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Brexit, cosa succederà adesso?

Una scheda informativa e di approfondimento del dipartimento delle Politiche europee e internazionali, di cooperazione e migratorie della Cisl Lombardia

Milano, 17.1.2019

Il dipartimento delle Politiche europee e internazionali, di cooperazione e migratorie della Cisl Lombardia, partendo da un’analisi realizzata da Ispi -Istituto per gli Studi di Politica Internazionale – ha elaborato una scheda informativa e di approfondimento sui possibili scenari futuri dopo la bocciatura da parte del Parlamento britannico del piano di
accordo Brexit raggiunto dalla premier Theresa May con l’Ue.

BREXIT, cosa succederà adesso?

Il 23 giugno 2016, in Gran Bretagna si è tenuto il referendum in cui il popolo britannico doveva decidere se rimanere o uscire dall’Unione Europea. Il 51,9% votò per lasciare l’Ue, dando così il via al percorso di Brexit.
Dopo un negoziato durato 18 mesi, il 15 gennaio 2019, il Parlamento inglese ha detto no all’accordo sulla Brexit raggiunto lo scorso novembre dalla premier May con l’Ue. Il 29 marzo 2019 diventerà ufficiale l’uscita del Regno Unito dall’Ue, a meno che non ci siano un accordo per la
proroga dei negoziati tra i 27 Paesi Ue e la Gran Bretagna. Come evidente, il tempo rimasto per trovare un eventuale nuovo accordo è veramente poco, e il 26 maggio 2019 incombono anche le elezioni per rinnovare il Parlamento europeo.
Dopo il voto del Parlamento britannico, cosa può succedere ora? Che scenari ci sono? Prendendo spunto anche dall’analisi realizzata dall’Ispi
proviamo a presentare i possibili sviluppi futuri.

Dopo il “no” del Parlamento britannico, quattro sono i possibili scenari per Brexit.

 

1. Accordo con modifiche: Theresa May potrebbe riproporre l’accordo di novembre, ma con lievi modifiche. Si tratterebbe sostanzialmente di un tentativo per salvare l’accordo esistente (definito immodificabile, per il momento, dagli altri 27 Paesi dell’Ue), che si compone di due documenti: il Withdrawal Agreement (l’accordo di recesso, documento vincolante che trova soluzioni su tutto il pregresso nei rapporti tra Ue e Uk, per esempio
nel “conto” da saldare da parte di Londra dopo la sua uscita) e la Dichiarazione Politica (documento non vincolante sul futuro rapporto tra Ue e Uk). May potrebbe chiedere alla Ue ulteriori rassicurazioni soprattutto sulla Dichiarazione Politica, in particolare sulla questione del “backstop” che vincolerebbe il Regno Unito a restare all’interno di una unione doganale (l’Uk avrebbe forti limitazioni a negoziare autonomi accordi commerciali
extra-Ue). La May chiede che il backstop non sia a tempo indeterminato, come prevede invece l’accordo di novembre, ma abbia invece una data di scadenza e/o preveda la possibilità per Londra di recedere unilateralmente.

2. Il governo May potrebbe decidere di presentare un piano diverso rispetto all’accordo con l’UE, che prevederebbe la permanenza del Regno Unito nel Mercato Unico (questo risolverebbe la questione nord-irlandese ma obbligherebbe Londra anche a garantire la libera circolazione delle persone e non le permetterebbe di negoziare trattati commerciali
con paesi extra-UE). In questo caso sarebbe però probabilmente necessaria una proroga dei tempi di Brexit per dare tempo alle parti di rinegoziare. Quest’opzione, definita “soft Brexit”, potrebbe anche non prevedere la piena permanenza nel Mercato Unico, ma una forma di accordo simile a quello realizzato con il Canada. Si tratterebbe in questo caso di un accordo di libero scambio molto ampio, che comprenderebbe anche parte dei servizi,
ma non la libera circolazione delle persone (e concederebbe margine a Londra per negoziare trattati commerciali extra-Ue). Non è chiaro però se la questione del confine ‘fisico’ tra Irlanda e Irlanda del Nord sarebbe risolta.

3. Scenario del “no deal (nessun accoro)” o di “hard Brexit”, in cui il Regno Unito uscirebbe dall’Ue senza un accordo sulle relazioni future. Non ci sarebbe un periodo di transizione, né un “backstop”. Dal 29 marzo Londra sarebbe anche fuori dal Mercato Unico, tornerebbero i dazi commerciali e controlli alla frontiera su molte merci sia con i 27 Paesi
Ue che con tutti gli altri Paesi con cui l’Ue ha siglato accordi commerciali.

4. Il governo britannico potrebbe ritirare la notifica di Brexit in maniera unilaterale (come stabilito anche dalla Corte di giustizia europea) prima dell’uscita prevista per il 29 marzo, annullando l’intero processo di uscita. Questa strada però vorrebbe dire ignorare completamente il risultato del referendum del 2016. In teoria potrebbe essere l’Ue a concedere  all’unanimità una proroga a Londra; attualmente si parla della possibilità di
spostare la data ufficiale di Brexit a luglio 2019, anche se in questo modo rimarrebbe l’incognita delle elezioni Ue, in cui i britannici potrebbero ancora votare per eleggere i propri rappresentanti al Parlamento europeo.

Per eventuali approfondimenti sulle conseguenze politiche interne al Regno Unito e per le possibili conseguenze, anche economiche, sulla Gran Bretagna e sui Paesi dell’UE, rimandiamo all’analisi dell’Ispi.

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