Sindacati pensionati: Rsa Lombardia, rette sempre più care

Fnp, Spi, Uilp Lombardia chiedono incontro urgente dell’Osservatorio regionale

Milano, 10.7.2020

Dal 2013 al 2019 la spesa annua per un anziano ricoverato in una Rsa lombarda, considerando la retta giornaliera media minima più bassa, è passata da € 15.121 a € 18.695, mentre considerando quella media massima più alta si va da € 29.324 a € 34.091. A questi importi, già notevoli, in molti casi bisogna poi sommare vari costi aggiuntivi extra retta (lavanderia, parrucchiere e podologo, trasporti sanitari per visite mediche, ecc.).
“Nonostante sia già stato sfondato il tetto dei 3.000 euro al mese, in alcune Rsa lombarde sono scattati ancora altri rincari, che vanno in media da 2 a 8 euro al giorno (da 60 a 243 euro al mese, da 720 a 2.880 euro all’anno). Insomma, le spese a carico delle famiglie per il ricovero di un anziano in una Rsa sono in continuo aumento, anche in periodo Covid, mentre pensioni e indennità di accompagnamento sono al palo”.


Le segreterie regionali dei sindacati pensionati di Cgil, Cisl, Uil Lombardia denunciano l’ennesima situazione negativa nel pianeta Rsa: la crescita delle rette è inarrestabile. È quanto emerge da un’indagine condotta da Spi Cgil, Fnp Cisl, Uilp Uil in Lombardia ma, soprattutto, da alcune denunce arrivate dai parenti di ospiti ricoverati in alcune Rsa.


“Sorprende che gli interventi messi in campo nei centri e nelle residenze per anziani al fine di fronteggiare l’epidemia da Covid – 19 debbano ricadere ora sugli ospiti”. Secondo i segretari Valerio Zanolla, Emilio Didonè e Serena Bontempelli, infatti, “in nessun modo l’emergenza può comportare costi superiori proprio nei confronti dei soggetti più deboli, altrimenti si cadrebbe nell’assurdo di fare pagare solo agli anziani ricoverati in Rsa cure e assistenza ricevuta”.


Spi, Fnp, Uilp Lombardia chiedono alla Regione “di monitorare e verificare se l’aumento delle rette richiesto dalle strutture sia legittimo e compatibile con le procedure regionali per l’accreditamento. In ogni caso riteniamo che sia necessario intervenire per evitare che l’aumento dei costi ricada sugli ospiti di queste strutture e sulle loro famiglie che stanno attraversando un periodo molto delicato dovuto proprio alla gestione dell’emergenza legata alla diffusione del Covid”.


In Lombardia vengono applicati costi di rette giornalieri che superano ogni record, “con il silenzio assordante della Regione”. Inoltre, il pagamento delle rette, per legge, deve essere per il 50%, riferito al servizio sanitario, a carico della Regione, e per l’altro 50%, riferito al servizio alberghiero, a carico degli ospiti, ma in realtà di fronte ai contributi pubblici regionali bloccati da anni in questa regione la legge non è applicata. Il costo delle Rsa per le famiglie è più alto, intorno al 60%, mentre regione Lombardia è ferma al 40 % per cento. La quota sanitaria a carico del Ssn viene corrisposta da Regione Lombardia direttamente agli enti gestori, “ma siamo di fronte a una situazione “fuori legge”, che viene denunciata solamente dai sindacati dei pensionati”.
In presenza di costi crescenti richiesti da cure sempre più specializzate anche dal punto di vista sanitario, da garantire a anziani in condizioni gravi e complesse, alcuni gestori riversano sulla quota sociale una parte degli oneri sanitari che devono sostenere. La conseguenza è la generalizzata tendenza al rialzo della quota alberghiera delle rette, che si traduce nell’aumento dei costi a carico delle famiglie o dei Comuni.


Da tempo le segreterie Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil Lombardia sollecitano, con scarso successo, la convocazione di “Osservatorio Rsa e Tavolo Anziani” per uscire dalla logica di provvedimenti “tampone, e adottare interventi strutturali per ridurre anche le rette alle famiglie. “Da tempo sosteniamo, in particolare la necessità di adeguare la parte sanitaria delle rette alle famiglie, garantire la copertura prevista dai Livelli essenziali assistenza (Lea), definire il riparto degli oneri tra sanità e sociale, regolare la quota a carico degli utenti e stabilire un sistema di priorità di accesso in base alla valutazione multidimensionale pubblica del bisogno coinvolgendo Asst e Comuni”.


“Nelle politiche regionali – proseguono Zanolla, Didonè e Bontempelli – non si vede traccia di interventi che vadano ad incidere alla radice dei problemi che abbiamo segnalato, e per le famiglie di anziani è cambiato ben poco, e forse solo in peggio”.
Secondo i calcoli delle associazioni dei gestori, sono circa 16.000 i posti liberi nelle strutture della regione con liste di attesa che, senza esaurirsi le riempirebbero in poco tempo. Nonostante ciò le Rsa ricoverano nuovi ospiti con il contagocce, e da quattro mesi i parenti non possono incontrare con regolarità i loro cari.