
L’Europarlamento chiede di apportare miglioramenti alla nuova direttiva sui Cae
«I lavoratori delle multinazionali hanno fatto un altro passo per avvicinarsi ad avere una voce più forte nei loro luoghi di lavoro»: è quanto affermato dalla Confederazione europea dei sindacati (Ces) dopo l’adozione da parte del Parlamento europeo della sua posizione sulla revisione della direttiva sui comitati aziendali europei (Cae).
Circa un anno fa, a fine gennaio 2024, la Commissione europea aveva presentato una proposta di revisione della direttiva 2009/38/CE, attualmente in vigore, che nel 2009 aveva definito i processi di creazione e funzionamento dei Cae, cioè gli organi di informazione e consultazione che garantiscono il coinvolgimento dei lavoratori nelle decisioni su questioni transnazionali nelle imprese con oltre 1000 dipendenti che operano in almeno due Paesi dell’Ue o dello Spazio economico europeo. Una proposta che era stata definita «non all’altezza degli obblighi che dovrebbe rispettare» dalla Ces, che aveva quindi richiesto all’Europarlamento di intervenire per apportare modifiche migliorative. In particolare, secondo i sindacati europei il testo presentato dalla Commissione non garantiva informazioni tempestive, consultazioni significative e neanche sanzioni proporzionate nei casi di violazione da parte delle società multinazionali.
Così il Parlamento europeo, che aveva ricevuto la proposta della Commissione europea, aveva incaricato la sua commissione europarlamentare Occupazione e Affari sociali di esaminare il testo e comunicare poi all’aula come intendeva procedere. Nel dicembre scorso la commissione europarlamentare ha quindi deciso di avviare negoziati interistituzionali, attraverso una relazione adottata in merito, decisione approvata dalla plenaria dell’Europarlamento il 19 dicembre scorso.
La motivazione dell’Europarlamento
La relazione della commissione europarlamentare Occupazione e Affari sociali, approvata dalla plenaria del Parlamento europeo, sottolinea che «le transizioni verde e digitale creano opportunità e sfide per i mercati del lavoro, i datori di lavoro e i lavoratori», ma anche che al fine di trovare soluzioni sostenibili ai cambiamenti del mercato del lavoro, «i lavoratori, i datori di lavoro e i cittadini dovrebbero essere incoraggiati a partecipare ai sistemi democratici e ai processi decisionali». Ricordando come siano trascorsi ormai quasi tre decenni dall’adozione e dal recepimento della direttiva 94/45/CE e oltre un decennio dall’adozione della direttiva 2009/38/CE, la commissione europarlamentare ritiene necessario un aggiornamento delle norme. La commissione Occupazione e Affari sociali considera infatti non più giustificata «l’esenzione concessa agli accordi sottoscritti prima della direttiva 94/45/CE», così come non sia giustificato «mantenere tale direttiva altrimenti obsoleta per gli accordi sottoscritti o modificati durante il periodo di recepimento della direttiva 2009/38/CE», pertanto, sostiene, «gli accordi esentati a norma dell’articolo 14 della direttiva 2009/38/CE dovrebbero essere inclusi nell’ambito di applicazione di tale direttiva».
Alcune decisioni, che potrebbero avere un importante effetto sugli interessi dei lavoratori, secondo la commissione europarlamentare devono quindi «formare oggetto di informazione e consultazione specifica dei rappresentanti designati dei lavoratori, nel più breve termine possibile». Questo perché, nonostante le due direttive sanciscano diritti collettivi del lavoro transnazionali in merito all’informazione e alla consultazione dei lavoratori, di fatto tali diritti non sono sempre rispettati e si sono dimostrati difficilmente esigibili. In molti casi, osserva la commissione europarlamentare, «i datori di lavoro hanno attuato misure che coinvolgevano questioni transnazionali senza informare e consultare il comitato aziendale europeo, mentre i comitati aziendali europei spesso sono informati e consultati solo dopo che le misure che coinvolgono questioni transnazionali sono state attuate».
Tutte ragioni per le quali «occorre adottare disposizioni che consentano di far effettivamente valere tali diritti», dichiara l’Europarlamento.
Ces: «Basta ritardi nel garantire i diritti dei lavoratori»
Il voto dell’Europarlamento rappresenta «un passo cruciale per affrontare le barriere di lunga data alla rappresentanza efficace dei lavoratori transnazionali, ai diritti sindacali e al rafforzamento della democrazia sul lavoro» ha dichiarato la Ces, commentando l’iniziativa del Parlamento europeo.
I Comitati aziendali europei, spiega la Confederazione europea dei sindacati, sono pensati per garantire che i lavoratori delle multinazionali ricevano informazioni tempestive e una consultazione significativa sulle decisioni aziendali, «tuttavia le scappatoie legali e la mancanza di applicazione significano che solo un Cae su cinque viene consultato in modo significativo». Così, secondo la vicesegretaria generale della Ces, Isabelle Schömann, il parere espresso dal Parlamento europeo «è una vittoria per i lavoratori di tutta Europa. Apre la strada a diritti più forti e applicabili per garantire che la voce dei lavoratori venga ascoltata dal management delle multinazionali». Infatti, dal momento che «l’accesso alla giustizia e l’efficace applicazione dei diritti dei comitati aziendali europei a informazioni tempestive, consultazioni significative e accesso alle competenze sindacali sono stati il tallone d’Achille dell’attuale direttiva Cae», ha aggiunto, «questo mandato è un chiaro passo avanti verso il superamento di queste carenze». I lavoratori, ha sottolineato la vicesegretaria generale della Ces, devono essere coinvolti nei processi decisionali per anticipare e gestire il cambiamento, soprattutto quando si affrontano ristrutturazioni o delocalizzazioni, quindi il mandato dell’Europarlamento «ci avvicina a questo obiettivo».
Ringraziando l’eurodeputato Dennis Radtke, relatore della commissione europarlamentare Occupazione e Affari sociali, la Ces sollecita quindi le istituzioni europee ad agire «rapidamente e ambiziosamente» nelle prossime negoziazioni, perché «i lavoratori in tutta Europa non possono permettersi alcun ritardo nel garantire i propri diritti».