazione si cela una realtà più oscura: gestione algoritmica, sorveglianza costante, obiettivi di produttività impossibili e condizioni di lavoro pericolose» sostiene la Confederazione internazionale, secondo cui «la tecnologia non viene utilizzata per migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza, ma per sfruttarle, mettendo a rischio vite umane e salute». La gestione basata sull’IA, osserva la Csi, sta già intensificando la pressione su 427 milioni di lavoratori in tutto il mondo e l’80% dei grandi datori di lavoro la utilizza per monitorare la produttività dei dipendenti: «I lavoratori si trovano ad affrontare burnout, infortuni e stress insopportabile a causa di un monitoraggio continuo, obiettivi irrealistici e nessuna informazione su come viene utilizzata la tecnologia». Dai magazzini agli ospedali, dalle consegne ai laboratori di elaborazione dati, i lavoratori sono sotto pressione «come mai prima d’ora» e l’implementazione di nuove tecnologie, senza un’adeguata consultazione con i lavoratori, «sta causando problemi in tutto il mondo».
I dati suggeriscono che la salute e la sicurezza dei lavoratori stanno soffrendo poiché le nuove tecnologie e pratiche di impiego, come il lavoro su piattaforma, esulano dall’ambito dei tradizionali sistemi di regolamentazione della sicurezza e dei diritti. Secondo la Csi «si tratta di uno sviluppo pericoloso. La produzione e il profitto hanno la priorità sulle persone. I lavoratori in tutti i settori dell’economia possono ora essere reclutati dalle macchine, supervisionati e disciplinati dalle macchine e, infine, licenziati o sostituiti dalle macchine». Così stanno emergendo nuove problematiche legate al lavoro, tra cui il “tecnostress” e il “cybersickness”. Anche la sicurezza sta soffrendo, denuncia la Csi, con infortuni ergonomici e decessi sul posto di lavoro legati agli elevati ritmi di lavoro e alle pressioni su lavoro e retribuzione che derivano dalla gestione tramite algoritmi. «È urgentemente necessario un nuovo sistema, che veda l’economia beneficiare di un dividendo tecnologico, ma che non tratti la forza lavoro come un danno collaterale» denuncia la Csi.
La Ces denuncia invece i rischi psicosociali sul lavoro: «L’epidemia di stress sul lavoro in Europa uccide circa 10.000 persone all’anno». Ogni anno si registrano infatti 6.190 decessi per coronaropatia attribuibili ai rischi psicosociali sul lavoro nell’Ue e nel Regno Unito, mentre altre 4.843 persone perdono la vita per suicidio causato da depressione correlata al lavoro: «Ciò significa che i rischi psicosociali rappresentano un pericolo maggiore per i lavoratori rispetto agli incidenti fisici» sostengono i sindacati europei.