Euronote maggio 2025 | La crisi globale dei diritti umani

Il monito di Amnesty International contenuto nel Rapporto annuale 2024-2025

«Il mondo è in un momento critico decisivo. Forze senza precedenti stanno accerchiando gli ideali dei diritti umani e cercando di distruggere il sistema internazionale e le conquiste di uguaglianza, giustizia e dignità ottenute con fatica negli ultimi 80 anni. (…) Senza una resistenza coordinata e coraggiosa, questo momento critico decisivo comporterà una trasformazione storica: non solo un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca».

È quanto scrive la segretaria generale di Amnesty International, Agnès Callamard, nell’introduzione al Rapporto 2024-2025 sulla situazione dei diritti umani nel mondo. Un Rapporto che, analizzando la situazione di 150 Paesi, documenta «violente e diffuse repressioni del dissenso, catastrofiche escalation dei conflitti armati, azioni inadeguate per fronteggiare il collasso climatico e passi indietro globali nella difesa delle persone migranti e rifugiate, delle donne e delle ragazze e delle persone lgbtqia+».

L’effetto dei primi 100 giorni dell’amministrazione Trump è stato di sovraccaricare «tendenze dannose già esistenti, svuotando completamente le protezioni internazionali sui diritti umani e mettendo in pericolo miliardi di persone in tutto il pianeta, accelerando la discesa dell’umanità in una nuova era caratterizzata da una miscela di pratiche autoritarie e avidità delle imprese economiche» sostiene Amnesty International.

Ma si tratta di un «malessere molto più profondo delle azioni di Trump», osserva l’organizzazione per i diritti umani, che ormai da alcuni anni denuncia il pericoloso arretramento in materia di diritti, caratterizzato da «una costante diffusione di leggi, politiche e prassi autoritarie, che hanno ridotto lo spazio civico ed eroso il godimento della libertà d’espressione e associazione». Secondo Amnesty, scelte politiche hanno reso più profonde le disuguaglianze e aumentato la povertà, la pandemia di Covid ha messo a nudo l’avidità, il razzismo e l’egoismo dei Paesi potenti, mentre di fronte alla crisi climatica gli Stati hanno disatteso le promesse fatte a Parigi nel 2015. Quanto accaduto nell’ultimo anno però, «segnatamente il genocidio israeliano della popolazione palestinese della Striscia di Gaza, avvenuto in diretta e tuttavia trascurato, ha messo a nudo quanto il mondo possa risultare infernale per moltissime persone quando gli Stati più potenti scaricano in mare il diritto internazionale e mostrano disprezzo per le istituzioni multilaterali» sottolinea Callamard.

Così, in questa congiuntura storica, mentre le leggi e le pratiche autoritarie si stanno moltiplicando a vantaggio di poche persone, Amnesty ritiene necessario che i governi e la società civile agiscano «con urgenza per riportare l’umanità su un terreno più sicuro», perché l’ascesa delle pratiche autoritarie e l’annichilimento del diritto internazionale non sono inevitabili: «Le persone resistono e resisteranno agli attacchi ai diritti umani. I governi possono favorire la giustizia internazionale e devono continuare a farlo. (…) La resistenza organizzata contro queste forze non è semplicemente essenziale, è la nostra unica risorsa legittima. Dobbiamo resistere. E lo faremo».

La situazione dei diritti in Europa

Per quanto riguarda la situazione in Europa, Amnesty segnala che «discriminazione, profilazione, stigmatizzazione e molestie basate su identità, tra cui etnia, religione, genere e sessualità hanno permeato ogni aspetto della protezione e delle salvaguardie dei diritti umani», mentre «le segnalazioni di crimini d’odio hanno avuto un’impennata». Vari governi hanno utilizzato leggi antiterrorismo «eccessivamente ampie e vaghe» per sopprimere la libertà d’espressione, associazione e riunione. In molti casi la polizia ha fatto uso non necessario o eccessivo della forza contro manifestanti pacifici, «che in alcuni casi hanno subìto privazione della libertà per atti pacifici di disobbedienza civile», mentre le tecnologie di sorveglianza sono state «ampiamente utilizzate con effetti deterrenti». In particolare, denuncia Amnesty, sono stati utilizzati provvedimenti ostili e repressivi «per scoraggiare e punire la solidarietà con la popolazione palestinese o le critiche al genocidio di Israele contro palestinesi di Gaza». In questo modo, l’impegno dei governi europei in merito al diritto internazionale «è stato messo alla prova e si è rivelato insufficiente».

Inoltre, il controllo delle frontiere europee «ha avuto la precedenza sui diritti delle persone rifugiate e migranti». La tortura e i maltrattamenti, in particolare di migranti e persone con disabilità, «sono rimasti motivo di preoccupazione». Così come sono perdurati gli ostacoli nell’accesso a trattamenti per l’affermazione di genere; la violenza di genere è rimasta diffusa; i diritti all’alloggio, alla sicurezza sociale e all’assistenza sanitaria sono stati erosi. Il tutto è avvenuto mentre disastri naturali, aggravati dal cambiamento climatico, hanno provocato il caos, in particolare negli Stati dell’Europa meridionale.

A rischio i diritti economici e sociali

Soprattutto la discriminazione diffusa è una «preoccupazione persistente» in Europa, secondo Amnesty: «Donne, persone nere, arabe, rom e altre e i gruppi razzializzati, nonché le persone con redditi bassi, hanno subìto discriminazioni dirette, che hanno influenzato il loro accesso alla sicurezza sociale, alla rappresentanza politica, all’occupazione e all’istruzione». Vari Stati hanno poi adottato misure che hanno limitato la libertà d’espressione, mentre il diritto di riunione pacifica è stato duramente attaccato e criminalizzati manifestanti pacifici, «imponendo restrizioni ingiustificate e punitive e ricorrendo a mezzi sempre più repressivi per soffocare il dissenso». I Paesi europei e l’Ue non sono riusciti a introdurre politiche e pratiche per dare priorità alla protezione delle vite delle persone rifugiate e migranti rispetto al controllo delle frontiere, mentre le Ong e i difensori dei diritti umani «sono rimasti il bersaglio di misure di criminalizzazione». Amnesty ritiene che i governi europei debbano «agire immediatamente per garantire i diritti economici e sociali di tutte le persone, senza discriminazioni, anche assegnando risorse adeguate e assicurando una protezione sociale universale e completa».