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Euronote – Al via le discussioni sul prossimo bilancio dell’Ue

Non solo questioni contabili, in definizione le priorità dell’Unione dopo il 2020

Milano, 23.2.2018

L’Unione europea deve affrontare una sfida difficile: «Fare di più con meno risorse», sostiene la Commissione europea ricordando i molti campi di intervento in prospettiva e allo stesso tempo la fuoriuscita del Regno Unito. Al fine di realizzare comunque in modo efficiente ed efficace le priorità dell’Ue anche dopo il 2020, l’esecutivo europeo ha presentato il 14 febbraio una comunicazione contenente diverse opzioni, con relativi effetti finanziari, per «un nuovo e moderno bilancio dell’Ue a lungo termine». Nelle discussioni in corso tra i vari Stati membri su come garantire la sostenibilità finanziaria nella realizzazione delle priorità dell’Ue fissate un anno fa con la Dichiarazione di Roma, la Commissione comunica di contribuire in tre modi: fornendo i dati relativi al bilancio dell’Ue, ai vantaggi da esso offerti e ai risultati che ha permesso di ottenere; delineando gli scenari che illustrano l’impatto finanziario delle diverse scelte programmatiche possibili; mostrando le conseguenze negative derivanti da un’adozione tardiva del nuovo bilancio.

«I bilanci non sono semplici esercizi di contabilità: riflettono le nostre priorità e la nostra ambizione. Traducono il nostro futuro in cifre. Quindi innanzitutto parliamo dell’Europa che vogliamo. Poi gli Stati membri devono sostenere le loro ambizioni con le risorse finanziarie adeguate» ha dichiarato il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker.

Ogni priorità politica dovrà essere finanziata adeguatamente

Il contributo che la Commissione intende portare consiste nella quantificazione dell’impatto finanziario derivante dalle diverse scelte programmatiche possibili. Non si tratta infatti di semplici proposte, spiega la Commissione, bensì di «scenari delineati sulla base di idee presentate nel dibattito pubblico e finalizzati a orientare la riflessione, a stimolare la discussione e a fornire una solida base fattuale per operare le scelte importanti che si prospettano». Secondo l’esecutivo dell’Ue è infatti importante che i leader europei si accertino delle implicazioni concrete delle loro scelte in termini di finanziamenti, al fine di confrontarsi per definire il livello di ambizione dell’intervento dell’Ue in settori fondamentali quali la protezione delle frontiere esterne, il sostegno a una difesa comune, il rafforzamento della trasformazione digitale dell’Europa o l’aumento dell’efficienza delle politiche agricola e di coesione. Ad esempio, sostiene la Commissione, l’impegno a rafforzare la protezione delle frontiere esterne dell’Ue costerebbe 20-25 miliardi di euro in sette anni, e fino a 150 miliardi di euro la realizzazione di un sistema completo di gestione delle frontiere. Così, ogni priorità politica «dovrà essere adeguatamente finanziata per trasformarsi in realtà», dalla realizzazione dell’’Unione europea della difesa al sostegno della mobilità dei giovani, dal rafforzamento della trasformazione digitale dell’Europa all’azione necessaria per stimolare la ricerca e l’innovazione o per consolidare l’Unione economica e monetaria.

Evitare ritardi dannosi per cittadini e imprese

Nei prossimi mesi, al massimo all’inizio di maggio, la Commissione presenterà una proposta formale sul prossimo bilancio a lungo termine dell’Ue, dopo aver ascoltato tutte le parti interessate anche mediante le consultazioni pubbliche sulle priorità dell’Ue avviate nel gennaio 2018. Sarà essenziale raggiungere in tempi rapidi un accordo politico sul prossimo bilancio dell’Ue sia per dimostrare di essere in grado di attuare il programma politico delineato a Roma sia per evitare gli effetti negativi che eventuali ritardi avrebbero per i cittadini e le imprese. Ad esempio, se dovesse ripetersi il ritardo verificatosi nel 2013 per la definizione dell’attuale bilancio, la Commissione stima che oltre 100.000 progetti finanziati dall’Ue non potrebbero essere avviati in tempo in settori come il sostegno alle imprese, l’efficienza energetica, la sanità, l’istruzione e l’inclusione, mentre centinaia di migliaia di giovani si vedrebbero privati di uno scambio nel quadro del programma Erasmus+ nel 2021; inoltre si potrebbero perdere circa 5.000 posti di lavoro al mese nel settore della ricerca (3-4% dei posti di lavoro complessivi nell’Ue), ulteriori 7.000 posti di lavoro nell’economia generale e circa 200 pubblicazioni di ricerca. Così come sarebbero compromessi vari progetti infrastrutturali.

Social Platform: valutare l’impatto sociale della spesa

I negoziati sul bilancio dell’Ue «possono degenerare nella feroce tutela degli interessi nazionali, oppure possono offrire l’opportunità di guardare agli interessi collettivi a lungo termine per l’intera Unione» sostiene la Social Platform, la più grande rete di organizzazioni europee della società civile impegnate nel settore sociale. La realizzazione dei tre obiettivi sociali della Commissione quali le pari opportunità e l’accesso al mercato del lavoro, condizioni di lavoro eque, protezione sociale e inclusione, sarà possibile solo con un’attenta pianificazione e preparazione dei programmi di finanziamento, osserva la Social Platform secondo cui «parte della soluzione è migliorare la coerenza e la gestione del bilancio dell’Ue nel suo insieme. Dovrebbero esserci legami più stretti tra i finanziamenti e l’attuazione di valori e obiettivi dell’Ue. La responsabilità della spesa deve allontanarsi dai processi amministrativi e burocratici per misurare l’impatto reale».

Tutti i programmi di spesa dell’Ue devono essere valutati per il loro impatto sociale, sostengono le Ong europee, perché «troppo spesso l’Ue ha investito in infrastrutture o progetti di sviluppo economico con poca o nessuna attenzione su come sono colpiti diversi gruppi di popolazione, in particolare i più vulnerabili». Per questo l’Ue «dovrebbe essere più aperta all’apprendimento dagli errori, piuttosto che all’attuale ossessione per la documentazione delle buone pratiche».

Sebbene il denaro dell’Ue rappresenti «solo una goccia nell’oceano rispetto alla spesa sociale nel suo insieme» e non dovrebbe sostituire gli impegni di spesa nazionali, può rappresentare comunque «un potente catalizzatore per le riforme» secondo la Piattaforma sociale europea

 

 

 

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