Euronote – Un nuovo contratto economico, sociale e ambientale

I sindacati europei chiedono un aggiornamento del modello sociale europeo

Milano, 8.2.2021

Un mondo del lavoro vitale richiede un nuovo paradigma di sostenibilità, che comprenda tutte e tre le sue dimensioni: economica, sociale e ambientale. La crescita economica negli ultimi anni ha comportato un costo elevato in termini di disuguaglianza di opportunità e risultati, risorse planetarie, biodiversità e degrado ambientale, minando così la sostenibilità sia sociale che ambientale. La necessità di affrontare efficacemente il riscaldamento globale mette sotto pressione i modelli di relazioni industriali, mentre la sostenibilità sociale subisce crescenti pressioni dalla quarta rivoluzione industriale in atto. Così, la disuguaglianza economico-sociale e il cambiamento climatico obbligano a una messa in discussione del modo in cui si misurano la prosperità e il benessere.

Questa complessità che caratterizza le diverse dimensioni della sostenibilità, europea e non solo, è stata il tema di confronto proposto dalla Conferenza “Verso un nuovo contratto socio-ecologico” organizzata nei giorni 3-5 febbraio a Bruxelles dall’Istituto sindacale europeo (Ise-Etui) e dalla Confederazione europea dei sondacati (Ces-Etuc).

Secondo i promotori dell’iniziativa, «l’entità del cambiamento di paradigma richiesto per garantire la sostenibilità economica, sociale e ambientale implica un cambiamento economico e sociale su larga scala e una seria riflessione», al fine di mettere in atto una giusta transizione che coinvolga tutte le parti sociali ed economiche. Anche perché, oltre alle difficoltà che comporta, questa transizione rappresenta una grande opportunità per ridefinire gli obiettivi di una crescita realmente sostenibile. Al fine di garantire un passaggio socialmente equo a un’economia a basse emissioni di carbonio e digitale, una migliore assistenza sanitaria e servizi pubblici essenziali per tutti, nonché strumenti per affrontare la povertà e le disuguaglianze aumentate durante la pandemia, secondo i sindacati europei «tutte le istituzioni dell’Ue e i governi nazionali devono concentrarsi sull’ottimizzazione dei piani di ripresa nazionali, salvare e creare posti di lavoro in tutti i settori e assicurarsi che i diritti dei lavoratori, il dialogo sociale, la contrattazione collettiva e la democrazia sul lavoro siano rispettati come parte integrante di una ripresa sostenibile». Perché le transizioni verdi e digitali «devono andare di pari passo con l’equità sociale» sostiene la Ces, secondo cui «il modello sociale europeo deve essere ricostruito, dopo decenni di austerità, sulla base dei principi sanciti dal pilastro europeo dei diritti sociali».

Conciliare sociale e mercato in un’economia che cambia

«Le nostre regole attuali si basano su vecchie realtà e non riflettono più del tutto la velocità e la portata delle trasformazioni in atto. Per questo abbiamo bisogno di un nuovo regolamento sociale, che metta le competenze, l’innovazione e la protezione sociale su un piano di parità. Si tratta fondamentalmente di conciliare il sociale e il mercato in un’economia che cambia» ha dichiarato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, intervenendo all’iniziativa dei sindacati europei e definendo il 2021 «anno di dialogo sociale». L’obiettivo è conciliare l’economia con l’ambiente e con la dimensione sociale, cosa possibile solo ponendo le basi per un’economia più sana, «più focalizzata sul benessere delle persone» ha detto la presidente della Commissione: «Sappiamo che gli investimenti nell’energia pulita, ad esempio, creano il doppio di posti di lavoro rispetto agli investimenti nei vecchi combustibili fossili. Quindi sono buoni per l’ambiente e l’economia, ma anche per le persone».

Una transizione in cui le istituzioni europee devono accompagnare i cittadini, i lavoratori, come  stanno facendo le organizzazioni sindacali, affinché tutti possano trarne vantaggi: «Tutti i lavoratori, in tutti i settori e in tutte le regioni europee. Si tratta di un’economia che si preoccupa non solo del Pil, ma anche del benessere degli europei» ha sottolineato von der Leyen, illustrando poi le azioni e le intenzioni dell’esecutivo dell’Ue. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile portati al centro del semestre europeo, ad esempio, poi l’ampliamento della protezione sociale durante la pandemia e, in prospettiva, il piano NextGenerationEU per una ripresa verde, digitale ed equa: «Con 750 miliardi di euro di investimenti possiamo riavviare l’economia, renderla più verde e più digitale e assicurarci di non lasciare indietro nessuno. NextGenerationEU è un’opportunità irripetibile per trasformare la nostra economia». Un lavoro per il cambiamento che avrà come «bussola» il pilastro europeo dei diritti sociali, ha affermato la presidente della Commissione europea, «un insieme di 20 diritti e principi, tra cui l’uguaglianza di trattamento e le opportunità per tutte le persone, il diritto a un salario equo, il diritto all’apprendimento permanente, il diritto all’assistenza sanitaria di qualità».

Non lasciare nessuno indietro

Le problematiche attualmente in atto, dalla pandemia alla crisi climatica, dalla perdita di biodiversità alla rivoluzione industriale, si uniscono «a sfidare, se non annullare o distruggere, i contratti sociali a tutti i livelli» ha osservato intervenendo alla Conferenza il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, commissario per il clima e il Green Deal europeo, secondo il quale «se non mettiamo le cose sulla strada giusta nei prossimi due anni, i nostri figli e nipoti erediteranno un mondo che sarà sempre più invivibile e luogo di conflitti». Ricordando che l’Ue è stata in grado di mobilitare per la prima volta nella sua storia un enorme sforzo finanziario congiunto per combattere la grave recessione, e che il tutto dovrebbe essere speso in modo da non arrecare danni all’ambiente naturale, Timmermans ha sottolineato la necessità ora di «ridefinire la ridistribuzione». La politica, ha spiegato, è sempre stata una questione di ridistribuzione e ora ci sono nuovi fattori, non solo capitale e lavoro ma anche risorse limitate del pianeta e la mancanza di equità all’interno delle società e tra le società. «C’è un grande principio che dovremmo mettere prima di tutto: non lasciare nessuno indietro» ha concluso il vicepresidente della Commissione, sottolineando a tale scopo l’importanza di considerare «a tutti i livelli i sindacati come parte integrante del processo decisionale, della definizione e dell’attuazione delle politiche».