
Secondo il Cese si tratta della violazione «evitabile» di un diritto fondamentale
Per affrontare in modo deciso ed efficace il problema della povertà nei Paesi dell’Ue è necessario «un cambiamento politico fondamentale» e, in linea con l’Obiettivo 1 degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Oss) dell’Agenda 2030, «bisogna andare oltre l’obiettivo di una riduzione moderata della povertà: la meta da raggiungere deve essere l’eliminazione della povertà». È quanto sostiene il Comitato economico e sociale europeo (Cese), che ha adottato un parere fondamentale in cui chiede l’elaborazione di una solida strategia dell’Ue contro la povertà basata sui diritti. Secondo il Cese, organo consultivo dell’Ue che comprende rappresentanti delle organizzazioni dei lavoratori, dei datori di lavoro e di altri gruppi d’interesse, deve essere modificata la narrazione stessa del fenomeno della povertà: «Va inquadrato non già come effetto economico collaterale inevitabile, bensì come violazione evitabile dei diritti fondamentali che deriva da un’ingiustizia sistemica radicata nella distribuzione disomogenea di ricchezza e potere».
Serve dunque una strategia europea complessiva «basata su un approccio multidimensionale alla povertà, che vada oltre la deprivazione materiale per includere dimensioni sociali, psicologiche, politiche e di genere», con obiettivi «ambiziosi e misurabili». L’eliminazione della povertà, sostiene il Cese, può avvenire solo attraverso un insieme multiforme di politiche e misure, attuate dal livello europeo a quello locale, tra cui politiche del mercato del lavoro efficienti, servizi sociali, una protezione sociale adeguata, lo sviluppo dell’economia sociale e una tassazione equa. La povertà va affrontata contrastando le sue cause profonde, «con un insieme multiforme di politiche e misure, ad esempio in materia di mercati del lavoro, istruzione e formazione, sicurezza sociale, servizi sociali e sanitari e alloggio» afferma il Cese, sottolineando come la strategia dell’Ue contro la povertà dovrebbe essere considerata «un elemento centrale dello Stato di diritto, della democrazia e dei diritti fondamentali».
I dati evidenziano la necessità di una strategia
Il Cese supporta con alcuni dati la richiesta di una strategia europea complessiva efficace contro la povertà. Nell’Ue si stimano 93,3 milioni di persone, pari al 21% della popolazione, a rischio di povertà o esclusione sociale. Un numero diminuito di poco più di un milione dal 2020, ma in percentuale sceso solo di un punto percentuale. Resta grave il problema della povertà infantile, con oltre 19,5 milioni di minori (il 24,2% di tutti i minori dell’Ue) a rischio di povertà o esclusione sociale. Un tasso superiore di 3,2 punti percentuali alla media della popolazione, a dimostrazione di come i minori siano colpiti in modo sproporzionato.
Esiste poi anche un rischio di “povertà lavorativa”, pur con differenze tra lavoro a tempo pieno e part-time e tra contratti a tempo indeterminato o determinato, che rivela un divario nella sicurezza economica. Nel 2024, il tasso di rischio di povertà per i lavoratori part-time era del 12,8%, quasi doppio rispetto al 6,9% registrato per i lavoratori a tempo pieno. L’11,1% dei lavoratori part-time ha sofferto di deprivazione materiale e sociale, problema rilevato nel 7,4% dei lavoratori a tempo pieno. I lavoratori con contratti a tempo determinato affrontano un rischio di povertà (13,3%) più che doppio rispetto a quello dei lavoratori con un lavoro a tempo indeterminato (5%). Una vulnerabilità sottolineata dai dati sulla deprivazione: nel 2024 il 13,8% dei lavoratori a tempo determinato ha sperimentato deprivazione materiale e sociale, un tasso significativamente superiore al 7,6% dei lavoratori a tempo indeterminato.
Atro fattore di povertà è costituito dall’alloggio, con una linea di demarcazione fondamentale rappresentato dalla proprietà o meno. Nel 2024, il tasso di rischio di povertà o esclusione sociale per gli inquilini che pagavano un affitto a prezzo di mercato era pari al 30,8%, una percentuale più di tre volte superiore al tasso del 9,1% rilevato tra i proprietari di case senza mutuo. Anche il tasso di deprivazione materiale e sociale per gli affittuari del mercato immobiliare (18,8%) è notevolmente più alto rispetto ai proprietari di case (5,4%).
Servono lavoro di qualità e politiche attive del lavoro
La strategia europea per l’eliminazione della povertà «deve riconoscere che l’occupazione non basta a proteggere automaticamente le persone dalla povertà» sostiene il Cese, ricordando che la povertà lavorativa è una questione complessa e che richiede quindi un «approccio a tutto campo». Sono perciò essenziali posti di lavoro di qualità, «intendendosi con questo temine la garanzia di un contratto di lavoro, un salario equo, la stabilità del posto di lavoro, il godimento dei diritti dei lavoratori, l’equilibrio tra vita professionale e vita privata, sistemi solidi di contrattazione collettiva e l’accesso alla protezione sociale». Il Comitato economico e sociale europeo ritiene siano necessari maggiori investimenti nei sistemi di apprendimento permanente, formale e informale, così come «solide riforme strutturali delle politiche attive del mercato del lavoro», adattando i sistemi di sicurezza sociale «affinché forniscano un sostegno adeguato» e integrando meglio le persone economicamente inattive e disoccupate nei mercati del lavoro, compresa l’economia sociale. È poi ritenuto «essenziale» che vi sia una corretta attuazione della direttiva del 2022 sui salari minimi adeguati, «con l’obiettivo di pervenire a una convergenza verso l’alto» sostiene il Cese, sottolineando come sia necessaria anche una «piena e tempestiva attuazione della direttiva sulla trasparenza retributiva» al fine di affrontare i persistenti divari retributivi. Tra le priorità dell’Ue dovrebbero figurare, secondo il Cese, anche la prevenzione della povertà energetica, con «la garanzia di una parità di accesso all’energia nonché la sicurezza di un approvvigionamento energetico a prezzi abbordabili», e un’azione per prevenire l’esclusione digitale, mantenendo «alternative fisiche, accessibili, a prezzi abbordabili e di facile utilizzo» al progredire della digitalizzazione dei servizi.
Il Cese dichiara inoltre di sostenere le proposte avanzate dalle parti sociali europee rispetto all’adozione di nuovi indicatori complementari al Pil (Prodotto interno lordo) nei settori sociale, economico e ambientale, invitando ad elaborare anche un quadro di valutazione «al di là del Pil».