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Non mi basta mai

Milano, 1.9.2016
 
Regia: Guido Chiesa; Daniele Vicari  Soggetto e sceneggiatura Guido Chiesa; Daniele Vicari – Produzione: Brooklyn Films Distribuzione : Pablo  Durata: 75′ Documentario
 
Pietro, Ebe, Pasquale, Vincenzo, Gianni hanno in comune, oltre a vivere o ad essere vissuti a Torino, l’aver partecipato ad uno degli eventi più importanti della storia della Fiat. Era l’autunno 1980, dopo 35 giorni di sciopero, con la marcia dei 40.000 si chiudeva, dopo dieci anni di lotte, la vertenza che aveva visto contrapposti l’azienda torinese e il movimento operaio fino alla sconfitta di quest’ultimo.
 
Il documentario di Guido Chiesa analizza sia il lavoro alla Fiat che la sconfitta sindacale oltre ad essere una utile riflessione sui cambiamenti nel mondo del lavoro. Forse ancora visto con gli occhi dell’utopia dell’epoca nel quale è stato girato ma ebbe il merito di essere stato distribuito in (poche) sale in un’epoca nella quale si parlava già di fine della classe operaia. (Ora il film è recuperabile, con sottotitoli inglesi, su Youtube)
 
LA CRITICA
 
Chi avesse voglia di capire come si è passati dal “fordismo” alla globalizzazione, perché l’omologazione trionfi al posto dei pensieri divergenti e del sano antagonismo, come mai la “marcia dei 40 mila” segnò la fine delle lotte della classe operaia, insegua in capo al mondo “Non mi basta mai”, sincero come il pugno inferto dai padroni, dai vertici sindacali e dalla stampa di regime a tutti gli uomini e le donne che credevano nell’Utopia (Aldo Fittante – FilmTv)
 
Un documentario sugli operai si aggira per le sale. E’ Non mi basta mai della navigata coppia Guido Chiesa-Daniele Vicari (Partigiani, Materiale resistente, Comunisti) che ci riporta all’Autunno della Fiat, al drammatico sciopero dei 35 giorni e alla marcia dei 40.000 che segnò per sempre il volto del sindacato. E soprattutto a quello che è rimasto oggi di quell’esperienza, di quel sentire collettivo che, nonostante tutto, è stata la spinta per tante battaglie. Uno di quei film, insomma, che una volta si sarebbero detti “militanti” e che, oggi, si vedono ai festival (è stato presentato a Torino ’99) o, nei casi più fortunati, su qualche canale tematico. Ma che stavolta, invece, potrà godere di una vera distribuzione nei cinema, grazie all’intervento della Pablo di Gianluca Arcopinto, “avventuroso” produttore di talenti underground ….. Non mi basta mai , settantotto minuti di immagini ad alto tasso evocativo, nasce da lontano, come raccontano gli stessi autori. E cioè da un’idea di Pietro Perrotti, un operaio filmaker torinese che, armato di Super 8, filmò tutte le battaglie di quella stagione. Tanto che quel materiale, oggi, è diventato un film, Fiat, autunno ’80, firmato dallo stesso Perrotti e da Pierfranco Milanese che è stato presentato all’ultimo festival di Torino, in compagnia di una nutrita serie di documentari sulle lotte operaie di quegli anni. E Perrotti, infatti è uno dei protagonisti di Non mi basta mai. Lui, insieme ad altri quattro operai che hanno vissuto quella stagione e che oggi raccontano le loro “nuove” vite. C’è Ebe che, dopo la cassa integrazione, si è messa a lavorare in ospedale, continuando a fare la sindacalista. C’è Gianni che si occupa di progetti per la difesa dell’ambiente. Pasquale che vive in una sorta di comune e, insieme a Vincenzo, lavora in una organizzazione non governativa per la cooperazione con il Terzo Mondo. E, infine c’è Pietro che ha scelto di licenziarsi dalla Fiat proprio nel quarantesimo anniversario della Liberazione. Ora fa l’animatore per bambini, costruisce pupazzi di gomma piuma e, soprattutto, viaggia. Attraverso immagini di repertorio (soprattutto dell’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico) e tanto vissuto di oggi, il film passa dal presente al passato. Ci sono i cancelli di Mirafiori, l’arrivo di Berlinguer, Trentin. Gli operai in lotta davanti alla fabbrica. I comizi. E poi il “sofferto” voto all’accordo sindacale che segnò la sconfitta di quella battaglia durata 35 giorni. Ma soprattutto ci sono le immagini di oggi. Per cercare di capire le trasformazioni di questi anni. I cambiamenti della passione politica. Del desiderio mai finito di impegnarsi per “cambiare il mondo”. Insomma, della voglia di questi cinque ex operai di dire ancora oggi, “non mi basta mai”… (Gabriella Gallozzi – Kwcinema)
 
Il film racconta e ricostruisce dall’interno dieci anni di Fiat, grazie ai materiali video dell’Archivio audiovisivo del movimento operaio e, soprattutto, ai super 8 girati da uno di loro, Piero Perotti, sindacalista imprevedibile con il pallino della comunicazione visiva.
“E’ stato proprio Piero a contattarci e a darci l’idea”, raccontavano Chiesa e Vicari all’anteprima romana del film, ospitata nella sala di Nanni Moretti e seguita – incredibile ma vero – da un corposo e partecipato dibattito guidato da Rossana Rossanda e Pietro Ingrao. “Piero ci ha messo in contatto con una cinquantina di loro. Quelli che sarebbero diventati i cinque protagonisti del film riassumevano la capacità di molti di loro di rifarsi, letteralmente, una vita. Naturalmente, c’erano in quel piccolo gruppo anche molti sconfitti, persone che la cassa integrazione forzata ha fiaccato e sfiancato”.Loro cinque, invece, ce l’hanno fatta. Non c’è livore, non c’è rimpianto negli occhi e nelle parole quando ritornano ai tempi bui della fabbrica. Un universo conchiuso, che riempiva di sé tutta la vita, dando confini, identificazione e accesso al mondo del lavoro, privandoli di creatività, tempo, autoaffermazione. Vincenzo: “Il nostro caposquadra ogni sabato controllava la lunghezza dei capelli”. Piero: “Sono entrato a 17 anni. La fabbrica è stata la mia scuola, la Fiat l’università”.
E quando arrivano i giorni – i mesi – dello scontro loro sono lì, in prima fila. Pasquale è uno dei 61 licenziati del ’79, gli altri partecipano alle lotte del 1980: 15mila licenziamenti annunciati, 35 giorni di picchetto, la grigia marcia dei 40mila (“ma erano 15mila”, dice adesso Gianni Usai “preoccupati solo di difendere il loro posto di lavoro”), la votazione per l’accordo sindacale, contestata apertamente nel documentario. Sullo schermo scorrono i tg dell’epoca, Berlinguer, Trentin, il Lingotto prima e dopo. E qualche cifra: i 110mila dipendenti della Fiat auto del 1979 sono scesi nel ’99 a 30mila. E la Fiat si ritrova oggi 6 milioni di mq di fabbriche dismesse. Chiesa, Vicari e Perotti hanno documentato tutto questo. Ora sta a noi andare a vedere. E tornare, se ci riesce, a pensare. (Stefania Chinzari – Tempi Moderni)
 
Pietroè un animatore di gruppi di bambini. Ebe è sindacalista. Gianni fa parte di una cooperativa di pesca. Pasquale aiuta i ragazzi che sono stati in carcere nel reinserimento. Vincenzo fa parte di un’organizzazione non governativa per la cooperazione con il Terzo Mondo. Vivono o hanno vissuto a Torino e questo sembra, all’apparenza, l’unico dato che li accomuna. Ma nell’autunno del 1980 avevano tutti condiviso, come operai Fiat, uno dei momenti più importanti nella vita della società italiana. Per 35 giorni la Fiat non aveva funzionato a causa di uno sciopero causato da una raffica di licenziamenti. Allo sciopero si contrappose la marcia dei 40.000 che volevano invece ritornare al più presto al lavoro. Guido Chiesa ripercorre quei giorni attraverso la memoria e la vita di persone molto diverse tra loro. Chiesa con questo documentario ha realizzato un’opera sicuramente più ‘vera’ e sentita de Il partigiano Johnny (Giancarlo Zappoli – MyMovies)
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