Euronote – Come affrontare la pandemia

Milano, 16.3.2020

L’epidemia globale di Covid-19 è stata definita «pandemia» dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms-Who) l’11 marzo scorso, una valutazione ponderata fatta dall’organismo internazionale sulla base di due valutazioni principali. La prima attiene alla velocità e alla portata della trasmissione, con 118 Paesi e territori già interessati dall’infezione e, in sole due settimane, un numero di Paesi colpiti quasi triplicato e un numero di casi aumentato di circa 13 volte al di fuori della Cina. La seconda ragione riguarda invece «la profonda preoccupazione che alcuni Paesi non stiano affrontando questa minaccia con il livello di impegno politico necessario per controllarla» ha dichiarato l’Oms, secondo cui «tutti i Paesi devono trovare un buon equilibrio tra protezione della salute, prevenzione delle perturbazioni economiche e sociali e rispetto dei diritti umani».

L’Oms chiede quindi ai Paesi di adottare una strategia su quattro fronti: 1) Essere pronti: in 77 Paesi e territori non sono ancora stati segnalati casi di infezione e in 55 i casi sono ancora pochi, situazione che può essere mantenuta tale preparando il personale e le strutture sanitarie. 2) Rilevare, prevenire e curare: non si può combattere un virus se non si sa dove si trova, perciò è necessaria una solida sorveglianza per trovare, isolare, testare e trattare ogni caso, così da spezzare la trasmissione. 3) Ridurre e sopprimere: trovare e isolare il maggior numero possibile di casi e mettere in quarantena i loro contatti più stretti; se non è possibile interrompere la trasmissione, questa può essere rallentata e protette le strutture sanitarie. 4) Innovare e migliorare: è un nuovo virus, si sta imparando a prevenire le infezioni, salvare vite umane e ridurre al minimo l’impatto, così tutti i Paesi hanno lezioni da condividere.

Il coordinamento all’interno dell’Ue

A livello europeo il problema dell’epidemia di Covid-19 è stato affrontato il 10 marzo scorso in un dibattito tra Parlamento, Commissione e Presidenza di turno, sottolineando la necessità di misure urgenti per rallentare la diffusione in tutta Europa. Di fronte a un’emergenza sanitaria che «cambia di ora in ora», è stato detto, gli Stati membri devono concentrarsi sul contenimento del virus, in modo che i sistemi sanitari possano far fronte all’emergenza e che l’impatto sull’economia e sulla vita sociale sia il più limitato possibile. Sottolineando la necessità di solidarietà tra i Paesi dell’Ue, insieme a maggiori fondi per la ricerca sul virus, gli eurodeputati hanno chiesto che il materiale medico necessario, come i kit per i test, le maschere e le macchine per la respirazione, sia prodotto all’interno dell’Ue e messo a disposizione di tutti gli Stati membri. Così com’è stata evidenziata la necessità di disporre di una valutazione comune europea del rischio, per garantire che le stesse misure vengano applicate nelle aree che presentano lo stesso livello di rischio.

La Commissione ha poi ricevuto un mandato per intensificare ulteriormente la sua risposta all’epidemia su tutti i fronti e coordinare le azioni degli Stati membri. «La crisi che affrontiamo a causa del Coronavirus ha sia una dimensione umana significativa sia un impatto economico. È quindi essenziale agire in modo deciso e collettivo, contenere la diffusione del virus, aiutare i pazienti e contrastare le ricadute economiche» ha dichiarato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, precisando che l’esecutivo dell’Ue coordinerà le misure necessarie nel corso di una conferenza telefonica giornaliera con i ministri europei della Sanità e degli Affari interni, oltre a riunire un team di epidemiologi e virologi di diversi Stati membri per fornire linee guida a livello europeo. È stato poi annunciato un massiccio intervento a livello macroeconomico, in coordinamento tra Stati membri, Commissione e Banca centrale europea, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione per assicurare che l’economia europea resista. Sarà fatto, ad esempio, «pieno uso» della flessibilità esistente nel Patto di stabilità e crescita; entro qualche giorno sarà presentata una «Corona Response Investment Initiative», diretta a sistemi sanitari, piccole e medie imprese, mercati del lavoro e altre parti vulnerabili delle economie europee, con un investimento iniziale di 25 miliardi di euro e una task force per garantire che il denaro giunga al più presto dove necessario, modificando il regolamento per i fondi strutturali.

Ces: questa crisi non può ricadere sui lavoratori

«Chiediamo alle autorità di assumere un ruolo più coordinato e attivo per sostenere urgentemente le economie in tutta Europa. Non possiamo accettare che l’onere economico di questa crisi, che è probabilmente molto più grave della crisi finanziaria del 2008, ricada sulle finanze pubbliche, sui servizi pubblici e, in definitiva, sui lavoratori europei. Non possiamo accettare ulteriori austerità e tagli a causa della crisi Covid-19». Così è intervenuto il Comitato esecutivo della Confederazione europea dei sindacati (Ces), chiedendo alla Commissione e alla Bce misure di emergenza quali il rilassamento delle norme fiscali previste dal Patto di stabilità e crescita e le norme sugli aiuti di Stato, così come finanziamenti immediati per aiutare le persone più colpite. «Ciò deve includere il sostegno finanziario ai lavoratori in quarantena, sospesi dal lavoro o licenziati a causa di Covid-19. A tale proposito, è necessario prestare particolare attenzione ai lavoratori precari e non standard, spesso esclusi da diritti e tutele degli altri lavoratori» ha sottolineato la Ces, chiedendo misure urgenti per garantire che tutti i lavoratori con sintomi, nonché quelli obbligati a rimanere a casa a prendersi cura dei familiari, possano prendere congedi senza paura di perdere il lavoro o il reddito. Il rischio, osserva la Ces, è aumentato dai tagli apportati alle indennità di malattia dalla maggior parte degli Stati membri, che dalla crisi finanziaria del 2008 hanno ridotto la spesa per prestazioni di malattia: «I tagli alla retribuzione per malattia in Europa significano che più persone vanno al lavoro quando sono malate perché non possono permettersi di perdere il reddito o rischiare di perdere il lavoro» sostiene la Ces, chiedendo un congedo di malattia retribuito per tutti i lavoratori in tutta Europa.