Film della settimana – Parasite e L’ufficiale e la spia

Milano, 25.11.2019

Due film premiati a Venezia ed a Cannes sono in contemporanea sui nostri schermi. Due film che parlano di problemi attuali come la povertà e l’invidia nei confronti dei ricchi e falsificazione e populismo. Partiamo da Parasite, il film vincitore a Cannes diretto da Bong Joon-ho, il regista coreano che è passato attraverso diversi generi in modo intelligente: dall’horror alla favola animalista passando anche attraverso la fantascienza. Ora il nostro racconta di una famiglia di poveri disoccupati che, attraverso alcuni stratagemmi, riesce ad entrare al servizio di una famiglia ricca scoprendo quanto sia degradante la “puzza di povertà” ed invidiare lo status quo di quest’altra condizione. Nasce così una specie di lotta di classe che porterà alla tragedia ma, al di lè della vicenda, il film è ricco di spunti in ordine alla disuguaglianza nella società attuale, allo sfruttamento del lavoro, alla fragilità dell’ambiente ed alle differenti condizioni di vita in due case aventi la stessa sequenza di 4 finestroni ma la prima a livello della strada di un quartiere degradato e la seconda affacciate ad uno splendido parco.

Da Venezia invece arriva il film che ha vinto il premio della critica. Si tratta de L’ufficiale e la spia per la regia di Roman Polanski. Qui siamo in un film dall’impianto classico che racconta le vicende relative all’affaire Dreyfus che sconvolse la Francia a fine ‘800. Ma Polanski non si limita a raccontare, in modo splendido, quello che è stato un caso di razzismo nei confronti dell’ufficiale ebreo e di discriminazione antisemita, ma avanza una serie di domande in ordine alla capacità del potere di falsificare la realtà e condizionare la percezione popolare. Un film importante in un momento storico come il nostro dove le notizie false, anche grazie alla rete, trovano sempre maggior spazio ed alimentano il populismo dilagante. Il film diventa una operazione utile in momenti nei quali anche la rilettura della storia si tinge di negazionismo dipingendo la realtà di allora (e per similitudine anche la nostra) con i colori freddi della faziosità.