Euronote- Mercato del lavoro in balia della pandemia

L’analisi del Rapporto della Commissione sulle dinamiche occupazionali nell’Ue

Milano, 18.1.2022

Il mercato del lavoro nei Paesi dell’Ue sta faticosamente uscendo dalla più profonda recessione che ha colpito l’Europa dopo la seconda guerra mondiale, questo almeno secondo il Rapporto Labour Market and Wage Developments in Europe 2021 pubblicato dalla Commissione europea. Lo studio osserva infatti come il mercato del lavoro europeo sia stato relativamente resistente alla recessione causata dalla pandemia, mentre la risposta politica a livello europeo e nazionale insieme agli afflussi temporanei nell’inattività abbiano attenuato l’impatto sulla disoccupazione. L’effetto della recessione varia da settore a settore, con un forte impatto negativo nei settori manifatturiero e ad alta intensità di contatti, spiega la Commissione, secondo cui nello stesso periodo l’occupazione nei servizi a minore intensità di contatto è invece tornata al livello pre-crisi e addirittura al di sopra di tale livello nell’edilizia, nella sanità e nella pubblica amministrazione.

La maggior esposizione alla perdita del posto di lavoro ha colpito soprattutto i lavoratori interinali, i lavoratori autonomi, le persone a bassa e media qualificazione, specie tra i giovani e, in questa fascia d’età, le giovani donne e le madri single. La pandemia ha anche accelerato la transizione verso le tecnologie digitali e il calo dell’occupazione è anche il riflesso di tali cambiamenti, oltre che della debolezza del mercato del lavoro in alcuni settori. D’altro canto si è registrata una carenza di mandodopera in alcuni settori, fenomeno che può essere in parte correlato alla rapida ripresa economica, ma può anche riflettere un’offerta insufficiente a causa di fattori strutturali come l’invecchiamento, le cattive condizioni di lavoro in alcune occupazioni e le discrepanze di competenze precedenti alla pandemia e da essa rafforzate.

Tassi di attività e di disoccupazione

Secondo il Rapporto della Commissione europea, l’impatto che il forte calo del Pil causato dalla pandemia ha avuto sulla disoccupazione è stato «mitigato dalla risposta politica», con le varie misure di mantenimento del posto di lavoro, ma anche dall’alto passaggio all’inattività temporanea da parte di numerosi lavoratori e dal crescente numero di coloro che hanno rinunciato a cercare lavoro. Nel 2020, osserva il Rapporto, quasi tre milioni di persone sono state licenziate, tuttavia solo una parte di queste perdite si è tradotta in maggiore disoccupazione perché molti hanno abbandonato la forza lavoro. Nel secondo trimestre del 2020 il tasso di attività (15-74) è sceso al 62,7%, il più basso dal secondo trimestre 2011, e in Paesi come Grecia, Francia, Italia e Polonia questo netto calo ha portato addirittura a una diminuzione del tasso di disoccupazione. Sebbene il calo del tasso di attività sia stato temporaneo e per lo più legato all’effetto del distanziamento sociale sulla ricerca di lavoro, nel secondo trimestre del 2021 era ancora di 0,5 punti percentuali al di sotto del livello del quarto trimestre 2019. Nella primavera 2021, il miglioramento della situazione economica è

stato accompagnato da una riduzione del tasso di disoccupazione, sceso poi in ottobre al 6,7%, cioè un punto percentuale al di sotto del picco di un anno prima, ma ancora 0,7 punti percentuali sopra al livello prepandemico. Parallelamente, sottolinea il Rapporto, è aumentata la quota di disoccupati di lunga durata in quasi tutti gli Stati membri, riflettendo la scarsa probabilità di trovare lavoro soprattutto per i disoccupati da più di 12 mesi.

L’economia dell’Ue si è quindi rafforzata nel terzo trimestre 2021, spingendo l’occupazione verso i livelli pre-pandemia, e «ciò dimostra che il mercato del lavoro si sta muovendo dalla ripresa all’espansione» nota la Commissione, ammettendo però che nonostante i miglioramenti il livello di occupazione resta inferiore al livello pre-pandemia in 20 membri.

Crisi in alcuni settori e carenza di manodopera in altri

L’effetto della pandemia è stato differente tra i settori, con un forte impatto negativo in quelli manifatturiero e ad alta intensità di contatti, come il commercio, i trasporti e l’ospitalità. Così, nel secondo trimestre del 2021 l’occupazione nel settore manifatturiero nell’Ue è scesa del 2,7% rispetto al 2019, riduzione registrata in 22 Stati membri e rimasta simile nella seconda parte dell’anno. Diversa la situazione nei servizi ad alta intensità di contatti, che nelle fasi meno acute della pandemia sono tornati al livello pre-crisi e addirittura al di sopra nel settore edile, nella sanità e nella pubblica amministrazione. Al contrario, osserva il Rapporto, un forte calo ha riguardato le occupazioni che non possono essere fatte a distanza e in quelle «vulnerabili all’automazione». Tali cambiamenti occupazionali per settore, spiega la Commissione, possono riflettere fattori sia transitori che permanenti. Ad esempio, nonostante i miglioramenti l’attività economica nei servizi ad alta intensità di contatti non si è completamente ripresa, a causa delle restrizioni introdotte. La debole crescita dell’occupazione in alcuni settori produttivi può essere poi in parte correlata ai “colli di bottiglia” delle catene di approvvigionamento e alle divergenze su scala mondiale nella riapertura dell’economia e dei trasporti. Inotre, l’accelerazione della transizione verso le tecnologie digitali sta contribuendo a smorzare la domanda di lavoro nella manifattura, mentre la diffusione di automazione e digitalizzazione durante la pandemia potrebbero avere un impatto su numero e caratteristiche dei lavoratori richiesti nella produzione.

D’altro canto nel 2021 si è registrata una carenza di manodopera in aumento nella maggior parte degli Stati membri, soprattutto nei Paesi con un elevato rallentamento del mercato del lavoro (Francia, Grecia, Italia e Irlanda) e in quelli con scarsa flessibilità (come Germania e molti Paesi dell’Europa orientale). La carenza di manodopera, spiega il Rapporto, è dovuta al rapido aumento della domanda di lavoro innescato dalla ripresa mentre l’offerta è diminuita, in parte a causa delle preoccupazioni dei lavoratori di tornare a occupazioni ad alto contatto e in parte per la minor mobilità dei flussi migratori per lavoro legata alle restrizioni. Con la ripresa, lo studio della Commissione europea prevede che molti disoccupati tornino al lavoro, tuttavia «non è chiaro se la mobilità per lavoro tornerà ai livelli pre-pandemici, anche alla luce della convergenza salariale all’interno dell’Ue».