Vaccini in azienda e privacy, i dati accessibili solo al medico

Milano, 17.5.2020

Con il provvedimento 198 del 13 maggio 2021 il Garante della privacy ha fatto alcune precisazioni sulla vaccinazione nei luoghi di lavoro, anticipando una campagna in azienda che non ha ancora preso il via. Si tratta di prime indicazioni preventive, che l’Autorità si riserva di calibrare meglio una volta chiarito del tutto il quadro normativo di riferimento.
La prima precisazione si riferisce alla vaccinazione anti-Covid sul luogo di lavoro che è questione del medico aziendale e va dalla raccolta dei nomi alla fase di somministrazione del farmaco compresa la predisposizione del calendario delle somministrazioni.


Si ribadisce con forza che il datore di lavoro non può conoscere l’identità di chi si vaccina e deve anche esimersi dal raccogliere e utilizzare altri dati personali connessi con l’iniziativa. Neanche il consenso del lavoratore gli può permettere di farlo, perché in tale ambito l’autorizzazione del dipendente non basta. In ogni modo l’adesione alla vaccinazione in azienda è sempre volontaria.


Si afferma che è la figura del medico competente, eventualmente coadiuvato da personale sanitario, che gestisce tutte le operazioni della vaccinazione nei luoghi di lavoro. Il datore di lavoro deve presentare il piano vaccinale alla Struttura competente di sanità pubblica, dove deve essere indicato solo il quantitativo di vaccini necessario, senza alcun riferimento a dati che possano rivelare l’identità di chi aderisce alla campagna.
Il documento tocca anche le modalità di raccolta dei dati coniugandole alla garanzia della privacy come, ad esempio, l’utilizzo di sistemi informatici nel caso di vaccinazioni all’interno dell’azienda. Mentre chiarisce che se il datore di lavoro si affida a strutture sanitarie private o a quelle dell’Inail, si deve fare in modo che i dipendenti si rivolgano direttamente a queste ultime.


Il garante interviene anche sul periodo post vaccino con le misure, ove possibile, per «garantire la riservatezza e la dignità del lavoratore anche nella fase immediatamente successiva alla vaccinazione, prevenendo l’ingiustificata circolazione di informazioni nel contesto lavorativo o comportamenti ispirati a mera curiosità».
Infine tocca il tema del tempo che si utilizza per la vaccinazione la dove non configura un’assenza dal lavoro e nel caso sia necessaria una giustificazione, si può rilasciare «un’attestazione di prestazione sanitaria indicata in termini generici». Se poi quest’ultima permettesse di risalire al vaccino, il datore di lavoro deve limitarsi a utilizzare l’attestazione solo per gli obblighi di legge, astenendosi dal chiedere al dipendente conferma dell’avvenuta vaccinazione o di esibire il certificato vaccinale.

In allegato il documento generale di indirizzo e quello sul ruolo del medico competente.