Sentenze – Gli obblighi dei datori di lavoro sui dispositivi di protezione individuale

Milano, 27.8.2019

Con una serie di sentenze, la Cassazione ritorna a fare il punto sulla definizione di Dispositivi di protezione individuale (Dpi) e sull’obbligo di lavaggio e manutenzione degli stessi. Sul tema si era già espressa in data 27 giugno 2019 , con l’ordinanza n. 17354.
La Corte, sezione Lavoro, ordinanze 25 luglio 2019, nn. 20206 , 20207, 20208, ripercorre il dettato normativo e le sue definizioni partendo dall’Art. 40 del D.Lgs 626/94.
La sentenza si conclude con una sintesi ineludibile specificando che «la nozione legale di Dispositivi di Protezione Individuale (D.P.I.) non deve essere intesa come limitata alle attrezzature appositamente create e commercializzate per la protezione di specifici rischi alla salute in base a caratteristiche tecniche certificate, ma, in conformità alla giurisprudenza di legittimità, va riferita a qualsiasi attrezzatura, complemento o accessorio che possa in concreto costituire una barriera protettiva, sia pure ridotta o limitata, rispetto a qualsiasi rischio per la salute e la sicurezza del lavoratore, in conformità con l’art. 2087 c.c., norma di chiusura del sistema di prevenzione degli infortuni e malattie professionali, suscettibile di interpretazione estensiva in ragione sia del rilievo costituzionale del diritto alla salute, sia dei principi di correttezza e buona fede cui deve ispirarsi lo svolgimento del rapporto di lavoro. Nella medesima ottica il datore di lavoro è tenuto a fornire i suddetti indumenti ai dipendenti e a garantirne l’idoneità a prevenire l’insorgenza e il diffondersi di infezioni provvedendo al relativo lavaggio, che è indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza e che, pertanto, rientra tra le misure necessarie “per la sicurezza e la salute dei lavoratori” che il datore di lavoro è tenuto ad adottare ai sensi del D.Lgs. n. 626 del 1994, articolo 4, comma 5, e del D.Lgs. n. 81 del 2008, articolo 15 e ss., e s.m.i.».

 

 Ordinanza 25 luglio 2019, n. 20206 Corte Cassazione