Euronote – Viaggi disperati

Milano, 3.2.2019

«I rifugiati e i migranti che hanno tentato di raggiungere l’Europa attraverso il Mar Mediterraneo nel 2018 hanno perso la vita a un ritmo allarmante, mentre i tagli alle operazioni di ricerca e soccorso hanno consolidato la posizione di questa rotta marittima come la più letale al mondo». È quanto denuncia l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) nel Rapporto Viaggi Disperati. Rifugiati e migranti in arrivo in Europa e alle sue frontiere, pubblicato il 30 gennaio. E le stime sulle vittime delle migrazioni nel Mediterraneo contribuiscono a comprendere quanto la situazione sia umanamente insostenibile: 3.771 morti nel 2015, addirittura 5.096 nel 2016, poi 3.139 nel 2017 e infine 2.275 nel 2018, cioè una media di sei morti al giorno nell’anno appena terminato. Nonostante il numero complessivo di morti nel Mediterraneo centrale sia più che dimezzato nel 2018 rispetto all’anno precedente, osserva l’Unhcr, il tasso di mortalità fra coloro che hanno tentato la traversata è aumentato nettamente: «Sulla rotta dalla Libia all’Europail tasso è passato da un morto ogni 38 persone arrivate nel 2017 a uno ogni 14 nel 2018». Il bilancio è stato particolarmente pesante nel Mediterraneo occidentale, lungo la rotta per la Spagna, dove il numero di vittime è quasi quadruplicato nell’ultimo anno. «Salvare vite in mare non costituisce una scelta, né rappresenta una questione politica, ma un imperativo primordiale – sostiene l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi –. Possiamo porre fine a queste tragedie solo adottando un approccio a lungo termine basato sulla cooperazione regionale, che dia priorità alla vita e alla dignità di ogni essere umano».

Libia: migranti detenuti in condizioni «spaventose»

Il Rapporto descrive come il cambio delle politiche adottate da alcuni Stati europei, in primis l’Italia, abbia portato al verificarsi di numerosi incidenti in cui un numero elevato di persone è rimasto in mare alla deriva per giorni, in attesa dell’autorizzazione a sbarcare. Inoltre, la Guardia costiera libica ha incrementato le operazioni col risultato che nella seconda metà del 2018 l’85% delle persone soccorse o intercettate nella zona libica di ricerca e soccorso (di nuova istituzione) sono state fatte sbarcare in Libia, detenute poi in condizioni tremende.

Ampio spazio è infatti dedicato dal Rapporto dell’Unhcr alla grave situazione dei migranti in Libia, dove «prima ancora di salire su una barca molti rifugiati e migranti hanno già subito torture o sono stati violentati o sequestrati a scopo di estorsione, e hanno assistito in prima persona alla morte di altre persone». Molti degli intervistati dall’Unhcr, arrivati in Europa dalla Libia e provenienti soprattutto da Eritrea, Sudan e Nigeria, erano stati detenuti in Libia per un anno o più, spesso a scopo di estorsione o lavori forzati.Le condizioni dei migranti nei centri di detenzione libici «sono spaventose», con vari decessi anche nei centri di detenzione ufficiali dove delle 4.900 persone detenute nel 2018 circa 3.650 (il 74%) avevano probabilmente bisogno di protezione internazionale, secondo l’Unhcr.

La promozione di viaggi… da incubo

Le informazioni raccolte dall’Unhcr nei luoghi di sbarco in Italia e durante le varie fasi della procedura di asilo indicano poi che durante il viaggio la grande maggioranza di donne e ragazze, oltre a molti uomini e ragazzi, sono state vittime di torture e violenze sessuali e di genere, tra cui aggressioni sessuali e stupri, qualche volta anche da parte di più autori. Molti migranti hanno dichiarato che, nonostante fossero consapevoli di alcuni dei rischi, ritenevano comunque di non avere altra scelta se non quella di intraprendere il pericoloso viaggio attraverso la Libia. Alcuni minori hanno raccontato che i trafficanti avevano proposto loro vari programmi, del tipo: “Parti ora, paghi dopo”, “Viaggia ora gratis e lavora quando arrivi in Libia”, “Porta tre amici paganti e viaggi gratis”, “Riunisci cinque persone: il viaggio è gratis per tutti e potrete lavorare all’arrivo”, tutte strategie che «possono portare al successivo sequestro delle persone a scopo di estorsione, e spesso alla loro tortura» spiega l’Unhcr.

Raccomandazioni per una «risposta coerente»

Insieme all’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), l’Unhcr sollecita l’istituzione di una «risposta coerente e prevedibile al soccorso nel Mediterraneo centrale»: l’individuazione di luoghi e centri di sbarco prestabiliti supplementari sul territorio dell’Ue e potenzialmente anche altrove, sulla base di una distribuzione geografica, nel rispetto per la sicurezza e la dignità di tutte le persone in movimento. Andrebbero poi migliorate la capacità di ricerca e di soccorso nel Mediterraneo centrale, eliminando anche le restrizioni alle Ong.

Per quanto concerne la situazione in Libia, l’Unhcr chiede di sollecitare le autorità libiche a porre fine alla detenzione arbitraria di rifugiati e migranti intercettati o soccorsi in mare, di rilasciare le persone più vulnerabili in base agli accordi del 2017 e di modificare la Legge 19 del 2010, che prevede i lavori forzati come pena per l’entrata irregolare nel paese.

Sul versante dell’accoglienza dovrebbero essere garantiti: l’accesso a condizioni adeguate, sicure e dignitose; meccanismi di individuazione di bisogni specifici, comprese le esigenze di protezione internazionale e garantendo l’accesso alle procedure di asilo anche per le persone che entrano irregolarmente, oltre a porre fine alle pratiche di respingimento; soluzioni successive, quali il reinsediamento o l’accoglienza umanitaria, il trasferimento in un altro Stato dell’Ue, il ricongiungimento familiare, soluzioni locali o il rimpatrio volontario.

Particolare attenzione è infine dedicata dall’Unhcr ai minori: porre fine alla detenzione a fini di immigrazione; garantire una rapida identificazione dei minori non accompagnati e separati che richiedono asilo e la loro integrazione nei sistemi nazionali di protezione dei minori, anche attraverso l’uso di sistemi di tutela; migliorare l’accesso dei minori a informazioni sui diritti, i servizi disponibili e i processi di asilo; accelerare le procedure per il loro ricongiungimento familiare.