Bilancio di genere, fattore strategico per una maggiore equità delle politiche pubbliche

Milano, 12.11.2018

“Lanciamo un appello alle amministrazioni comunali, regionali e statali, affinché nella stesura dei bilanci si preoccupino di inserire il punto di vista di genere, nell’interesse di tutta la società, non solo delle donne”. Così il segretario generale dei pensionati Cisl della Lombardia, Emilio Didoné, introducendo i lavori del convegno “Il bilancio di genere nella negoziazione sociale” organizzato da Spi Cgil, Fnp Cisl, Uilp Uil della Lombardia a Palazzo Marino.

Le politiche pubbliche, adottate a tutti i livelli istituzionali, impattano diversamente sugli uomini e sulle donne, portatori di esigenze differenti, per il ruolo sociale che tradizionalmente rivestono. L’inserimento della prospettiva di genere nel processo di bilancio può costituire, quindi, un mezzo per rendere più equa e trasparente la ripartizione delle risorse e per ristabilire condizioni di uguaglianza delle opportunità, compensando le mancanze di sistema.

“Occorre promuovere una dimensione di genere nelle politiche pubbliche, per un utilizzo sempre più equo ed efficiente, rispetto ai bisogni della società, delle risorse pubbliche – afferma Didoné -. Non si tratta di scrivere un “bilancio delle donne”, ma di ricalibrare politiche e interventi pubblici favorendo le pari opportunità”.

Una sfida che l’amministrazione Palazzo Marino, che ha scelto a caso di ospitare l’iniziativa dei sindacati non a caso, vuole raccogliere. Il Comune di Milano, infatti, sta muovendo i primi passi verso la predisposizione di un bilancio di genere. “Le donne registrano ancora troppe difficoltà nel mondo del lavoro, del sociale, familiare – ha sottolineato Beatrice Uguccioni, vicepresidente del consiglio comunale Milano -. E’ fondamentale per l’amministrazione pubblica tener conto di queste differenze e peculiarità e quindi impostare un bilancio che prevede diverse sfaccettature”.

Adottato nei Paesi di matrice anglosassone, Australia e Sudafrica in testa, già dagli anni ’80, il bilancio di genere è andato via via diffondendosi. Ad oggi sono una sessantina gli Stati che lo predispongono. In Italia è stato introdotto in via sperimentale in alcuni comuni e regioni dal 2002, prevalentemente al Centro-nord.

“Il primo bilancio di genere relativo al Conto del bilancio dello stato del nostro paese è del 2017 – sottolinea Maria Grazia Contino -. Le esperienze di questi anni, a diversi livelli, evidenziano tre finalità: aumentare la consapevolezza dell’impatto delle politiche pubbliche sulle disuguaglianze, valutare l’efficacia degli obiettivi di genere e contrastare pratiche potenzialmente discriminatorie”. “E’ dimostrato che se adottato correttamente e utilizzato come strumento per innovare le politiche – aggiunge – può rilanciare l’approccio di una politica che intervenendo sui diversi contesti diventa fattore di inclusione”.

Non è semplice redigere un bilancio di genere, ha ammesso l’economista Luisa Rosti, docente all’università di Pavia, “ma ciò non deve essere un alibi”. “Perché un buon bilancio, scritto bene – ha spiegato – anche se non prettamente “di genere”, può contribuire a ridurre le disuguaglianze”. Fattore decisivo è cambiare approccio e tenere conto delle differenze di genere, nell’interesse stesso dei conti pubblici. Perché “è dimostrato da fior fior di economisti – spiega Rosti – che facilitare l’accesso al lavoro per le donne, favorire la parità di salario e di posizione è fonte di benificio economico per tutta la società”.