Sentenza – La condotta anomale del lavoratore pesa solo in presenza di misure di sicurezza idonee

Milano, 29.1.2019

Sentenza della Corte di Cassazione che pone l’accento sulle responsabilità del lavoratore in materia di infortuni sul lavoro. Nel caso specifico affronta un ricorso, respinto, presentato nei confronti del datore di lavoro per aver cagionato ai lavoratori lesioni personali per imprudenza, negligenza e imperizia, sostenendo che ai fini dell’individuazione del criterio idoneo a discriminare il comportamento “anomalo” da quello che non lo è, la Corte di Cassazione, Sez. IV ha ritenuto di includere anche l’inosservanza di precise norme antinfortunistiche, ovvero la condotta del lavoratore contraria a precise direttive organizzative ricevute, a condizione, però, che l’infortunio non risulti determinato da assenza o inidoneità delle misure di sicurezza adottate dal datore di lavoro.

Il riferimento è la sentenza n. 58272/18, che alleghiamo,  con la quale la Suprema Corte ha respinto il ricorso contro la sentenza di condanna emessa in entrambi i gradi di giudizi di merito a seguito di un infortunio occorso a due lavoratori investiti da vetri curvi rotti e dal bancale sul quale erano appoggiati in danno di due lavoratori.

Con l’occasione la sentenza, nelle lettera a-b-c del punto 1.2, richiama altre tre pronunce della Cassazione nelle quali si è ritenuto che il comportamento del lavoratore avesse interrotto il nesso di causalità tra l’azione e l’omissione del datore di lavoro e l’evento.

La parte finale della sentenza si sofferma sui presupposti necessari per far valere il “vizio di travisamento della prova” in sede di ricorso per Cassazione, in applicazione della nuova formulazione dell’articolo 606, comma 1, lett. e) del Codice di procedura penale, pena inammissibilità del ricorso stesso, per cui il ricorrente deve:

a) indicare specificamente l’atto processuale sul quale fonda la doglianza;

b) indicare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta asseritamente incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza impugnata;

c)
 dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché dell’effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda tra i materiali probatori ritualmente acquisiti nel fascicolo del dibattimento;

d) indicare le ragioni per cui l’atto invocato asseritamente inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale “incompatibilità all’interno del piano argomentativo del provvedimento impugnato.

 

Sentenza infortuni e responsabilità lavoratori