Sempre più minori a rischio di povertà

Condizione che nell’Ue colpisce un quarto dei minori ed è in aumento da tre anni

Nei Paesi dell’Unione europea quasi un quarto dei minori è a rischio di povertà o esclusione sociale, cioè circa 20 milioni di bambini e ragazzi di età inferiore ai 18 anni, un numero in costante aumento negli ultimi tre anni e cresciuto di oltre 1,5 milioni dopo la pandemia. I dati forniti recentemente da Eurostat mostrano infatti che nel 2022 il 24,7% dei minori di 18 anni viveva a rischio di povertà o esclusione sociale, rispetto al 24,4% nel 2021, al 24% nel 2020 e al 22,8% nel 2019.

Una percentuale nettamente superiore a quella degli adulti, di età pari o superiore a 18 anni, che nel 2022 si attestava al 20,9% Risalta poi evidente la connessione tra la condizione di povertà dei minori e il livello di istruzione dei genitori: tra i minori i cui genitori hanno un basso livello di istruzione il tasso di povertà o esclusione sociale è pari al 61,9%, rispetto al 10,2% per i minori i cui genitori presentano un livello di istruzione elevato. Inoltre, sottolinea l’analisi dell’Ufficio statistico europeo, i minori che crescono in condizioni di povertà o di esclusione sociale incontrano difficoltà nel raggiungere buoni risultati a scuola, godere di buona salute e realizzare il loro pieno potenziale più avanti nella vita, correndo da adulti un rischio maggiore di diventare disoccupati, poveri ed esclusi socialmente.

Eurostat ricorda anche che l’essere considerati a rischio di povertà o di esclusione sociale implica almeno una di queste tre situazioni: avere un reddito disponibile equivalente inferiore alla soglia di rischio di povertà; soffrire di grave deprivazione materiale e sociale, cioè non potersi permettere almeno sette dei tredici elementi (sei legati all’individuo e sette legati alla famiglia) che sono considerati dalla maggior parte delle persone desiderabili o addirittura necessari per una qualità di vita adeguata; vivere in una famiglia con un’intensità di lavoro molto bassa, dove cioè nei dodici mesi precedenti gli adulti hanno lavorato meno del 20% del loro potenziale tempo di lavoro.

Rischio più elevato tra i minori che tra gli adulti Considerando i livelli nazionali, i tassi più elevati di povertà o esclusione sociale tra i minori nel 2022 sono stati registrati in Romania (41,5%), Bulgaria (33,9%) e Spagna (32,2%), mentre i più bassi hanno riguardato Slovenia (10,3%), Repubblica Ceca (13,4%) e Danimarca (13,8%). Rispetto a una percentuale di minori a rischio aumentata a livello europeo tra il 2021 e il 2022, dal 24,4% al 24,7%, otto Stati membri dell’Ue hanno presentato lo stesso andamento, Slovacchia e Francia hanno registrato gli aumenti più elevati (rispettivamente 5% e 4,7%), mentre le diminuzioni maggiori sono state osservate in Lussemburgo (-5,4%), Ungheria (-5,2%) e Grecia (-3,9%). Per quanto riguarda invece il dato sul rischio di povertà o esclusione sociale più elevato tra i minori che tra gli adulti, diciotto Stati membri dell’Ue presentano una situazione simile, con ledifferenze più elevate registrate in Slovacchia (10,1 pp), Romania (8,8 pp), Francia (8,1 pp) e Spagna (7,5 pp).

Tra i Paesi invece dove sono più gli adulti che i minori ad essere a rischio di povertà o di esclusione sociale, le differenze più elevate sono state osservate in Estonia, Lettonia e Danimarca, dove le percentuali di adulti a rischio erano nel 2022 superiori rispettivamente del 10,7%, del 7,7% e del 4,1%. Forte correlazione con l’istruzione dei genitori A proposito della correlazione tra rischio di povertà o esclusione sociale dei minori e il livello di istruzione dei genitori, Eurostat segnala che nel 2022 il 61,9% dei minori dell’Ue che vivevano in famiglie con genitori il cui livello di istruzione più alto raggiunto era al massimo il secondario inferiore, erano a rischio di povertà o esclusione sociale.

D’altro canto, invece, la quota di minori a rischio i cui genitori avevano un livello di istruzione terziario era solo del 10,2%. Per cui si registrava un divario di rischio povertà o esclusione correlato ai livelli di istruzione dei genitori di oltre 51 punti percentuali mediamente nell’Ue. A livello nazionale, invece, il divario variava dai minimi di 23,6 pp in Lussemburgo, 32,1 pp in Estonia e 33,2 pp a Cipro, fino ai massimi di 68,4 pp in Slovacchia, 76,2 pp in Romania e 77,1 pp in Bulgaria. In 17 dei 27 Stati membri il divario era comunque superiore a 50 punti percentuali. Ces: con politiche di austerità conseguenze negative «Questi dati dovrebbero essere un campanello d’allarme per i leader dell’Ue: milioni di famiglie stanno già lottando per sopravvivere e non possono far fronte a ulteriori tagli» ha dichiarato la segretaria generale della Confederazione europea dei sindacati (Ces), Esther Lynch.

I minori che vivono nell’Ue, ha aggiunto la rappresentante dei sindacati europei, «stanno già pagando il prezzo dell’aumento della disuguaglianza a partire dalla pandemia, che ha visto un calo dei salari reali contemporaneamente all’aumento record dei dividendi pagati agli azionisti». A ciò si aggiunge un timore legato alla possibile reintroduzione delle misure di austerità in 14 Stati membri dell’Ue a partire dal 2024, come spiega la Confederazione europea dei sindacati: «I piani per reintrodurre l’austerità il prossimo anno non faranno altro che aumentare il numero di bambini che vivono in povertà, con gravi conseguenze per la nostra società e la nostra economia per i decenni a venire». Dunque, sulla base dell’aumento di povertà già registrato e di fronte a simili rischi di un peggioramento in prospettiva, i sindacati europei chiedono ai responsabili politici dell’Ue un ripensamento urgente dei piani per reintrodurre l’austerità. «I politici europei – ha aggiunto la segretaria generale della Ces – dovrebbero fare tutto ciò che è in loro potere per fermare il vergognoso aumento della povertà infantile, sostenendo un accordo equo per i lavoratori e gli investimenti nel nostro futuro».