Chiamatemi Francesco – Il Papa della gente

Milano, 15.12.2015
 
Quando si racconta la storia di un Papa l’agiografia è sempre in agguato. Si ricordano film comunque sufficienti che sfuggono a tale rischio perché girati da registi intelligenti (Da un paese lontano – Giovanni Paolo II di Krzysztof Zanussi; …e venne un uomo di Ermanno Olmi) altre oneste biografie come Papa Giovanni XXIII di Giorgio Capitani ed altri appena sufficienti come ad esempio Non abbiate paura. La vita di Giovanni Paolo II di Jeff Bleckner o Paolo VI – Il Papa nella tempesta per la regia di  Fabrizio Costa. Daniele Lucchetti non corre il rischio dal momento che ambienta buona parte del suo Chiamatemi Francesco – Il Papa della gente durante la dittatura di Videla quando l’allora responsabile provinciale gesuita Jorge Bergoglio doveva continuamente mediare per non sacrificare i confratelli che si opponevano al regime. Un regime che viene ben descritto nelle sue atrocità che pure era accettato se non protetto dalla Chiesa ufficiale. Il film, frutto di una ricerca autonoma non condizionata da interferenze dell’istituzione ecclesiastica, non solo assolve il futuro Papa Francesco dall’accusa di essere stato pavido nei confronti della dittatura ma ne mostra l’impegno per salvare i ricercati dalla dittatura e soprattutto la scelta dei poveri che già allora caratterizzava la sua missione. Dalla visione di questo film si esce ancor più ammirati del personaggio Bergoglio e forse si comprende meglio l’opera che Francesco sta compiendo per riformare la Chiesa. Parlavamo di rischio didascalico ed agiografico. In parte il film lo corre nei primi minuti ma subito si evolve in una rappresentazione che richiama i più riusciti film sul quel triste periodo come Garage Olimpo. Il pubblico sembra comunque premiare il film con un buon risultato al Box office.