Euronote – Ilo: «Contro il collasso servono soluzioni globali»

L’Organizzazione internazionale del lavoro stima gravi perdite occupazionali

Milano, 9.4.2020

«I lavoratori e le imprese stanno affrontando una catastrofe, sia nelle economie sviluppate che in quelle in via di sviluppo. Dobbiamo muoverci velocemente, in modo deciso e insieme. Le misure giuste e urgenti potrebbero fare la differenza tra sopravvivenza e collasso». Con questo monito del suo direttore generale, Guy Ryder, l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo-Oil) ha presentato un Rapporto sugli effetti devastanti che la pandemia da Covid-19 sta avendo a livello globale sui mercati del lavoro, evidenziando alcuni dei settori e delle regioni più colpiti e delineando le politiche per mitigare la crisi.

Complessivamente, stima l’Ilo, nel secondo trimestre 2020 la crisi dovrebbe annullare il 6,7% delle ore di lavoro a livello globale, equivalenti a 195 milioni di lavoratori a tempo pieno. Riduzioni che interessano tutte le grandi regioni mondiali: in Europa il 7,8%, o 12 milioni di lavoratori a tempo pieno; in Asia e Pacifico il 7,2%, 125 milioni di lavoratori a tempo pieno; negli Stati arabi l’8,1%, equivalente a 5 milioni di lavoratori a tempo pieno. Sono previste enormi perdite tra i diversi gruppi di reddito, ma soprattutto nei Paesi a reddito medio-alto (7%, cioè circa 100 milioni di lavoratori a tempo pieno). I settori a maggior rischio comprendono gli alloggi e i servizi di ristorazione, la produzione manifatturiera, la vendita al dettaglio e le attività commerciali e amministrative. Insomma, gran parte del mercato con conseguenze che supereranno di gran lunga gli effetti della crisi finanziaria del 2008-2009.

Secondo l’Ilo, 1,25 miliardi di lavoratori sono impiegati nei settori considerati «ad alto rischio di aumenti drastici e devastanti» dei licenziamenti, delle riduzioni salariali e dell’orario di lavoro: «Molti svolgono lavori poco retribuiti e poco qualificati, dove un’improvvisa perdita di reddito è devastante». Circa 2 miliardi di persone lavorano nel settore informale, soprattutto nelle economie emergenti e in via di sviluppo, per questo sono particolarmente a rischio. Elevati livelli di informalità, combinati con la mancanza di protezione sociale e un’alta densità di popolazione «pongono gravi problemi sanitari ed economici per i governi» afferma il Rapporto.

«Questo è il più grande test per la cooperazione internazionale in oltre 75 anni. Se un Paese fallisce, allora falliamo tutti. Dobbiamo trovare soluzioni che aiutino tutti i segmenti della nostra società globale, in particolare quelli che sono più vulnerabili o meno in grado di aiutare se stessi» ha aggiunto il direttore generale dell’Ilo.

Conseguenze gravi della pandemia sull’occupazione

Gli obblighi di chiusura o le chiusure consigliate dei luoghi di lavoro, secondo le stime dell’Ilo, rappresentano attualmente l’87% della forza lavoro dei Paesi a reddito medio-alto e il 70% della forza lavoro nei Paesi ad alto reddito, mentre il Covid-19 sta influenzando anche il mondo in via di sviluppo dove le capacità e le risorse per affrontare la crisi sono fortemente limitate. Riduzioni nette e impreviste dell’attività economica stanno causando un «drammatico declino occupazione, sia in termini di numero di posti di lavoro che di ore complessive di lavoro» osserva il Rapporto dell’Ilo, rilevando come interi settori siano stati severamente ridotti in molti Paesi, portando a forti cali delle entrate per molte aziende.

Gli impatti sull’occupazione di Covid-19 sono quindi «profondi, di vasta portata e senza precedenti» sostiene l’Ilo, sottolineando che l’adeguamento dell’occupazione segue la contrazione economica con qualche ritardo, come si è visto con la crisi economico-finanziaria del 2009. In ogni caso, a partire dal 1° aprile 2020 le stime dell’Ilo indicano che l’orario di lavoro diminuirà nel trimestre in corso di circa il 6,7%, il che equivale a 195 milioni di lavoratori a tempo pieno (supponendo una settimana lavorativa di 48 ore). Molti di questi lavoratori dovranno affrontare una perdita di reddito e una povertà più profonda, solo mitigate dall’uso diffuso di misure che consentono ai lavoratori di mantenere il posto di lavoro.

Misure per limitare l’impatto della crisi

Naturalmente, sostiene il Rapporto dell’Ilo, l’eventuale aumento della disoccupazione globale nel 2020 dipenderà sostanzialmente dalla rapidità con cui l’economia si riprenderà nella seconda metà dell’anno e soprattutto dall’efficacia delle misure politiche in supporto all’occupazione che saranno adottate. «Le scelte che facciamo oggi influenzeranno direttamente il modo in cui questa crisi si sviluppa e quindi la vita di miliardi di persone – ha dichiarato il direttore generale dell’Ilo -. Con le giuste misure possiamo limitare il suo impatto e le cicatrici che lascia. Dobbiamo mirare a ricostruire meglio, in modo che i nostri nuovi sistemi siano più sicuri, più equi e più sostenibili di quelli che hanno permesso che questa crisi si verificasse».

L’Ilo indica dunque quelli che sono a suo avviso gli interventi necessari da attuare per contrastare la crisi globale creata dalla pandemia, individuando quattro pilastri chiave basati sugli standard internazionali del lavoro. Il primo pilastro concerne lo stimolo dell’economia e dell’occupazione, che deve avvenire attaverso una politica fiscale attiva, una politica monetaria accomodante, prestiti e sostegno finanziario a specifici settori, compreso il settore sanitario. Il secondo pilastro consiste nel supportare le imprese, i lavori e i redditi, il che significa estendere la protezione sociale per tutti, attuare le misure necessarie per la conservazione del lavoro, fornire sgravi fiscali/finanziari alle imprese. Il terzo pilastro riguarda la protezione dei lavoratori sul posto di lavoro, cioè rafforzare le misure di salute e sicurezza sul lavoro, adattare gli accordi di lavoro (ad es. col telelavoro), prevenire la discriminazione e l’esclusione, fornire a tutti l’accesso alla salute, estendere l’accesso alle ferie retribuite. Il quarto pilastro chiede che le soluzioni siano basate sul dialogo sociale, rafforzando la capacità e la resilienza delle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori e rafforzando il dialogo sociale stesso, le contrattazioni collettive, le istituzioni e i processi delle relazioni sindacali.