Vertenza Boost, è ancora sciopero e presidio

I lavoratori aspettano ancora lo stipendio di giugno

Milano, 3.8.2021

“Ci ritroviamo ancora stamattina a protestare fuori dai cancelli della Boost, ancora dopo un mese, perché non si è mosso ancora niente e a oggi lo stipendio di giugno non è stato accreditato”. Paolo Galbiati, delegato Fistel Cisl nella Rsu della Boost bergamasca, sintetizza così la situazione del gruppo e l’apprensione dei lavoratori nella vertenza aperta da qualche mese nell’azienda grafica che occupa quasi 1000 dipendenti tra i due stabilimenti orobici (San Paolo d’Argon e Cenate Sotto) e quello di Tolentino nelle Marche. Oggi, nuovo sciopero per gli 800 bergamaschi, che hanno anche organizzato un presidio davanti ai cancelli di San Paolo d’Argon, scandendo slogan e agitando bandiere dei sindacati, Fistel Cisl e Slc Cgil, che li appoggiano nella battaglia contro l’azienda.
“Non capiamo che strada voglia prendere l’azienda – continua Galbiati – , e soprattutto notiamo con grande preoccupazione che tutto quello che circonda il mondo Boost è tutto fermo. E allora, abbiamo deciso di fermarci anche noi, di incrociare la braccia, di procedere nella mobilitazione non escludendo altre iniziative. L’ azienda e l’amministratore delegato devono fare chiarezza su quello che succede. Se non c’è possibilità di pagare gli stipendi, noi li aspetteremo fuori dagli stabilimenti”.
“Oggi il dramma che stiamo vivendo da mesi sono gli stipendi non pagati – dice Giovanni Sangalli, Rsu di Slc Cgil -. Abbiamo colleghi operai disperati con conti correnti bloccati, carte disabilitate e nessuna prospettiva concreta…..così non ci può essere nessuna produzione. L’azienda deve far fronte all’attuale situazione utilizzando gli strumenti già in corso e che sono frutto di accordi sindacali dei mesi scorsi. Abbiamo sottoscritto un accordo al ministero del Lavoro a febbraio, con un piano di rilancio industriale in un equilibrio tra investimenti e ammortizzatori sociali straordinari. In quell’accordo che si sviluppa fino al 2023 si evitavano esuberi con lo strumento dei prepensionamenti. La discussione – conclude Sangalli – deve ripartire da lì: che nessuno pensi a licenziamenti in Boost, quando oggi abbiamo gli strumenti per evitarli”.