Euronote – Non è solo una questione ambientale

Riflessioni, impegni e critiche sulla Conferenza Cop26 in corso a Glasgow

Milano, 9.11.2021

«Il cambiamento climatico è qui e ora, dobbiamo passare a un’economia a emissioni zero il prima possibile. Causerà enormi cambiamenti occupazionali con perdite di posti di lavoro nell’industria dei combustibili fossili e molti altri posti di lavoro dovranno trasformarsi radicalmente. Porterà anche nuove opportunità di lavoro, che devono essere lavori permanenti e retribuiti dignitosamente. Un’azione urgente ed efficace per il clima deve essere combinata con azioni per anticipare e gestire i cambiamenti occupazionali, in modo che nessun lavoratore e nessuna comunità siano lasciati indietro». Il segretario confederale della Confederazione europea dei sindacati (Ces), Ludovic Voet, ha così espresso alla Cop26 in corso a Glasgow la posizione dei sindacati europei in merito alla necessità di interventi urgenti in ambito ambientale. Citando la dichiarazione Sostenere le condizioni per una giusta transizione internazionale, sottoscritta dalla Commissione europea e da 14 Paesi tra i quali gli Stati Uniti, la Ces sottolinea come si tratti del riconoscimento che l’azione per il clima non sia solo una questione ambientale, ma abbia anche enormi implicazioni per i lavoratori.

Tra gli impegni espressi in questa dichiarazione infatti, ricorda la Ces, sono elencati: il sostegno ai lavoratori nella transizione verso nuovi posti di lavoro; sostenere e promuovere il dialogo sociale e il coinvolgimento degli stakeholder; sviluppare strategie economiche che includano un sostegno economico e industriale più ampio al di là dell’energia pulita; promuovere un lavoro locale, inclusivo e dignitoso; il sostegno ai diritti umani nelle catene di approvvigionamento globali e l’importanza di costruire la resilienza climatica. Secondo la Confederazione europea dei sindacati, i firmatari di questa dichiarazione «stanno inviando un segnale forte» e sarebbe importante che tutti i governi la sottoscrivessero e si impegnassero con le organizzazioni sindacali per la sua effettiva attuazione.

Così ad esempio, osservano i sindacati europei, l’Unione europea ha concordato un Fondo per una transizione giusta di 17,5 miliardi di euro per sostenere le regioni carbonifere e altre industrie ad alta intensità di carbonio come richiesto dalla Ces, sebbene il budget e l’ambito siano inferiori al necessario. La Ces chiede dunque un quadro di transizione giusta più completo, «per far corrispondere l’ambizione climatica alle sfide sociali».

Le Ong chiedono un “vero zero” nell’azione per il clima

A metà percorso della Conferenza sui cambiamenti climatici Cop26, le principali organizzazioni non governative impegnate per i diritti ambientali e i diritti umani sono molto critiche sulla questione degli obiettivi denominati “net-zero”, cioè lo “zero netto” che simboleggia il punto in cui la quantità di carbonio emessa nell’atmosfera è uguale alla quantità di carbonio rimossa. La critica riguarda il valore più nominale che effettivo di tali obiettivi, in quanto eccessivamente dipendenti «dalle truffe compensative e dalla tecnologia non dimostrata». Le Ong hanno chiesto ai governi e alle imprese di fermare il ritardo climatico e il greenwashing, cioè il presentare come ecocompatibili attività che hanno in realtà un impatto ambientale negativo, adottando invece politiche di azione per il clima orientate verso uno “zero reale” con piani dettagliati. «Gli obiettivi “net-zero” creano la falsa illusione che i governi stiano affrontando la crisi climatica. In realtà, l’attenzione a questo obiettivo non è altro che una tattica che ostacola la vera soluzione: zero emissioni. Inoltre, molti progetti di compensazione e rimozione delle emissioni di carbonio comportano violazioni dei diritti umani delle comunità locali, in particolare nel Sud del mondo» ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International. «Net-zero non è zero» secondo la direttrice delle campagne dell’Ong internazionale Global Witness, Seema Joshi: «I maggiori inquinatori stanno usando le promesse per ritardare l’azione per il clima. Obiettivi e impegni volontari lontani, per compensare in qualche modo i loro impatti in futuro, sono distrazioni che consentiranno loro di continuare a espandere la produzione di combustibili fossili. Se vogliamo avere qualche speranza di evitare il catastrofico crollo climatico, abbiamo bisogno che i grandi emettitori riducano le emissioni di gas serra ora».

Le aziende e i governi che sembrano responsabili perché parlano di obiettivi “net-zero”, in realtà «vogliono evitare di tagliare le emissioni» ha dichiarato la direttrice esecutiva di Greenpeace, Jennifer Morgan, spiegando: «Le compensazioni non impediscono alle emissioni di entrare nell’atmosfera e riscaldare il nostro clima, anzi possono addirittura portare a un aumento delle emissioni». Per queste ragioni, sostengono le Ong rivolgendosi ai responsabili politici, «è tempo che i governi e le aziende si impegnino di più: la finiscano con il greenwash e le truffe e si concentrino su piani reali d’azione per il clima».

L’appello dell’Ue all’impegno globale

«Dobbiamo rendere questa Cop26 un successo. Lo dobbiamo ai nostri figli» ha dichiarato alla Conferenza di Glasgow anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, indicando quattro priorità d’azione. L’assuznzione di forti impegni per ridurre le emissioni entro il 2030: «Lo zero netto entro il 2050 va bene, ma non basta. Abbiamo bisogno di un’azione reale in questo decennio adesso. Per l’Europa questo significa -55% almeno» ha detto la presidente della Commissione Ue. In secondo luogo, ha continuato, serve concordare un quadro di regole, ad esempio per rendere i mercati globali del carbonio una realtà, mettendo un prezzo sul carbonio perché «la natura non può più pagare quel prezzo». Vanno poi mobilitati i finanziamenti per sostenere i Paesi vulnerabili ad adattarsi alla “crescita pulita”:  «Con quasi 27 miliardi di dollari nel 2020, Team Europe è già il più grande fornitore di finanziamenti per il clima. Quasi la metà dei nostri finanziamenti è per l’adattamento. E promettiamo altri 5 miliardi di dollari fino al 2027 dal bilancio dell’Ue. E raddoppieremo i nostri finanziamenti per la biodiversità, soprattutto nei Paesi vulnerabili». Infine, ha sottolineato von der Leyen, l’innovazione e la tecnologia sono disponibili, «ora dobbiamo ridimensionarle e distribuirle».