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Euronote – Previsioni economiche difficili

Con le previsioni d’inverno 2021 si prova a immaginare l’evoluzione della crisi  

Milano, 16.2.2021

Una delle cose più difficili da fare in questo periodo sono delle previsioni, perché l’incertezza legata all’evoluzione dell’epidemia è ancora piuttosto elevata. Tuttavia la Commissione europea ha dovuto assolvere al compito che le spetta quattro volte all’anno per fare il punto della situazione economica nell’Ue e dare indicazioni sulle possibili evoluzioni dei prossimi mesi. «Non può essere esclusa la possibilità di sorprese, che potrebbero avere implicazioni positive o negative per le prospettive di crescita» osserva così l’esecutivo dell’Ue nelle sue previsioni economiche d’inverno 2021 pubblicate lo scorso 11 febbraio.

Dopo il crollo del prodotto interno lordo (Pil) registrato nel 2020, con una diminuzione del 6,8% nella zona euro e del 6,4% nell’Ue, l’economia europea dovrebbe segnare una ripresa con una crescita del 3,7% nel 2021 e del 3,9% nel 2022 per l’intera Unione e del 3,8% sia nel 2021 che nel 2022 nell’area dell’euro. «Si prevede che le economie della zona euro e dell’Ue raggiungeranno i livelli di produzione pre-crisi prima di quanto anticipato nelle previsioni economiche d’autunno 2020, in gran parte a seguito dello slancio di crescita più forte del previsto che si prospetta per la seconda metà del 2021 e per il 2022» scrive la Commissione.

La velocità della ripresa varierà tuttavia in modo significativo all’interno dell’Ue, con Paesi che hanno sofferto più di altri durante la pandemia, mentre alcuni sono più dipendenti da settori come il turismo e quindi rischiano di rimanere deboli per periodi più lunghi. È certo però, sottolinea la Commissione, che una rapida e ambiziosa attuazione del programma NextGenerationEU e dello strumento per il recupero e la resilienza dovrebbe fornire un forte impulso all’economia europea.

Le incognite della crisi pandemica

Al protrarsi della crisi pandemica sono legati alcuni elementi che influiranno in modo determinante sugli sviluppi economici dei prossimi mesi.

La durata e la tempistica dell’eventuale ritiro delle misure politiche di sostegno negli Stati membri, ad esempio: le previsioni della Commissione presumono che tali politiche di supporto continueranno fino a che le misure ufficiali di contenimento continueranno a porre gravi limitazioni all’attività commerciale, perché un eventuale ritiro prematuro delle misure di sostegno causerebbe un forte rischio di ribasso.

C’è poi la questione dell’entità del danno duraturo inflitto dalla pandemia, per cui un recupero ritardato aumenterebbe le conseguenze negative permanenti sul tessuto delle economie e delle società europee, con aumenti dei fallimenti e della disoccupazione. Le misure di sostegno hanno finora attutito lo shock mantenendo a galla molte imprese europee, prevenendo o ritardando i fallimenti, tuttavia «esiste anche il rischio di mantenere in vita un numero crescente di imprese non redditizie, che può avere effetti negativi per la produttività a lungo termine» osserva la Commissione.

Anche il risparmio delle famiglie può influire in modo decisivo e si prevede che il livello elevato registrato durante la pandemia scenda gradualmente nel corso dell’anno appena le opportunità di spesa si riapriranno, soprattutto nel settore di servizi come quelli turistici. Certo, il protrarsi della pandemia e delle preoccupazioni ad essa connesse potrebbero mantenere alto il livello di risparmio delle famiglie, con conseguenze negative per le prospettive economiche.

Mercato del lavoro stravolto

Il mercato del lavoro, com’è noto, ha registrato nel corso dell’ultimo anno i cambiamenti più drammatici della sua storia. Mai prima d’ora, infatti, si era avuta una diminuzione così rapida e sostanziale di occupazione (sia di persone che di ore lavorate) e allo stesso tempo mai si era registrato un recupero tanto elevato già nel trimestre successivo, come avvenuto nell’Ue nella prima metà dell’anno e poi nel terzo trimestre 2020. Tuttavia, nota la Commissione, l’aumento di circa un punto percentuale ha comunque lasciato il numero degli occupati inferiore di oltre 2 punti percentuali rispetto alla fine del 2019. Allo stesso modo, la solida crescita durante lo stesso periodo del numero di ore lavorate (11,8% e 14,8% rispettivamente nell’Ue e nella zona euro) non ha impedito di restare a un livello notevolmente inferiore (del 3,7% nell’Ue e del 4,6% nella zona euro) rispetto a quello del quarto trimestre 2019.

I livelli di disoccupazione sono rimasti relativamente contenuti, con il picco registrato a luglio (7,8% nell’Ue e 8,7% nell’area dell’euro) e poi una discesa nella seconda metà del 2020, per stabilizzarsi a dicembre al 7,5% nell’Ue e all’8,3% nella zona euro. Un livello che è tuttavia ancora superiore dell’1,2% nell’Ue e dell’1,4% nell’area dell’euro a quello pre-Covid, rilevato nel febbraio 2020.

«L’evoluzione della debolezza del mercato del lavoro, tuttavia, suggerisce che l’impatto della pandemia è stato più severo di quanto indicato dalle tradizionali misure di occupazione e disoccupazione» sostiene la Commissione. L’indicatore è infatti aumentato notevolmente nel secondo trimestre e poi sceso solo leggermente nel terzo, rimanendo al di sopra del livello pre-pandemia: «L’aumento del secondo trimestre è stato principalmente dovuto ai grandi flussi in uscita dalla forza lavoro, soprattutto in alcuni Stati membri, piuttosto che a un aumento della disoccupazione. Questi flussi includevano persone disponibili a lavorare ma non in ricerca, a causa della chiusura di molte attività o alle responsabilità genitoriali per prendersi cura dei figli o per scoraggiamento alla luce della prospettiva triste». Con la ripresa dell’attività nel terzo trimestre 2020, poi, il calo della quota di persone disponibili per un lavoro ma non alla ricerca ha compensato l’aumento del tasso di disoccupazione, suggerendo che molte persone hanno iniziato di nuovo a cercare un lavoro. La nuova ondata di contagi e le conseguenti chiusure adottate tra fine 2020 e inizio 2021 hanno però nuovamente complicato la situazione e resta difficile prevederne l’evoluzione.

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