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Euronote – Ancora grande nell’Ue il divario retributivo di genere

Milano, 7.11.2016 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ancora grande nell’Ue il divario retributivo di genere
Il 3 novembre giornata simbolica in cui le donne smettono di essere pagate
 
Il 2086 è l’anno in cui in Europa le donne saranno pagate quanto gli uomini se il divario retributivo continuerà a diminuire con la lentezza fatta registrare finora.
 
Con una retribuzione oraria media inferiore del 16,7% a quella degli uomini, infatti, attualmente le donne è come se lavorassero gratuitamente il 16% dell’anno. Così, il 3 novembre è il giorno in cui di fatto le donne di tutta Europa smettono di essere pagate, per questo si è deciso di istituire proprio il 3 novembre la Giornata europea per la parità retributiva.
 
La parità di genere è uno dei valori fondamentali dell’Unione europea, eppure nel 2016 ciò non è ancora realtà sul mercato del lavoro. Come hanno osservato in occasione della Giornata europea il vicepresidente della Commissione europea Timmermans e le commissarie europee Thyssen e Jourová, «se l’uomo europeo medio smettesse oggi di lavorare, la sua retribuzione a fine anno sarebbe comunque identica a quella della donna europea media che lavorerà invece fino al 31 dicembre. Uomini e donne continuano a non avere pari opportunità sul posto di lavoro, per un lavoro equivalente le retribuzioni medie degli uomini sono più elevate. Questo non è giusto, non è sostenibile e, francamente, non è accettabile. I datori di lavoro europei devono smettere di perpetuare il messaggio che le donne valgono due stipendi all’anno meno degli uomini».
 
Per colmare questo divario la Commissione europea ha consultato le parti sociali e il grande pubblico, in modo da raccogliere suggerimenti su come conciliare meglio lavoro e vita privata. Le consultazioni si sono concluse e l’esecutivo dell’Ue ha annunciato per il 2017 una proposta rivolta alle famiglie che lavorano, «nell’intento di aiutare sia i genitori che hanno un posto di lavoro sia quelli che svolgono un ruolo di assistenza a trovare il giusto equilibrio fra vita privata e vita professionale, aumentando al tempo stesso la partecipazione delle donne al mercato del lavoro».
 
Secondo la Commissione occorrono maggiore parità nell’uso e nella scelta dei regimi di congedo, modalità di lavoro flessibili e strutture per l’infanzia a prezzi più accessibili, mentre gli uomini dovrebbero potersi occupare delle loro famiglie al pari delle donne e le imprese dovrebbero confermare e promuovere le donne qualificate.
 
In occasione della Giornata europea per la parità retributiva i rappresentanti della Commissione hanno così dichiarato: «Ci impegniamo a dare a donne e uomini le stesse opportunità sul mercato del lavoro. La stessa retribuzione per lo stesso lavoro nello stesso posto non è solo un valore fondamentale dell’Europa: se vogliamo essere competitivi, dobbiamo permettere al talento femminile di esprimersi pienamente nell’interesse di tutti».
 
Cos’è il divario retributivo tra donne e uomini
 
Come spiega la Commissione europea in una sezione dedicata del suo portale web, il divario retributivo di genere è la differenza nella retribuzione oraria lorda tra uomini e donne, trasversale ai vari settori dell’economia: attualmente il divario retributivo di genere medio nell’Ue è del 16,7%. Una media che contiene però notevoli differenze tra gli Stati membri, come evidenziano le stime di Eurostat: si passa da una serie di Paesi che presentano un divario retributivo di genere inferiore al 10% (Slovenia, Malta, Polonia, Italia, Lussemburgo e Romania) ad altri con divario superiore al 20% (Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Germania e Austria), fino al divario massimo registrato in Estonia (30%).
 
Esiste poi un divario retributivo di genere complessivo, dato dalla differenza tra il salario annuale medio percepito da donne e uomini. Si tratta di una stima che tiene conto dei tre principali svantaggi affrontati dalle donne, ossia: retribuzione oraria inferiore; meno ore di lavoro retribuito; minore tasso di occupazione (ad esempio a causa di interruzioni di carriera per prendersi cura di figli o famigliari). Questo divario retributivo di genere complessivo nell’Ue è addirittura del 39,8%.
 
Da cosa è determinato questo divario
 
Vari studi europei, come riporta la sintesi redatta dalla Commissione, definiscono i fattori che contribuiscono al divario retributivo di genere. Eccone i principali:
 
• Sebbene vi siano più laureate che laureati, le posizioni lavorative di gestione e supervisione sono ricoperte in larga maggioranza da uomini. Gli uomini ricevono più promozioni rispetto alle donne, in tutti i settori, di conseguenza vengono pagati di più. Questa tendenza raggiunge il culmine ai livelli più alti della scala lavorativa: meno del 5% dei dirigenti è donna.
 
• Le donne si fanno carico, in proporzione maggiore rispetto agli uomini, di importanti compiti non retribuiti quali i lavori di casa e la cura di figli o famigliari. I lavoratori uomini dedicano in media 9 ore a settimana ad attività non retribuite come la cura dei figli o famigliari o i lavori di casa, mentre le lavoratrici dedicano a tali attività 26 ore, circa 4 ore al giorno. Sul mercato del lavoro, tale differenza si riflette nel fatto che una donna su tre riduce le ore di lavoro retribuite per richiedere un part-time, mentre solo un uomo su dieci lo fa.
 
• Le donne tendono a trascorrere più spesso periodi di tempo fuori dal mercato del lavoro rispetto agli uomini. Queste interruzioni di carriera influenzano non solo la loro retribuzione oraria, ma hanno anche un impatto sui loro guadagni futuri e sulla loro pensione.
 
• Segregazione nell’istruzione e nel mercato del lavoro: questo significa che in alcuni settori e occupazioni le donne sono sovrarappresentate; in altri sono sovrarappresentati gli uomini. In alcuni Paesi, alcune occupazioni sono prevalentemente svolte dalle donne, ad esempio l’insegnante o l’addetta alle vendite. Queste posizioni offrono salari inferiori rispetto a occupazioni prevalentemente svolte da uomini, a parità di livello di esperienza e qualifiche.
 
• La discriminazione retributiva, sebbene vietata, continua a contribuire al divario retributivo di genere.
 
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