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Euronote – Persiste il divario retributivo di genere

La Giornata europea segna la data da cui le donne lavorano “gratuitamente”

Milano, 5.11.2019

Il 4 novembre è una giornata simbolica per una parità di genere ancora distante, perché secondo le statistiche rappresenta il giorno in cui le donne smettono di essere pagate rispetto ai loro colleghi uomini per lo stesso lavoro. Nell’Unione europea, infatti, le donne guadagnano ancora mediamente il 16% meno degli uomini, cioè 84 centesimi per ogni euro guadagnato dagli uomini, il che nell’arco dell’anno equivale a circa due mesi di lavoro gratuito rispetto agli uomini: appunto dal 4 novembre fino alla fine dell’anno. Quella del divario retributivo di genere è una situazione in miglioramento, ma i progressi sono talmente lenti che negli ultimi 7 anni si è registrato un calo solo dell’1%. «Sono trascorsi sessant’anni dal momento in cui il principio della parità retributiva è stato iscritto nei trattati europei, ma ancora oggi queste norme non corrispondono alla realtà quotidiana delle donne di tutta Europa» hanno affermato i responsabili della Commissione europea in occasione della Giornata europea per la parità retributiva. «La conoscenza è potere: più aumentiamo la trasparenza delle cause alla base del divario retributivo meglio riusciremo a sormontarlo» si legge nel comunicato della Commissione, secondo cui «la trasparenza delle retribuzioni è importante per individuare i casi di discriminazione retributiva e far sì che i lavoratori e i clienti possano trarre le loro conclusioni e agire di conseguenza». Secondo un sondaggio Eurobarometro sul tema, il 64% degli europei ha dichiarato di essere a favore della pubblicazione dei salari medi della propria impresa per tipo di impiego e per genere. Oltre alla trasparenza retributiva, però, anche una distribuzione equa delle responsabilità familiari tra uomini e donne può contribuire ad affrontare le cause profonde delle differenze retributive di genere che ancora si registrano a parità di lavoro.

Molte cause e troppi luoghi comuni

Le cause del divario retributivo sono molteplici: le donne lavorano più frequentemente a tempo parziale, nelle aziende si scontrano con il cosiddetto “soffitto di cristallo”, lavorano in settori in cui le retribuzioni sono più basse e, nella maggior parte dei casi, si fanno carico delle questioni e cure familiari. Alla base esiste però un problema culturale, con luoghi comuni duri a morire. Ad esempio, si pensa che le donne guadagnino di meno perché lavorano di più part time rispetto agli uomini, ma non è corretto perché ciò comporterebbe una retribuzione inferiore mensile e non oraria, che è invece la base su cui si calcola il divario. Altro luogo comune è quello secondo cui le donne guadagnano meno perché maggiormente concentrate in lavori a basso reddito, ma anche questo è parzialmente vero: le donne tendono ad avere retribuzione oraria inferiore agli uomini a parità di lavoro sia nelle professioni altamente qualificate sia in quelle con qualifiche inferiori, con un divario retributivo di genere presente in tutti i settori e le professioni. In passato si poteva pensare, poi, che il maggior guadagno degli uomini fosse collegato al maggior livello di istruzione, oggi però quasi il 60% dei laureati sono donne. Ciò che invece è certamente vero è che le donne svolgono molto più lavoro non retribuito rispetto agli uomini e che dedicano più tempo libero dal lavoro per le cure familiari.

A tale proposito l’Ue ha adottato una direttiva sull’equilibrio tra lavoro e vita privata, in cui sono stati introdotti 10 giorni di congedo di paternità retribuito e 2 mesi retribuiti, congedi parentali non trasferibili che dovrebbero promuovere una condivisione più equa delle responsabilità familiari. È inoltre indice di disparità il fatto che le donne abbiano meno possibilità di carriera professionale, con meno del 7% leader delle maggiori aziende europee, e tendano a essere sovrarappresentate in alcuni settori: in vari Paesi, professioni prevalentemente svolte da donne, come l’insegnamento o le vendite, offrono salari più bassi rispetto a occupazioni svolte prevalentemente da uomini, anche con lo stesso livello di esperienza e formazione. Ecco come l’Ue spiega le ragioni per le quali va risolto il divario retributivo di genere: «Perché l’uguaglianza è alla radice dei nostri valori, quindi le donne hanno il diritto di essere trattate come gli uomini in tutti i settori della società. Perché raggiungere l’uguaglianza salariale invierebbe un messaggio positivo su equità e trasparenza del mercato del lavoro. Perché quando il lavoro di una donna è valutato di meno, a causa del genere, influisce sulla sua motivazione, la sua efficienza e sulla produttività complessiva. Perché le donne fanno parte dell’economia, quindi pagarle equamente ha un impatto economico positivo. Perché affrontare le disparità salariali attira i migliori talenti, qualunque sia il loro genere».

Ces: servono impegni chiari per un cambiamento reale

«La rendicontazione obbligatoria della retribuzione di genere, sostenuta da ammende, deve essere tra le “misure vincolanti di trasparenza retributiva” promesse da Ursula Von Der Leyen» dichiara la Confederazione europea dei sindacati (Ces), riferendosi al fatto che la presidente designata della Commissione europea si è impegnata a presentare misure per affrontare il divario retributivo di genere entro i primi 100 giorni del suo mandato. Accogliendo con favore questo impegno, i sindacati europei invitano la nuova Commissione a introdurre politiche che abbiano la possibilità di apportare cambiamenti reali nei settori pubblico e privato.

La Ces chiede quindi una direttiva sulla trasparenza salariale di genere, che dovrebbe includere alcuni elementi prioritari. Ad esempio, controlli obbligatori annuali retributivi di genere per i datori di lavoro con più di 10 dipendenti, compresi benefici o sanzioni per le aziende che non riescono a produrre un rapporto sui livelli retributivi di genere. Il diritto dei lavoratori di richiedere i dati retributivi dei colleghi, nonché le informazioni sulla retribuzione di genere all’interno delle proprie società. Un divieto di clausole sul segreto salariale nei contratti e un nuovo requisito per i datori di lavoro di fornire scale salariali con gli annunci di lavoro. Il sostegno alla contrattazione collettiva, considerata il modo migliore per eliminare il divario retributivo di genere.

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