La crisi

Milano, 17.3.2014
 
REGIA: Coline Serreau  SCENEGGIATURA: Coline Serreau FOTOGRAFIA: Robert Alazraki MONTAGGIO: Catherine Renault MUSICHE: Sonia Wieder-Atherton INTERPRETI: Vincent Lindon, Patrick Timsit, Maria Pacôme, Yves Robert, Catherine Wilkening, Zabou , Gilles Privat, Marie-France Santon, Michèle Laroque, Tassadit Mandi, Clothilde Mollet, Annick Alane, Christian Benedetti, Laurent Gamelon, Didier Flamand, Nanou Garcia PRODUZIONE: Alain Sarde, Les Films Alain Sarde – Tf1 Films Productions – Eniloc – Leader Cinematografica – Raidue – con la partecipazione di Canal +
DISTRIBUZIONE: Istituto Luce-Italnoleggio Cin. DURATA: 92 Min
 
 
Improvvisamente, a Parigi, Victor, brillante avvocato non trova più in casa la giovane moglie Marie, la quale gli ha lasciato un messaggio, in cui l’avverte che se ne va per sempre con un altro uomo, e che sua madre verrà a prendere i bambini per condurli in montagna. Victor è sconvolto. Affidati i figli alla suocera va in ufficio, dove trova una lettera di licenziamento (nonostante abbia appena vinto un’importante causa). Persi così moglie e lavoro, il disperato Victor cerca inutilmente comprensione e conforto presso gli amici, che hanno tutti i loro problemi, e non lo ascoltano neppure.
 
 
Film che più della crisi del lavoro (anche se il protagonista si trova disoccupato) parla della crisi dei rapporti umani e della comunicazione. In un certo senso della aridità dei cuori. Tutti a parlare dei loro problemi, nessuno ascolta quelli degli altri.
 
LA CRITICA
 
“Questo film di Coline Serreau ha un inizio molto brillante, condotto con un ritmo veramente travolgente, che risulta assai divertente, poi la storia acquista spessore mettendo in luce la crisi di profonda incomprensione della quale soffrono uomini e donne d’oggi.” (Segnalazioni Cinematografiche).
 
 
Commedia francese frenetica e folle. Nella prima metà il ritmo è altissimo, i dialoghi rapidi come mitragliatrici e due volte più efficaci (divertono moltissimo, criticano la società con il giusto mix di ironia e demenza), le scene sono tutte situazioni surreali ai limiti del paradosso che funzionano perfettamente ed i personaggi messi in gioco (niente più che macchiette) rappresentano un intera classe, sistema o gruppo di persone. In una parola, la prima metà è perfetta.
La seconda metà invece tira il freno a mano. Il film rallenta, la fuga da una persona all’altra cessa (ricomincia brevemente solo come scusa per mostrare i vari sistemi per uscire dalla crisi) e da una commedia demenziale l’opera diventa un film di formazione. La morale è urlata continuamente, il buonismo gronda a litri e le sequenze (pur con alcuni estremi surreali, come lo yoga e la vita ascetica mutuate da un tappeto) divengono prevedibili e stantie. (Paperblog)
 
 
Provetto avvocato si trova di colpo senza moglie e senza lavoro, disperato. Nessuno gli bada, tutti hanno i guai loro. Incontra uno strano tipo di barbone che un po’ lo sfrutta a scrocco, un po’ gli dà lezioni di vita. E da yuppie diventa uomo. Ritmo frenetico, dialoghi a mitragliatrice, la prima parte diverte e trascina; nella seconda emergono i limiti e la maniera dell’autrice (1947), il sentimentalismo sciropposo, la predica. (M. Morandini)
 
 

 

Per me non ci sono crisi individuali. Quello che davvero mi interessa è come gli individui vivono in una società, dato che l’uomo è un animale sociale. Questa società non è fatta per prendersi cura degli uomini ma per privilegiare solo una piccola fetta: quella da cui trarre profitto. Di tutto il resto se ne fotte. Quindi, o comprendiamo questa società e la combattiamo, o non la combattiamo e ci sporchiamo pure noi”.(Coline Serreau, dall’intervista di Ilaria La Commare)