Euronote – Lento il percorso verso la parità di genere

Milano, 13.3.2019

«Siamo nel 2019 e i progressi nel campo della parità di genere vanno ancora a passo di lumaca. In alcuni Paesi la situazione sta addirittura peggiorando. Tutto quello che chiediamo è: parità per tutti. Nulla di più, ma niente di meno. È ora che uomini e donne si adoperino insieme per la parità». Con queste parole il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, ha introdotto la Relazione 2019 sulla parità tra donne e uomini nell’Ue presentata in occasione della Giornata internazionale della donna.

Rispetto ad altre aree del mondo, l’Ue è ben avviata verso la riduzione delle differenze di genere, tuttavia i progressi verificatisi negli ultimi decenni proseguono a un ritmo lento. Secondo l’Indice degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, 11 Stati membri dell’Ue hanno un punteggio di oltre 80 su 100 per quanto riguarda l’obiettivo 5 sull’uguaglianza di genere, con Svezia, Finlandia e Francia rispettivamente al 2°, 3° e 5° posto della classifica mondiale e complessivamente 11 Paesi dell’Ue nei primi 20 posti. Ciononostante, anche nell’Ue dove l’uguaglianza di genere è un valore fondamentale e assicurata dalla legge, l’effettiva parità è ancora distante in molti ambiti. Mentre il divario di genere nel campo dell’istruzione è annullato e persino invertito, questo non produce poi una reale parità nel mercato del lavoro, con disparità persistenti nelle ore lavorate, nelle retribuzioni, nella partecipazione stessa al mercato del lavoro delle donne che è 11,5 punti percentuali inferiore a quella degli uomini.

Mercato del lavoro e cure familiari

Il tasso di occupazione femminile nell’Ue ha raggiunto nel 2017 il picco storico del 66,4%, ma la situazione varia molto tra gli Stati membri, di cui otto (Austria, Repubblica Ceca, Germania, Estonia, Irlanda, Italia, Polonia e Slovacchia) hanno ricevuto raccomandazioni dalla Commissione nell’ambito del semestre europeo per migliorare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Inoltre, il tasso di occupazione maschile è salito al 77,9%, con un divario occupazionale di genere dell’11,5% e che è lo stesso da circa tre anni.

Le responsabilità di cura, osserva la Relazione, sono ancora in gran parte a carico dalle donne, con una differenza di genere in termini di orario di lavoro non retribuito negli Stati membri dell’Ue che varia da 6-8 ore nei Paesi nordici fino a 15 e più ore in Italia, Croazia, Slovenia, Austria, Malta, Grecia e Cipro, a dimostrazione del fatto che la tradizionale divisione tra lavoro e responsabilità di cura nella famiglia si sta modificando, ma solo molto lentamente. Non sorprende quindi che il lavoro part-time rimanga prevalentemente per le donne un modo di impegnarsi nel mercato del lavoro. L’inattività delle donne potrebbe anche essere una scelta indotta dai bassi guadagni familiari che non permettono di esternalizzare alcuni dei loro lavori domestici o di cura.

Divario di reddito e rischio povertà

Con salari inferiori in media del 16% rispetto a quelli degli uomini, le donne sono più esposte al rischio di povertà. Nel 2017 il divario pensionistico era del 35,7%, in alcuni Paesi oltre il 10% delle donne anziane non può permettersi l’assistenza sanitaria di cui ha bisogno e nell’intera Ue oltre il 20% delle donne anziane risulta essere a rischio di povertà o esclusione sociale rispetto al 15% degli uomini anziani. Il divario di genere nei guadagni complessivi raggiunge mediamente quasi il 40% nei Paesi dell’Ue.

La sottovalutazione del lavoro delle donne può in parte spiegare la persistenza del divario retributivo di genere nel tempo, spiega la Commissione. Occupazioni con percentuali più elevate di donne pagano stipendi più bassi: ad esempio, un recente Rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) mostra che i salari nell’Ue tendono ad essere più bassi nelle aziende a prevalente manodopera femminile piuttosto che in quelle con un mix di genere più omogeneo di impiegati, a parità di numero di dipendenti, settore economico, proprietà e tipo di contratto collettivo di lavoro. Utilizzando i dati dell’European Structure of Earnings Survey, l’Ilo stima che le società a netta prevalenza femminile (dove oltre il 95% dei lavoratori sono donne) nell’Ue pagano circa 9,90 euro all’ora rispetto agli 11,60 euro orari pagati dalle aziende con mix di genere più equilibrato tra i lavoratori.

Ancora pochi ruoli di responsabilità per le donne

Le donne rimangono poi largamente sottorappresentate nei Parlamenti e negli organismi governativi. Solo 6 dei 28 Parlamenti nazionali nell’Ue sono guidati da donne e 7 parlamentari su 10 sono uomini. Nonostante l’attuale livello del 30,5% di donne con incarichi ministeriali sia il più alto da quando i dati sono stati disponibili per la prima volta per tutti gli Stati membri dell’Ue nel 2004, «vi sono ancora elementi che indicano che le donne tendono a ricevere portafogli ritenuti meno prioritari dal punto di vista politico» osserva la Relazione.

Va un po’ meglio a livello di istituzioni europee, dove le donne rappresentavano nel novembre scorso il 36,4% dei 749 membri del Parlamento europeo, una percentuale comunque leggermente in calo rispetto al picco del 37,3% raggiunto alla fine del 2016. La Finlandia emerge nettamente con il 76,9% di donne tra i suoi membri al Parlamento europeo. I rappresentanti di 7 Stati membri comprendono almeno il 40% di ciascun sesso (Irlanda, Spagna, Francia, Croazia, Lettonia, Malta e Svezia), mentre oltre l’80% dei membri del Parlamento europeo provenienti da Bulgaria, Estonia, Cipro, Lituania e Ungheria sono uomini. All’interno della Commissione europea, invece, la percentuale di donne nel personale direttivo ha raggiunto il 39% a tutti i livelli, il 37% a livello superiore e il 40% a livello intermedio.

Rimane infine una realtà nel mondo imprenditoriale il fenomeno del cosiddetto “soffitto di cristallo”, con solo il 6,3% delle posizioni di amministratore delegato ricoperto da donne nelle principali società quotate dell’Ue.