Cinema e lavoro – The age of stupid

Milano, 22.1.2020

REGIA Franny Armstrong SCENEGGIATURA: Franny Armstrong MONTAGGIO David G Hill MUSICA Chris Brierley INTERPRETI Pete Postlethwaite , Mark Lynas, George Monbiot DOCUMENTARIO PRODUZIONE: Lizzie Gillett DISTRIBUZIONE: BiM Distribuzione DURATA 92 min.

Il documentario è ambientato nel 2055. Pete Postlethwaite impersona un archivista che custodisce l’intero sapere del mondo, dalle opere d’arte ai contenuti multimediali. L’archivista scorre svariati videodocumenti che fanno presagire gli effetti del riscaldamento globale evocando il messaggio del “che stupidi siamo stati quando potevamo ancora fare qualcosa”.
Il film riporta sei storie:
Al Duvenray, che subì gli effetti dell’uragano Katrina e che contribuì ai soccorsi, riflette sul suo lavoro nell’industria del petrolio e sui suoi effetti negativi.
L’uomo d’affari indiano Jehangir Wadia spiega come è nata la sua compagnia aerea low cost GoAir e il suo desiderio di poter rendere capace ogni persona di viaggiare via aria.
Due ragazzini iracheni (Jamila e Adnan), emigrati in Giordania a causa della guerra in Iraq, parlano della morte del loro padre. Sullo sfondo si assiste a documenti video che testimoniano l’interesse occidentale per il petrolio iracheno.
Una famiglia inglese fa un tour del ghiacciaio del Monte Bianco in Francia con Fernand Pareau, una guida di 82 anni, che ha visto l’arretrarsi senza soste del ghiacciaio durante tutta la sua vita. La guida, inoltre, parla dei problemi connessi al trasporto su strada attraverso il traforo del Monte bianco e al suo attivismo per scongiurare l’aumento pianificato del traffico su gomma.
Piers Guy, il padre della precedente famiglia inglese, parla dei suoi sforzi per promuovere e costruire dei parchi eolici e di come viene bloccato da gente che, nonostante il proprio impegno per combattere il riscaldamento globale, non vuole le turbine eoliche davanti ai propri terreni per inquinamento paesaggistico con un tipico atteggiamento da NIMBY.
Layefa Malemi è una donna nigeriana che lotta per emergere dalla povertà convivendo con il problema del petrolio prodotto nel suo paese. Parla delle sue aspirazioni di diventare un medico e dell’impatto dello sfruttamento del petrolio nigeriano da parte di Shell a discapito della salute, della sicurezza, e dell’ambiente in Nigeria.

Un documentario di estrema attualità sugli effetti delle scelte economiche, in particolare quelle legate al petrolio, sull’ambiente. Il film è disponibile in dvd.

LA CRITICA

Nel 2055 la Terra appare devastata. I cambiamenti climatici hanno scatenato ogni genere di violento fenomeno atmosferico e hanno condannato tutte le più importanti capitali mondiali e le loro popolazioni. Dall’alto di un’imponente torre situata su quel che resta della calotta artica, un uomo che ha costruito un immenso archivio della storia artistica e culturale dell’umanità, si domanda di fronte ad un database di vecchi filmati e interviste raccolte cinquant’anni prima: “Avremmo potuto evitarlo?”
Il linguaggio delle campagne di sensibilizzazione ha scoperto con un certo ritardo la componente suggestiva e spettacolare del cinema. Se prima calcava principalmente sulla forza del messaggio o sulle potenzialità estetiche del medium, da qualche tempo preferisce concentrarsi sul modello high concept del cinema hollywoodiano, quindi meno sullo shock che sulla familiarità e sul dinamismo della rappresentazione. All’incrocio ideale fra pedagogia e intrattenimento, fra Una scomoda verità e The Day After Tomorrow, si colloca la docu-fiction The Age of Stupid. A partire da una cornice narrativa da disaster movie fatta di efficaci effetti visivi low budget e suggestioni musicali fra il tragico e l’apocalittico firmate dai Radiohead, davanti agli occhi dello shakespeariano archivista Pete Postlethwait e ai nostri, scorrono le immagini di sei testimonianze di vita provenienti dai vari continenti. C’è chi è sopravvissuto da eroe all’uragano Katrina, vi è una coppia di inglesi che lottano per l’immissione di centrali eoliche nella campagna, un’anziana guida dei ghiacciai del Monte Bianco che racconta le sue esperienze, il ricco imprenditore indiano in procinto di aprire la sua terza compagnia aerea low cost, due bambini iracheni orfani di guerra fuggiti in Giordania e, infine, una giovane donna nigeriana che combatte contro fame e malattie per potersi garantire un’istruzione e diventare un medico riconosciuto.
Al contrario del documentario con Al Gore, The Age of Stupid parte dalla posizione forte di chi ritiene che la responsabilità umana nel processo del surriscaldamento globale non possa più permettersi di esser messa in discussione e che fare un’efficace sensibilizzazione passi attraverso un discorso esplicitamente politico. Così, memore di un’esperienza a fianco di Ken Loach per il documentario McLibel, la britannica Franny Armstrong racconta il global warming in termini di lotta di classe e di logica dello sfruttamento, identificando il petrolio e i suoi derivati come denominatore comune delle varie situazioni che racconta. A poco a poco, infatti, il passaggio fra le varie dimensioni delle testimonianze e i vari continenti abbandona la progressione narrativa e si fa sempre più fluido, senza soluzione di continuità, arrivando a tematizzare anche le colpe e le responsabilità del colonialismo e della politica belligerante del mondo occidentale. Una tale visione d’insieme significa elaborare un racconto senza dubbio partigiano ma non parziale sulla contemporaneità. Un racconto dove la necessità drammaturgica di dare un respiro epico e persuasivo alla sostanza del proprio messaggio non venga meno al rigore analitico di chi compartecipa senza confondersi o prevaricare sui discorsi degli intervistati. Così da vanificare ogni possibile accusa di moralismo o integralismo da parte di chi ancora si ostina ad essere uno “stupido”. (Edoardo Becattini – MyMovies)