Euronote ottobre 2024 | Statistiche per comprendere le discriminazioni

Eurostat ha pubblicato una selezione di dati utili per definire politiche e interventi

L’uguaglianza e la non discriminazione sono centrali nei trattati dell’Ue e nella Carta europea dei diritti fondamentali, tanto che la Commissione europea dichiara come obiettivo prioritario la costruzione di un’Unione libera da discriminazioni, mentre la riduzione di disuguaglianze e vulnerabilità è tra i principi dell’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile. Allo scopo di fornire un quadro dettagliato e aggiornato della situazione, Eurostat ha pubblicato un Rapporto di Statistiche sull’uguaglianza e la non discriminazione nell’Ue, che presenta una selezione di dati chiave e indicatori per gli Stati membri e le istituzioni dell’Ue organizzati in vari ambiti di interesse, quali la popolazione, la salute, l’istruzione, il mercato del lavoro, il reddito e le condizioni di vita, la non discriminazione. Per ognuno di questi ambiti, i dati sono presentati con analisi relative a una varietà di motivi di discriminazione, come sesso, età, disabilità, cittadinanza o Paese di origine. «Queste statistiche aiutano a identificare le disparità e a riconoscere le aree in cui gruppi specifici possono trovarsi in svantaggio» spiega Eurostat, aggiungendo che «oltre a essere specificamente una componente importante del processo decisionale e del monitoraggio, le statistiche sull’uguaglianza e la non discriminazione sono di interesse per le organizzazioni non governative e per il pubblico in generale».

L’esempio delle discriminazioni tra i Neet

Un esempio di come le statistiche siano utili per comprendere le dimensioni e soprattutto le caratteristiche di un fenomeno, e quindi possano indirizzare gli interventi e le politiche, è dato dai numeri relativi ai giovani di 15-29 anni denominati Neet, la cui quota è calcolata mettendo in rapporto il numero dei ragazzi che non sono occupati (disoccupati o fuori dalla forza lavoro) e che non hanno ricevuto alcuna istruzione o formazione nelle quattro settimane precedenti l’indagine, con la popolazione totale della stessa fascia di età. Ebbene, nel 2023 era Neet l’11,2% dei giovani di 15-29 anni nell’Ue, ma con differenze percentuali rilevanti ad esempio tra i nati nel Paese in cui vivono (10,3%), i nati in un altro Paese dell’Ue (12,9%) e invece i ragazzi nati al di fuori dell’Ue (19,6%). Anche se i dati analizzati per Paese di nascita non sono disponibili per tutti gli Stati membri dell’Ue, tuttavia la quota di Neet più bassa riguarda sempre i giovani nativi e la più alta sempre quelli nati al di fuori dell’Ue. Così come si osservano forti differenze nei casi di persone con disabilità: la quota di Neet è del 10,8% per i ragazzi di 15-29 anni senza disabilità, 1,8 volte più alta (19,6%) tra i giovani con qualche disabilità e addirittura 4,7 volte più alta (51,3%) tra coloro che hanno una grave disabilità. Indipendentemente dal sesso o dalla fascia di età (15-24 anni o 25-29 anni), le persone con qualche disabilità e soprattutto quelle con gravi disabilità presentano quote di Neet molto più elevate rispetto a quelle dei giovani senza disabilità. Indicatori statistici che dovrebbero essere fortemente considerati per tarare le politiche e gli interventi in ottica antidiscriminatoria.

Divari di genere nel mercato del lavoro

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, il Rapporto di Eurostat si concentra sul divario di genere nei tassi di occupazione, sottolineando come nella fascia di età 20-64 anni questo divario si sia ridotto da 13,4 punti percentuali del 2009 a 10,2 punti percentuali nel 2023, pur con tassi di occupazione sistematicamente più elevati per gli uomini. Considerando però tre misure di occupazione relativamente precaria, ovvero tutti gli occupati che lavorano part-time, i sottoccupati che lavorano part-time e gli occupati con un contratto temporaneo, il divario occupazionale di genere si è invertito, con tassi più elevati per le donne rispetto agli uomini. Un divario di genere che è molto più ampio se focalizzato al tasso di occupazione dei lavoratori part-time, dove il tasso di occupazione per gli uomini nel 2023 era inferiore di 20,2 punti percentuali rispetto a quello delle donne. Rispetto allo status migratorio, poi, nel 2023 il tasso di occupazione nell’Ue è stato più basso per le persone nate all’estero (69,9%) e più alto per le persone nate nell’Ue con entrambi i genitori nati nello stesso Paese (76,6%), ma se analizzati in base al sesso i dati mostrano differenze sostanziali. Per le persone nate all’estero, il divario occupazionale di genere è molto più ampio in quanto il tasso di occupazione per gli uomini è di ben 17,4 punti percentuali più alto rispetto alle donne.

Così come il divario occupazionale di genere è molto più ampio per le persone con figli rispetto a quelle senza. Mentre infatti tra coloro che non hanno figli la differenza è di 4 punti percentuali, con un tasso di occupazione all’83,7% per gli uomini rispetto al 79,7% delle donne, per le persone con figli il divario sale a 17 punti percentuali: 91,9% il tasso di occupazione per gli uomini e 74,9% per le donne. In generale, il tasso di occupazione per gli uomini con figli è superiore al 90% in 24 Stati membri, mentre in due terzi dei Paesi dell’Ue il tasso più basso è quello delle donne con figli.

Giovani e donne penalizzati nei salari

Per quanto riguarda i salari, la quota di lavoratori a basso salario, cioè dipendenti che guadagnano due terzi o meno della retribuzione oraria lorda media nazionale, è mediamente nell’Ue del 15,2%, percentuale che supera però il 26% tra i lavoratori dipendenti under 30. Eurostat segnala poi il divario di genere nei guadagni complessivi, calcolato per le persone di età 15-64 anni, combinando l’impatto di tre fattori: i guadagni orari medi, la media mensile del numero di ore pagate (prima di qualsiasi adeguamento per il lavoro part-time) e il tasso di occupazione. Il divario di genere così stimato nei guadagni complessivi è del 36,2% nell’Ue, cioè le donne in età lavorativa guadagnerebbero il 36,2% in meno rispetto ai loro colleghi maschi. Solo tre Stati membri dell’Ue hanno segnalato divari di genere nei guadagni complessivi nettamente inferiori: Lituania e Portogallo con il 20,4% e Slovenia con il 20,7%. Sei Stati membri hanno invece segnalato i tassi più elevati, con un divario di genere nei guadagni complessivi superiore alla media europea: Austria (44,2%), Paesi Bassi (43,7%), Italia (43%), Germania (41,9%), Grecia (41,3%) e Malta (39,6%).